Nel 2020, in risposta alla pandemia, l’Unione Europea ha varato il Next Generation EU (NGEU) da 750 miliardi di Euro; l’Italia è stato il maggiore beneficiario del programma di investimenti europei con il suo Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) dotato di oltre 200 miliardi di Euro.
Il PNRR italiano è stato approvato a Bruxelles nel Luglio 2021 con grandi aspettative in relazione al suo impatto sulla crescita italiana almeno fino al 2026; ovviamente la valutazione dell’impatto macroeconomico di risorse di tale entità non è facile; pertanto, l’analisi contenuta nel testo del PNRR ha utilizzato due modelli di previsione complementari tra di loro.
La valutazione quantitativa del PNRR è stata effettuata utilizzando il modello dinamico di equilibrio economico generale QUEST, sviluppato dalla Commissione Europea nella versione QUEST III R&D 2018 per l’Italia; questo modello permette in generale di includere gli effetti dal lato della domanda e dell’offerta di un aumento della spesa per investimenti pubblici, attraverso una relazione di complementarità tra capitale pubblico e privato nella funzione di produzione.
In pratica, si ipotizza che il capitale pubblico contribuisca in misura significativa e persistente alla produttività e alla competitività del sistema economico; è il caso, ad esempio, delle infrastrutture energetiche e di trasporto, o degli investimenti pubblici in ricerca e innovazione, che possono avere impatti diretti ed esternalità positive sul sistema produttivo nazionale.
Nella valutazione di impatto erano stati considerati gli effetti della spesa aggiuntiva da realizzare soltanto in relazione alle misure del Piano che hanno carattere addizionale, stimate in 182,7 miliardi di Euro; infatti, gli interventi sono finanziati attraverso le risorse del NGEU con i dispositivi della Recovery and Resilience Facility (RRF) per 191,5 miliardi, e del REACT-EU per 13,5 miliardi (da utilizzare entro il 31 Dicembre 2023), integrati dal “Fondo Complementare” a valere su risorse nazionali per 30,6 miliardi.
La simulazione QUEST aveva ipotizzato che la totalità delle somme stanziate dal PNRR venga spesa tra il 2021 e il 2026, pur nella consapevolezza che parte delle risorse nazionali, non avendo vincoli temporali, possa essere utilizzata anche dopo la scadenza prevista; a tal fine sono stati considerati tutti i fondi come un unico e sinergico piano di azione.
Coerentemente con la configurazione del PNRR, la simulazione ha ipotizzato che la maggior parte delle risorse per nuovi progetti sia destinata al finanziamento di investimenti pubblici, ossia spese in conto capitale a carico delle amministrazioni pubbliche; mentre, la parte rimanente è destinata a incentivi per gli investimenti delle imprese, a ridurre i contributi fiscali sul lavoro e, in misura limitata, a spesa pubblica corrente e trasferimenti alle famiglie.
La tabella che segue riporta la dotazione del PNRR e le risorse considerate aggiuntive per la valutazione di impatto macroeconomico del Piano italiano secondo il modello QUEST:
Alle ipotesi sopra descritte, è stato necessario aggiungere un’assunzione sull’efficienza degli investimenti pubblici, variabile chiave nel determinare gli effetti macroeconomici del Piano nel medio-lungo periodo; nel modello utilizzato, l’ammontare di capitale pubblico può essere considerato un fattore di produzione e allo stesso tempo un catalizzatore della produttività delle imprese private.
Gli investimenti che contribuiscono alla formazione dello stock di capitale pubblico possono essere il motore di una crescita sostenibile e duratura, ma il loro impatto sul sistema economico è potenzialmente molto eterogeneo.
Ai fini di questa valutazione, e in linea con gli ambiziosi obiettivi del PNRR, veniva ipotizzato che gli investimenti pubblici finanziati fossero quelli con una maggiore efficienza e, quindi, con un’elevata ricaduta in termini di crescita del prodotto potenziale.
