Distratti da altre notizie (forse) più importanti, ieri pochi hanno parlato della Giornata Mondiale Senza Tabacco, il World No Tobacco Day. Eppure i numeri del “fumo” sono impressionanti.
In Italia, si stima che, ogni anno, i decessi attribuibili al tabagismo siano oltre 90.000 (poco meno del 20% del totale di tutte le morti tra gli uomini e il 7,9% del totale di tutte le morti tra le donne). Il tabacco sarebbe il fattore di rischio con maggiore impatto per morti a causa di un tumore (43.000 decessi all’anno).
Un problema anche sociale: tra gli adolescenti di età tra i 14 e i 17 anni, uno su tre ha già avuto un contatto con il fumo di tabacco (quasi il 42% con la sigaretta elettronica), secondo i dati dell’ISS e dell’Istituto Farmacologico Mario Negri. “Un ruolo chiave nell’aumento dei fumatori – ha detto Roberta Pacifici, direttore del Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’ISS – lo hanno avuto i nuovi prodotti del tabacco (sigarette a tabacco riscaldato, HTP) e le e-cig. Il loro uso in Italia contribuisce alla iniziazione e alla ricaduta del consumo di sigarette tradizionali e ne ostacola la cessazione, alimentando l’epidemia tabagica”.
I costi del tabagismo sono spaventosi. Dal punto di vista umano, sociale, ma anche economico: oltre 26 miliardi di Euro (dati Tobacco Atlas). Costi che sarebbe possibile evitare, vite umane che sarebbe possibile salvare. Eppure nessuno ne parla e nessuno sembra voler fare nulla (a parte blande misure restrittive che servono a poco). Che fine hanno fatto i piani per la prevenzione nazionali e regionali? Eppure in questi piani uno dei Macro obiettivi riguarderebbe proprio le “Dipendenze e problemi correlati”. Promesse come la messa a sistema in tutte le regioni d’Italia dei “programmi di prevenzione collettiva di provata efficacia” e di “linee di azione (Programmi “Predefiniti”, vincolanti per tutte le Regioni)” sembrano andate in “fumo”.
Un problema che non riguarda solo l’Italia, ma anche l’Europea. Anche qui le misure adottate appaiono insufficienti. Quelle inserite Piano Europeo di Lotta contro il Cancro (Europe’s Beating Cancer Plan), presentato a febbraio scorso, parlano di diagnosi precoce, di trattamento e di assistenza ai malati. Poche, però, le iniziative per la prevenzione. E per lo più legate a promesse mediatiche (come quella di “realizzare un’Europa senza tabacco”). Per il resto (come già visto per l’ambiente, con il New Green Deal) si preferisce rimandare tutto ad un futuro il più lontano possibile: magari fissando obiettivi, come creare una generazione in cui meno del 5% della popolazione faccia uso di prodotti da fumo, che non dovranno essere raggiunti prima della fine del 2040. Nel frattempo, ai vertici dell’UE e della CE non sembra importare molto se la gente continuerà a morire a causa del “fumo”. E se i governi a lucrare sulla morte dei propri cittadini.
Già perché l’unica giustificazione (inammissibile) per non vietare completamente l’uso di tabacco sarebbero gli introiti miliardari per le casse degli stati. Anche in Italia: dai dati riportati nel Libro Blu dell’Agenzia Dogane e Monopoli, presentato a Settembre 2020, emerge che il contributo diretto all’Erario di Accise e Iva dei tabacchi ammonta alla stratosferica cifra di 13,9 miliardi di Euro. Solo in un anno. A questi, però, si devono aggiungere i “benefici” (chiamarli così è quasi una bestemmia, ma i numeri non hanno morale) per il PIL derivanti dal giro d’affari che ruota intorno alle cure richieste dalle malattie causate dal fumo. Altri miliardi di Euro.
Sarebbe questo il motivo per cui l’Italia e molti altri stati si ostinano nel non voler imporre un divieto totale dell’uso dei tabacchi. Al limite, per salvare la coscienza agli occhi di tutti, basterà indicare sulle confezioni di tabacchi che “può causare la morte” o che “nuoce gravemente alla salute”. E fingere di non conoscere cosa succede o qual’è la causa di morte di decine di migliaia di persone ogni anno.
Il “fumo” è un problema globale. I numeri diffusi dall’OMS sono spaventosi (ma, ovviamente, i media non ne hanno parlato): oltre 8 milioni di morti all’anno a causa delle gravi patologie correlate al consumo di tabacco (malattie cardiovascolari, tumori, malattie respiratorie e diabete). Con la maggior parte dei decessi si verifica nei paesi a basso e medio reddito. Molti di più dei morti da corona virus. Eppure nessun governo, nessuna organizzazione internazionale ha mai pensato di parlare di pandemia da “fumo” né della necessità di adottare misure drastiche per porre fine a questa carneficina. Una strage che non potrà essere fermata con vaccini o mascherine. Il tabacco crea dipendenza: nel mondo, circa metà dei fumatori (780 milioni su 1,3 miliardi di persone) afferma di voler smettere, ma pochi ci riescono. In occasione della Giornata Mondiale senza Tabacco, l’OMS ha lanciato numerose iniziative tra le quali una campagna il cui obiettivo sarebbe consentire a 100 milioni di persone dipendenti dal tabacco di fare un tentativo di smettere, creando reti di supporto e aumentando l’accesso ai servizi. Per farlo l’OMS ha attivato “Florence”, una sorta di operatore sanitario digitale (disponibile 24 ore su 24, 7 giorni su 7, in inglese) al quale dovrebbero affiancarsi programmi di supporto su WhatsApp e su Viber.
Forse anche l’OMS avrebbe potuto fare di più. Molto di più: le misure per la prevenzione sono parte fondamentale della Convenzione Quadro dell’OMS sul Controllo del Tabacco (FCTC). In questo documento sono indicate le azioni che i vari governi dovrebbero adottare (aggiornando indirizzi e linee guida sulla base dell’evolversi dei dati rilevati). Come l’estensione degli ambienti dove è vietato fumare, l’adozione di politiche fiscali sui prodotti che contengono tabacco da fumo e il controllo della pubblicità. Misure che durante la pandemia avrebbero potuto salvare molte vite umane (come è noto, i virus colpisce le vie respiratorie, proprio le più danneggiate dall’uso continuo di tabacchi). Invece, per assurdo, i consumi di “fumo” dopo un leggero calo ad Aprile 2020, sono aumentati.
Di tutto questo nessuno ha parlato. Né prima né ieri, in occasione della Giornata contro il Tabacco. I pochi appelli delle associazioni nazionali ed internazionali si sono dissolti come “fumo” al vento. E come “fumo” sembrano essere scomparsi i miliardi e miliardi di dollari che, ogni anno, vengono spesi da oltre un miliardo di fumatori per quella che è una vera e propria dipendenza celata da passatempo. “Fumo” che, poi, come per magia, si è materializzato e trasformato in miliardi di dollari (e di Euro) nelle casse dei governi.
Un motivo in più, per loro, per non parlare della Giornata Mondiale Senza il Tabacco e per non fare nulla di concreto per scrivere la parola fine sul tabagismo.