Finalmente disponibile in libreria l’ultimo lavoro di Alessandro Scassellati Sforzolini “Suprematismo bianco. Alle radici di economia, cultura e ideologia della società occidentale”, edito da DeriveApprodi.
Si tratta di un lavoro lungo e complesso ma che non annoia mai. Anzi, pagina dopo pagina incuriosisce sempre di più. È la prima sensazione che ebbi quando venni invitato a rileggere la prima bozza. Una richiesta che, dopo aver letto il libro finito, ritengo un onore.
Il lavoro di Alessandro Scassellati Sforzolini incuriosisce il lettore sin dal titolo: parlare di “suprematismo bianco”, oggi, in un momento di globalismo sfrenato può sembrare anacronistico, ma non lo è. Basta guardare ciò che sta avvenendo nel mondo con spirito oggettivo. É quello che fa l’autore nel suo libro, ripercorrendo il percorso storico, economico, politico, culturale e ideologico che ha portato un certo tipo di “suprematismo bianco” a governare il mondo per molto tempo. Un dominio che ha lasciato un segno profondo tra le società occidentali e tra Occidente e Oriente (almeno fino a pochi anni fa). Un fenomeno particolarmente evidente negli Stati Uniti d’America: è qui che emergono più evidenti le criticità legate alla convivenza tra bianchi e “non bianchi”, tra minoranze al comando e maggioranze sottomesse. Uno scenario, a ben guardare, non molto diverso da quello attuale. Così come è immutato lo strumento utilizzato per imporre la supremazia e le proprie scelte: il denaro, vero o virtuale poco importa.
Il libro è una lectio magistralis dell’evoluzione di un certo periodo storico basata anche sull’evoluzione del pensiero sociopolitico e filosofico. Da Roberto Esposito a Ferdinand Tönnies da Michel Foucault a Martin Luther King. Una sorta di corsi e ricorsi storici lungo i quali si snoda l’analisi di Alessandro Scassellati Sforzolini. Un’attenta disamina di come alcune leggi possono essere solo apparentemente egualitarie anche quando, in realtà, continuano a nascondere disparità e differenze. E di come l’Occidente in tutti questi secoli non abbia imparato niente.
Asse portante del libro i problemi sociopolitici tra “gruppi”. Non solo tra bianchi e “non bianchi”, ma anche tra sessi, tra uomini e donne, o tra classi sociali. Tutti problemi evidenti e mai risolti. Anzi, come sottolineato nel libro di Scassellati, molte di queste piaghe sono ancora aperte e messe in risalto quando al potere siedono i rappresentati di certi gruppi politici (definirli “partiti” sarebbe un errore che non volgiamo commettere). Nella sua post fazione al libro, Aldo Bonomi definisce il lavoro di Alessandro Scassellati uno “sguardo analitico, critico e ampio”. Una definizione sintetica ma assolutamente condivisibile. In poche pagine (se si considera la mole di eventi citati, raccontati e analizzati), l’autore fa una “analisi” (nel senso etimologico de termine) di un certo periodo storico senza rinunciare al ruolo di “critico” (ancora una volta, in senso etimologico di “giudice”).
Forse è proprio questo il merito principale di questo libro. Non solo di analizzare un certo periodo storico con una visione d‘insieme niente affatto facile, ma di aver lasciato al lettore il compito di “giudicare”, di scegliere se condividere le conclusioni o meno. Di riconoscere se questo modo di gestire la “cosa comune” è stato (ed è) corretto o se, invece, il tempo non ha dimostrato l’incapacità di risolvere molti dei problemi da parte di no dei paesi più “sviluppati” secondo la visione comune. E di capire che quanto è avvenuto negli USA non è finito. Avviene ancora oggi. Anzi si è esteso geograficamente. Nel libro si ricorda il periodo tra la seconda metà del XIX e i primi decenni del XX secolo, quando per completare i grandi lavori pubblici (ferrovie, strade, grattacieli e molto altro) si fece ricorso massiccio alla forza lavoro a basso costo proveniente da ogni angolo del mondo. Una decisione che non può non richiamare alla mente del lettore l’Italia di oggi, con il tanto vituperato Decreto Flussi di poche settimane fa. O le pressioni della Spagna per fermare i “migranti” dall’Africa durante la pandemia, ma senza limitare gli spostamenti dei lavoratori (manodopera a basso costo). Ora come allora lo sfruttamento della forza lavoro indispensabile per l’economia USA (cinesi, giapponesi, ispanici, italiani e altri) come per quella europea (lavoratori africani). Oggi come allora lavoratori indispensabili ma accusati da media e politici di “rubare il lavoro” agli americani (o agli europei), di abbassare gli standard salariali e di vivere sulla pelle degli altri. I “bianchi”.