Analogamente ad un esercizio illustrato dalla Commissione Europea nell’allora più recente Rapporto Paese sull’Italia (Country Report Italia 2020 della CE), tale ipotesi veniva innestata nel modello di previsione, ipotizzando un valore per l’elasticità del PIL allo stock di capitale pubblico pari a 0,17, essendo questo valore associato in letteratura agli investimenti ad alta efficienza.
In questo gruppo ricadono gli investimenti materiali e immateriali nelle reti dei settori dell’energia, delle telecomunicazioni e dei trasporti, in particolar modo quando questi siano in grado di colmare divari strutturali e favorire la transizione ambientale e tecnologica; inoltre, è possibile assimilare a questo gruppo gli investimenti in ricerca e sviluppo e, più in generale, tutte le misure in grado di promuovere l’accumulazione di capitale umano e il suo miglioramento qualitativo.
Per completezza di analisi, al fine di analizzare come variazioni dell’efficienza impattino sui risultati delle simulazioni, con il modello QUEST sono stati considerati due scenari alternativi rispetto a quello “alto” sopra descritto.
Il primo è uno scenario “medio”, in cui vengono finanziati investimenti pubblici tradizionali, ossia investimenti con un’efficacia sul PIL corrispondente alla stima media rilevata nella letteratura in materia; il secondo è uno scenario “basso”, in cui vengono finanziati investimenti pubblici con una minore efficacia, ossia quelli con una ricaduta minore in termini di crescita del PIL potenziale.
Pertanto, nel modello QUEST gli scenari si differenziano in termini di elasticità del PIL allo stock di capitale pubblico, che è assunta pari a 0,12 nello scenario medio e 0,07 nello scenario basso, rispetto a 0,17 di quello alto; ricadono negli investimenti associabili allo scenario basso le opere che comportano una dispersione improduttiva delle risorse destinate agli investimenti.
Questo avviene, ad esempio, quando vi sono errori nella selezione, progettazione e messa in opera degli investimenti; in questo caso, ad un aumento iniziale della domanda non corrispondono significativi effetti di lungo periodo sulla crescita potenziale del prodotto; inoltre, possono rientrare in questa categoria anche gli investimenti che subiscono forti ritardi nella loro realizzazione, ossia progetti validi che diventano obsoleti per via del ritardo nella loro implementazione.
La tabella che segue riporta gli effetti previsti di impatto del PNRR sulla dinamica del PIL italiano nei tre scenari considerati “alto”, “medio” e “basso” con il modello QUEST:
Nei primi anni l‘impatto degli investimenti pubblici è molto simile nei tre scenari; come sopra evidenziato, nel breve periodo, gli effetti degli investimenti dipendono principalmente dal loro impatto tramite la domanda aggregata, che è equivalente in tutte le simulazioni.
L’efficienza degli investimenti pubblici gioca, invece, un ruolo importante nel medio periodo: il differenziale di livello del PIL reale nell’anno finale della simulazione rispetto allo scenario di base è pari a 1,8 punti percentuali nello scenario basso, contro 3,6 punti percentuali se si ipotizzano investimenti ad alta efficienza. A tal fine, è evidente quanto sia cruciale per le prospettive di espansione dell’economia e per la sostenibilità del debito pubblico che siano stati selezionati progetti di investimento ad alto impatto sulla crescita.
Nel valutare il realismo degli scenari, bisogna poi considerare come vi siano diversi fattori strutturali, che influiscono sull’efficacia degli investimenti pubblici; ad esempio, diversi studi concordano sulla relazione positiva che intercorre tra efficienza delle amministrazioni pubbliche e la concreta possibilità di implementazione degli investimenti nelle modalità e nei tempi previsti.
Più in generale, i tempi di esecuzione, l’efficacia e la sostenibilità degli investimenti dipendono in modo sostanziale dal regime di regolamentazione e dalla sua implementazione; infine, l’efficacia degli investimenti richiede un forte coordinamento tra i diversi livelli di governo, ed in Italia gli investimenti a carico degli enti locali sono pari a ben oltre la metà degli investimenti pubblici.
