A guardare spot e giornali, si potrebbe pensare che le aziende del settore energetico siano tutte verdi, che hanno a cuore l’ambiente e che non vedono l’ora di salvare il pianeta dalle emissioni di CO2. Poi basta leggere i numeri, quelli ufficiali, per scoprire che non è così. A livello globale le emissioni di CO2 continuano a salire. E la produzione di energia elettrica avviene ancora prevalentemente da combustibili fossili. Anche in Europa, da anni impegnata nello sbandierare il New Green Deal. Nei paesi dell’UE, in media, oltre metà dell’energia elettrica viene prodotta ricorrendo a combustibili fossili (principalmente petrolio e gas “naturale” – chiamarlo così non vuol dire che non è un combustibile altamente inquinante, e poi anche il petrolio è “naturale”). Solo il 13 per cento dell’energia viene prodotta da fonti rinnovabili. E un altro 15 per cento dal nucleare (con i rischi che comporta).
In Italia la situazione è ancora peggiore. È quanto emerge dalla Relazione annuale sulla situazione energetica nazionale, appena pubblicata dal ministero dell’Ambiente. La produzione di energia elettrica è realizzata per il 37,6% dal gas naturale, per il 35,7% da petrolio e altri prodotti petroliferi, per il 18,5% da rinnovabili, per il 5% da combustibili solidi, per il 2,5% da energia elettrica, per lo 0,8% da rifiuti. In altre parole, meno di un quinto dell’energia elettrica, quella che, in teoria, dovrebbe alimentare le auto (tra qualche anno solo elettriche), viene prodotta da fonti energetiche rinnovabili. Per oltre l’ottanta per cento le fonti energetiche sono combustibili fossili. Quasi nulla la quantità di energia elettrica prodotta dai termovalorizzatori: meno dell’uno per cento. Dato questo che dovrebbe far riflette i fautori della realizzazione di questi impianti. [La relazione sulla situazione energetica nazionale nel 2022 (Luglio 2023)]
Ma non basta. Buona parte dell’energia elettrica prodotta viene realizzata grazie alle importazioni dall’estero. Anzi la percentuale delle importazioni nette rispetto alla disponibilità energetica lorda è aumentata passando dal 73,5% del 2021 al 79,7% del 2022. In altre parole, il governo non ha imparato nulla dalla crisi delle fonti energetiche conseguenza della guerra in Ucraina: la dipendenza del nostro paese da fonti di approvvigionamento estere è aumentata. Solo si è spostata altrove: in Africa (che in termini di stabilità geopolitica non può certo essere considerata più sicura).
In aumento le importazioni di petrolio e prodotti petroliferi (+10,5%) e anche quello di combustibili solidi (ovvero carbone, +41,6%). Altrettanto sorprendente che sia calata la produzione di energia elettrica a livello nazionale: nel 2022 c’è è diminuita dell’8%. Ancora una volta un risultato tutt’altro che positivo. Questo valore non è (solo) attribuibile al calo dei consumi (moto ridotto) quanto piuttosto alla contrazione dell’energia prodotta da fonti rinnovabili (-7,7%). Anche in questo caso si tratta di un dato prevedibile: la riduzione della portata di molti fiumi ha provocato il crollo della produzione di energia idroelettrica. Altro dato rilevante quello relativo al costo dell’energia: i dati ministeriali sottolineano che, nel 2022, le famiglie italiane hanno consumato il 2,7% in meno rispetto all’anno precedente, ma “la spesa sostenuta per il suo acquisto è aumentata del 49,9%, a fronte di un incremento dei costi all’ingrosso dell’energia pari al 165% per il gas naturale e al 142% per l’elettricità”. La prossima volta che vedrete uno spot nel quale si parla di energia “verde” o magari di auto green, completamente elettriche, provate a leggere i dati ufficiali.