La Corte Europea dei Diritti Umani o CEDU ha condannato l’Italia per non aver adottato misure adeguate a salvaguardare e tutelare la salute degli abitanti della zona tra Napoli e Caserta comunemente chiamata Terra dei Fuochi. Un territorio devastato da discariche abusive che spesso vengono incendiate emettendo fumi tossici. La sentenza impone all’Italia di sviluppare entro due anni una strategia per far fronte al problema e istituire un monitoraggio indipendente oltre che una piattaforma di informazione pubblica.
In un’intervista, Francesco Emilio Borrelli, deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, ha commentato questa decisione dicendo che “È una sentenza importante almeno dal punto di vista morale perché dal punto di vista materiale voglio capire se veramente sono cogenti le direttive che vengono date. La Terra dei Fuochi non è nata dal nulla, è nata con l’interramento dei rifiuti, nella gran parte dei casi arrivati dalle industrie del Nord, e dai roghi tossici che continuano ancora oggi, anche se in misura minore”. “Questa sentenza della Corte Europea deve spingere ad andare nella direzione di rispettare l’ambiente e non far morire i cittadini. Non è un optional, non è un’opzione, è un dovere di tutti, dal piccolo amministratore locale fino al massimo rappresentante del governo nazionale”, ha concluso Borrelli.
Il problema è che la Terra dei Fuochi non è l’unico sito preoccupante per la salute dei cittadini italiani. Secondo i dati del Ministero dell’Ambiente (aggiornati al giugno 2024), i SIN sono 42. E per molti di loro i lavori di bonifica ristagnano da anni. In alcuni casi non si conosce nemmeno la reale situazione: per i lavori di bonifica della falda di Napoli orientale, 328 degli 834 ettari interessati non sarebbero stati nemmeno “indagati”. Una situazione che riguarda tutta l’Italia: da nord a sud senza distinzione. Problema analogo per le bonifiche da amianto. Qui in alcuni casi lo stato della catalogazione dei lavori da eseguire rasenta il ridicolo: Secondo la normativa vigente sarebbero le Regioni e le Province autonome i soggetti tenuti a trasmettere, entro il 30 giugno di ogni anno, le aree che necessitano di bonifica unitamente ai dati analitici relativi agli interventi da effettuare e/o effettuati e le relative priorità. Stranamente, però, la banca dati “alimentata con i contributi di dette Amministrazioni” riporta dati aggiornati solo al 2022. Quell’anno erano circa 155.000 i siti interessati dalla presenza di amianto. Eppure nessuno parla di questo o dei “siti orfani”. Così pure per il trattamento delle acque reflue. Eppure l’Italia è stata condannata ripetutamente e costretta (non lo Stato, i cittadini) a pagare sanzioni pesantissime, calcolate sui base “giornaliera”.
Quanto alla “figuraccia” legata alla sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, lo scandalo non è stata la condanna dei giorni scorsi: è ricevere decine e decine di condanne ogni anno. Solo nel 2024, sono stati 53 i ricorsi che hanno coinvolto lo Stato italiano. Quasi lo stesso numero nel 2023. Praticamente uno a settimana. Tutti importanti. Tutti meritevoli di attenzione. Come il ricorso (n. 29926/20) presentato contro la Repubblica italiana da un cittadino italiano, A.Z. (il nome è stato secretato per ovvi motivi), che è stato tenuto in carcere “nonostante il suo disturbo psichiatrico e i suoi ripetuti tentativi di suicidio” (durante il periodo in cui era detenuto nel carcere Bari, avrebbe tentato il suicidio ben quattro volte e ricoverato gli era stata diagnosticato un grave disturbo psichiatrico). Anche in questo caso la CEDU ha condannato l’Italia: dovrà versare al ricorrente una somma come risarcimento e un’altra per le spese. Non solo. Se non lo farà tempestivamente, “a decorrere dalla scadenza dei summenzionati tre mesi e fino al versamento, tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice a un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea durante tale periodo, maggiorato di tre punti percentuali”! L’elenco delle cause ritenute ammissibili è interminabile (è consultabile qui). E così pure le sentenze riportate sul sito della Camera dei Deputati.
Ma di queste i media di solito non parlano mai. Eppure, come ha riconosciuto l’osservatorio della CEDU (che opera grazie al contributo della Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale e il cui obiettivo è “migliorare il grado di accessibilità della giurisprudenza della Corte europea”), la Convenzione Europea dei Diritti Umani ha un’importanza sempre maggiore. Una caratteristica che emergerebbe anche dalle “ripetute sollecitazioni espresse dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa attraverso successive raccomandazioni in materia di conoscenza e conoscibilità della giurisprudenza della CEDU, informazione e formazione in materia di diritti umani ed esecuzione delle sentenze della Corte di Strasburgo”.
Il problema, forse, è da cercare altrove. In un mondo nel quale i diritti umani sono sempre meno importanti e quasi mai rispettati, parlare delle sentenze della CEDU a molti non importa nulla della violazione di questi diritti. A meno che farlo non torni utile per motivi politici.