La stima degli impatti macroeconomici complessivi era stata ottenuta attraverso l’utilizzo del modello QUEST sviluppato dalla Commissione Europea; tale modello, tuttavia, ha tra i suoi limiti l’impossibilità di una disaggregazione delle misure del PNRR all’interno dei diversi settori dell’economia.
Al fine di compiere un’analisi di robustezza dei risultati ottenuti con il modello QUEST, era stato effettuato un confronto con i risultati che si potevano ottenere con il modello MACGEM-IT38, modello multi-input, multi-output e multisettoriale, nelle sue diverse versioni (statico, dinamico e multiregionale), appartenente alla categoria dei modelli Computazionali di Equilibrio Generale (CGE) in dotazione al Dipartimento del Tesoro (DT) del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF).
Il modello MACGEM-IT si basa su una Matrice di Contabilità Sociale (SAM), permettendo di quantificare l’impatto diretto ed indiretto, disaggregato per prodotto, per attività produttiva e per settore istituzionale, degli scenari di intervento pubblico ipotizzati; inoltre, la modellizzazione tiene conto anche di rigidità e di “imperfezioni” dei mercati dei beni e servizi, nonché del mercato del lavoro.
La tabella che segue mostra il raffronto tra i risultati previsionali del modello QUEST, nello scenario “alto” (barre in azzurro), e quelli ottenuti con il modello MACGEM-IT (linea blu continua):
Le due simulazioni producono profili del PIL differenti, ma simili in termini di impatto cumulato; se si calcola l’impatto del PNRR in termini di previsione di maggiore PIL reale prodotto nei sei anni del Piano, tale valore varia tra il 12,7 per cento del modello QUEST ed il circa 14,5 per cento del modello MACGEM-IT (rispetto al PIL del 2020).
Il modello QUEST mostra una dinamica lineare, sostanzialmente guidata dall’accumulazione di capitale pubblico e dal conseguente impatto sulla produttività; mentre, nel modello MACGEM-IT prevale la componente della domanda, con impatti in linea con la distribuzione temporale delle spese del PNRR, che raggiungono il massimo tra 2023 e 2024 con una leggera riduzione negli anni successivi.
Pertanto, nella simulazione effettuata con QUEST, l’aumento del PIL raffrontato con il valore base del 2020 raggiunge il picco nell’anno finale del Piano; mentre nella simulazione svolta con MACGEM-IT il picco è raggiunto in corrispondenza del massimo livello annuale degli investimenti pubblici.
Questo esercizio previsionale veniva effettuato nella Primavera del 2021, ed inserito nella versione del PNRR italiano inviata a Bruxelles entro il 30 Aprile 2021, e poi approvata il 13 Luglio 2021.
L’Italia è il Paese europeo che ha chiesto ed ottenuto l’importo maggiore di risorse disponibili sul NGEU, avendo incamerato al 23 dicembre 2024 ben sei delle dieci rate totali per un importo di 122 miliardi, pari al 63% della dotazione della Recovery and Resilience Facility (RRF) destinata all’Italia, che ammonta a 191,5 miliardi di Euro, grazie al meccanismo previsto dal Regolamento europeo 241 del 2021 che prevede il raggiungimento (ogni sei mesi) di una serie di milestone e target per monitorare l’avanzamento del PNRR.
Molto diverso è lo stato di avanzamento reale del Piano, gli ultimi dati disponibili sono contenuti nella Relazione semestrale sullo stato di attuazione del PNRR da parte delle Sezioni Riunite in sede di controllo della Corte dei Conti che monitora una spesa effettiva di 57,7 miliardi al 30 Settembre 2024, pari al 30 per cento delle risorse europee (RRF) del Piano; tendo presente che gran parte della spesa realizzata si deve ai bonus in edilizia, agli incentivi alle imprese a valere sul Piano Transizione 4.0 ed all’avanzamento dei lavori sulle linee ferroviarie, avviati già prima dell’arrivo del PNRR.
