Reduci da una guerra disastrosa, da una lotta intestina devastante, gli italiani, quel 2 giugno 1946, scelsero la forma costituzionale della Repubblica. Una scelta contrastata, per molti neanche pienamente lucida, quasi imposta dai fatti: un regime fascista che aveva portato alla disfatta, una monarchia debole e pavida che aveva pensato solo a salvare se stessa.
Ma se in alcuni le motivazioni di questa scelta erano “negative per contrasto”, cioè come frutto del fallimento delle precedenti esperienze storiche, negli spiriti più lucidi nascevano da ben altre considerazioni, da ben altri ideali: ideali che ben presto sarebbero confluiti nella Carta Costituzionale, faro di civiltà e di diritto non solo per gli italiani.
Ideali frutto di lavoro intellettuale, di travaglio etico, di adesione religiosa, variamente miscelati. Ma ideali soprattutto validati dall’esperienza e dalla sofferenza di cui erano frutto scelte di vita scomode e spesso mortali.
Questa fu la Resistenza, nella forma partigiana come in quella di coloro che scontarono le loro scelte di fedeltà alla Patria nei lager fascisti o nazisti. E frutto di tale Resistenza fu la forma di Stato che più si addiceva ai valori condivisi e conquistati: quella Repubblicana.
Ecco, se c’è una traduzione etimologica ma anche ideale della “re-pubblica” è la “condivisione”, il ritenere di tutti i beni fondamentali: la vita, la salute, il lavoro, le libertà.
E la parola “condivisione” accomuna le diverse esperienze religiose, culturali, politiche che l’hanno generata e resa concreta: è evangelica per i cristiani, è socializzante per i marxisti, è partecipativa per i veri liberali.
Repubblica dei valori, repubblica delle risorse, repubblica dei mezzi di realizzazione dei progetti. E poi uguaglianza dei cittadini, senza che alcuno si erga a superiore di altri.
Riconsideriamo tutto questo settantacinque anni dopo. Settantacinque anni dopo o si invecchia inesorabilmente, o ci si rinnova. O si lasciano logorare i progetti, o si riconsiderano per rinfocolare gli ideali. O si permette che i valori si “sfilaccino”, o si rinsaldano le motivazioni e si irrobustiscono i capisaldi.
A questo siamo chiamati, oggi: a ritrovare alcune linee-guida: la dignità della persona, il valore di qualunque vita, la forza del diritto e la capacità della scienza di dare risposte, e a rinnovare, non tanto sulla carta, ma soprattutto nella prassi, lo spirito “repubblicano” della condivisione.