Da quando è iniziato il conflitto russo-ucraino vi è una certezza: ciascuno sta combattendo la sua guerra di comunicazione, dimenticando che in quelle immagini che vediamo ci sono morti innocenti e il cambiamento dell’esistenza delle persone. In questa guerra si è capito subito che c’erano diverse strategie di comunicazione.
La più evidente è quella di Putin che fin dall’inizio ha cercato di dire la sua attraverso forme di censura e ha diffuso nel mercato dell’informazione mondiale delle fake news, diventate armi di disinformazione. Ha deciso di sanzionare i giornalisti che non si allineano al regime e non si tratta solo dei giornalisti stranieri, che hanno abbandonato la Russia perché non possono raccontare quello che vogliono, ma anche degli stessi giornalisti russi. Ha fatto arrestare le persone che manifestano e ha chiuso i social network, aspetto importantissimo.
La comunicazione del Presidente ucraino, Volodymyr Oleksandrovyč Zelens’kyj, ha subito una trasformazione. Infatti, da comico è divenuto Presidente di uno Stato, dimostrando un forte spirito patriottico. Zelens’kyj è il primo Presidente della storia a comunicare dal fronte di guerra tramite le dirette social. E proprio attraverso i social network ha lanciato una sfida. Ha chiesto a tutti i suoi cittadini di documentare quello che sta avvenendo per dar vita al giornalismo partecipativo, attraverso i loro smartphone e postando le immagini in rete.
A non mancare sono le fake news che riescono a colpire lo stesso obiettivo che è quello di confondere le persone. Non dimentichiamoci che chi parteggia per un fronte o per l’altro decide di raccontare la propria verità sicuramente alterata da quella che sociologicamente chiamiamo il “pregiudizio di conferma”. Una sorta di miopia dell’informazione: la nostra decisione è praticamente già presa in partenza perciò, cercando informazioni su un determinato argomento, tenderemo a privilegiare i dati e le informazioni a sostegno di ciò in cui crediamo, finendo per renderci ciechi di fronte a quelle.
Recentemente è nata una nuova polemica che ha sollevato un grande polverone mediatico: Zelens’kyj e la moglie Olena su Vogue. In molti non hanno apprezzato questi scatti mentre il conflitto è ancora in atto e semina morte e distruzione.
A indignare gli utenti sui social è stata la copertina digitale di Vogue dedicata alla first lady ucraina. Olena Zelenska è stata immortalata seduta nel palazzo presidenziale, in pantaloni neri e camicia bianca. Il titolo recita: “Il volto del coraggio”. In altre immagini è ritratta fra le macerie, insieme alle soldatesse ucraine e con il marito. Dall’altra parte dell’obiettivo Annie Liebovitz, fotografa dallo stile unico e particolare.
L’intervista, firmata da Rachel Donadio, include anche aspetti personali della vita di Olena. La polemica è stata alimentata anche da altri elementi come ad esempio: il make up e i capelli perfetti di Olena e le didascalie delle foto che riportano il nome dei brand indossati dalla first lady, tutti ovviamente ucraini.
Durissime le opinioni sui social e in tanti hanno interpretato questo comportamento come narcisistico.
Proprio su questi attacchi è intervenuto Oliviero Toscani che ha difeso Vogue e anche la fotografa, considerata dal maestro una grande professionista che ha fotografato gli Obama, Joe Biden, Jill Biden, Kamala Harris, Hillary Clinton, Elizabeth Warren e tante altre personalità famose.
Non è mancato il commento del governo russo che ha definito lo scatto come “marcio” e si è risentito per la “promozione” da parte dei media occidentali della figura della moglie di Zelens’kyj.
Olena Zelenska ha spiegato le motivazioni per cui ha scelto di posare per queste fotografie: “Essere sulla copertina di Vogue è un grande onore e un sogno per molte persone in vista e di successo nel mondo. L’unica cosa che auguro a tutti loro è che ciò non accada perché c’è una guerra nel loro Paese”.
Stiamo vivendo un momento storico che ci mostra come sia cambiata la comunicazione politica. L’avvento dei social network ha cambiato la vita di politici non abituati a questo tipo di esposizione mediatica.
Oggi, in particolare emergono l’individualismo e concentrazione su di sé come tratti caratterizzanti del nostro modo di relazionarci con gli altri sui social network, ormai luoghi di costruzione identitaria. I social sono il luogo della democratizzazione del privato, dell’auto-rappresentazione, dell’auto-narrazione, dell’auto-comunicazione di massa, dove si realizza la proiezione che ciascuno vuole dare di sé stesso agli altri ed anche il luogo per eccellenza dove gli altri attraverso il loro gradimento ci ridefiniscono. Concetti come intimità e privacy diventano funzionali alla costruzione dell’immagine che si vuole fornire al proprio pubblico. Le relazioni social sono spesso caratterizzate da un’estremizzazione delle emozioni cosi gli utenti, o quanti ci seguono, sono influenzati dal messaggio che trasmettiamo. Di fatto le azioni sono orientate a seguire di volta in volta sciami di individui che si aggregano intorno ad un’emozione prevalente, pronti ad inserirsi in un’altra tribù appena questa perde di stimolo. Stiamo assistendo ad un processo di stabilizzazione del provvisorio, solo presente senza proiezione sul futuro.
Non si tratta semplicemente di narcisismo o di ricerca del successo, ma in tutto questo vi è un bisogno di essere sostenuti, rassicurati, accettati.
Zelens’kyj ha capito quanto sia importante comunicare col mondo e cerca di veicolare quanto accade in Ucraina attraverso le immagini e la rete. Oggi, il web fornisce nuove sollecitazioni e soprattutto conta il concetto di “reputazione”. Quella che si è riusciti a costruire e quella che invece è riconosciuta dal pubblico del web. Una buona reputazione può produrre notorietà ma non sempre consenso. Infatti, questa volta il Presidente ucraino e consorte non hanno ottenuto consensi ma innumerevoli critiche.
Insomma, i modi di comunicare sono assai diversi, ma a non cambiare è l’assoluta disumanizzazione a cui stiamo assistendo. La vera rivoluzione è quella di ritrovare l’etica e la morale per risollevare le sorti di questo mondo impazzito.