Infatti, la relazione della Corte dei Conti rileva che a livello delle singole misure con dotazione finanziaria in 79 casi su 100 il livello della spesa già sostenuta è inferiore al 25 per cento delle risorse; solamente il 13 per cento delle misure si colloca nell’intervallo di avanzamento di spesa tra il 25 e il 50 per cento; mentre è limitata all’8 per cento il numero delle iniziative che ha raggiunto un progresso finanziario superiore a 50 per cento.
Pertanto, l’impatto reale del PNRR sulla dinamica del PIL italiano è lontano dalle previsioni contenute nelle simulazioni sopra riportate, in parte anche per il ritardo nella spesa effettiva delle risorse del Piano negli anni dal 2021 al 2024.
Anche se non mancano segnali positivi dell’attuazione del Piano: sono stati conseguiti i target di riduzione del 10 per cento del tempo medio intercorrente tra aggiudicazione ed esecuzione di un’opera pubblica; si è passati da un tempo medio di 273 giorni per i contratti aggiudicati nel 2019 e conclusi entro Giugno 2021, ad un valore di 246 giorni, per i contratti aggiudicati tra il 01/07/2021 ed il 30/06/2022 e conclusi entro la fine del 2023; nonché del numero di stazioni appaltanti che utilizzano i sistemi dinamici di acquisizione che ha raggiunto il 20 per cento; e sono stati adottati gli Orientamenti sull’attuazione del sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti.
Nel settore della giustizia amministrativa sono stati superati i target di riduzione dell’arretrato giudiziario presso i TAR ed il Consiglio di Stato: entro Giugno 2024 le pendenze in essere al 31 dicembre 2019 sono state ridotte di oltre il 90 per cento in entrambi i casi.
La grafica, che segue, ci fa vedere la dinamica del PIL italiano negli ultimi dodici anni sulla base di dati Eurostat ed Istat, con il calo del 2020 per le chiusure dovute alla pandemia ed il rimbalzo del 2021, nonché l’impatto dei bonus in edilizia nel 2022; mentre il 2023 si ferma allo 0,7 per cento, dato che sembra essere confermato anche per il 2024 dalle ultime stime disponibili.
Dai dati sopra riportati sul PNRR, risulta chiaro che le cose non stanno andando come previsto; anche considerando soltanto la metà (0,7%) dello scenario “basso” sopra descritto al 1,4% per il 2023 e al 1,5% per il 2024 di impatto del PNRR sulla dinamica del PIL italiano, abbiamo un Paese fermo, se non in recessione con il segno meno, in linea con quanto sta accadendo con il PIL in Germania, che è in piena crisi economica con meno 0,3% nel 2023 e meno 0,2% di previsione per il 2024.
Teniamo presente che la Germania ha un PNRR molto ridotto a 25,6 miliardi (vale circa un decimo di quello italiano, a fronte di un PIL circa doppio in valori assoluti), avendo chiesto a Bruxelles soltanto le sovvenzioni da non rimborsare (e non anche i prestiti come l’Italia); pertanto, escludendo l’impatto delle ingenti somme del PNRR (sia pur spese ad oggi in misura minore rispetto alle previsioni), il quadro effettivo della dinamica del PIL italiano risulta essere in linea (se non peggiore) rispetto a quello della Germania che è in recessione.
Quanto sopra ci dovrebbe far riflettere su cosa può accadere all’economia italiana dopo il 2026, conclusa la grande iniezione di risorse portata dal PNRR (che per 122,6 miliardi dovranno essere restituite), nella mancanza di una politica economica complessiva in Italia da almeno trent’anni a questa parte, in un contesto internazionale sempre più difficile e complesso, che richiederebbe importanti scelte strategiche per un Paese per ora ancora membro del G7.