Due specie vegetali su cinque presenti in natura sono a rischio di estinzione. Ma a chi va a fare la spesa al supermercato non sembra interessare.
Le sostanze vegetali (e l’acqua) sono la base della vita dell’uomo. In esse è racchiuso un “tesoro” fatto di cibo (si pensi alla piramide alimentare fino a qualche anno fa così di moda), sostanze medicinali e biocarburanti. “Non saremmo in grado di sopravvivere senza piante e funghi – tutta la vita dipende da loro – ed è davvero ora di aprire questo scrigno del tesoro”, ha dichiarato il prof. Antonelli, direttore scientifico dei Royal Botanical Gardens, nel Regno Unito.
Uno scrigno del tesoro al quale i Royal Botanical Gardens hanno appena dedicato uno studio dal titolo State of the World Plants and Fungi al quale hanno collaborato 210 scienziati di 97 istituti in 42 paesi in tutto il mondo. Il lavoro, presentato in occasione di un simposio scientifico internazionale, che indica, tra l’altro, le tendenze della diversità di piante e funghi a livello globale.
É proprio questo l’aspetto più preoccupante che emerge anche dall’analisi della percentuale di specie a rischio di estinzione nella Lista rossa dell’Unione internazionale per la conservazione della natura: la drastica riduzione della biodiversità. Dieci anni fa, la comunità scientifica internazionale riunita ad Aichi, in Giappone, per valutare lo stato dell’arte e rallentare la perdita di biodiversità e del patrimonio in essa contenuto, indicò 20 obiettivi di biodiversità, suddivisi in 60 sottogruppi. I ricercatori convennero che tali dati avrebbero dovuto essere analizzati periodicamente. Oggi, di questi obiettivi, solo 7 sono stati raggiunti e 38 hanno mostrato progressi. Al contrario 13 obiettivi non hanno mostrato alcun progresso e per due la situazione è incerta.
Secondo Nic Lughadha questo conferma che, nel 2020, per il secondo decennio consecutivo, i governi non sono riusciti a raggiungere gli obiettivi che si erano prefissati. Dal 1750 al 2019, sono scomparse 571 specie, (ma il numero reale potrebbe essere molto più alto). E la situazione continua a peggiorare anno dopo anno: il rapporto sullo stato delle piante del 2016 parlava di una specie su cinque minacciata; oggi, la percentuale è raddoppiata, sono due su cinque. Ma la situazione potrebbe essere ben più grave dato che non è stato possibile verificare lo stato di tutte le 350.000 specie di piante conosciute (gli scienziati hanno dovuto utilizzare tecniche statistiche per analizzare alcuni dati).
Anche un altro documento conferma la gravità della situazione: il Global Biodiversity Outlook 5, presentato poco prima dell’ultimo vertice delle Nazioni Unite. Ancora una volta emerge che, nonostante i progressi in alcune aree, molti habitat naturali continuano a scomparire e un gran numero di specie è a rischio di estinzione. Quasi sempre la causa è l’uomo e i suoi comportamenti, le sue scelte “innaturali”.
Eppure, ancora oggi, vengono concesse centinaia di miliardi di dollari di sovvenzioni governative ad attività dannose per l’ambiente: “Stiamo ancora vedendo molto più denaro pubblico investito in cose che danneggiano la biodiversità che in cose che supportano la biodiversità”, ha sottolineato David Cooper, vice segretario esecutivo della Convenzione sulla diversità biologica. A fargli eco Antonelli: “Ogni volta che perdiamo una specie, perdiamo un’opportunità per l’umanità”. “Stiamo perdendo una corsa contro il tempo perché probabilmente stiamo perdendo specie più velocemente di quanto abbiamo per nominarle”. Diverse le cause di questa perdita. La distruzione dell’habitat naturale per ricavarne terreni agricoli. Il sovra sfruttamento di piante selvatiche. E poi, l’edilizia, la diffusione di specie invasive, l’inquinamento e la crisi climatica che ne deriva e molte altre ancora.
Ma perché la biodiversità è così importante? Per comprendere l’impatto che questa perdita potrebbe avere sulla vita dell’uomo, basti pensare che, oggi, nel mondo, sono miliardi le persone utilizzano medicinali a base di erbe come fonte primaria di assistenza sanitaria: eppure, secondo i ricercatori, almeno 723 specie utilizzate come piante medicinali potrebbero scomparire. Se poi si considera che “solo il 7% delle piante [conosciute] ha usi documentati come medicinali e che le piante e i funghi del mondo rimangono in gran parte inutilizzati come potenziali fonti di nuovi farmaci”, come ha ricordato Melanie-Jayne Howes, leader della ricerca presso RBG Kew, appare evidente che “è assolutamente fondamentale proteggere la biodiversità in modo da essere preparati per le sfide emergenti per il nostro pianeta e la nostra salute”.
Proprio dalle piante potrebbe venire anche la risposta alla pandemia di corona virus che sta colpendo il pianeta. “Sono assolutamente sicura che, andando avanti, alcuni dei suggerimenti per la creazione di farmaci in questo settore proverrà da piante e funghi” ha dichiarato la professoressa Monique Simmons, della RBG Kew.
Anche l’impatto sull’alimentazione è fondamentale: il cibo da cui dipende l’umanità proviene da un numero troppo limitato di specie vegetali. Basti pensare che circa metà della popolazione mondiale dipende solo da riso, mais e grano e che poche specie di piante forniscono il 90% di tutte le calorie che consumiamo. Ciò comporta seri rischi e soprattutto rende l’approvvigionamento di cibo vulnerabile ai cambiamenti climatici e a nuove malattie. Un aspetto reso ancora più importante dal costante aumento (almeno per ora) della popolazione mondiale.
La soluzione di questi (e altri) problemi potrebbe essere la biodiversità: “Abbiamo oltre 7.000 specie di piante commestibili che potremmo utilizzare in futuro per proteggere davvero il nostro sistema alimentare”, ha detto Tiziana Ulian, ricercatrice presso RBG Kew. Specie vegetali “nutrienti”, ma “robuste” e quindi a basso rischio di estinzione che potrebbero essere utilizzate come alimenti. Prodotti come il fagiolo morama, un legume sudafricano che resisterebbe a lunghi periodi di siccità oggi sempre più frequenti. Invece, solo il 6% di questi prodotti viene coltivato su scala significativa. “Sfruttare questo paniere di risorse non sfruttate per rendere i sistemi di produzione alimentare più diversificati e resilienti al cambiamento dovrebbe essere il nostro dovere morale”, ha dichiarato Stefano Padulosi, ricercatore senior all’Alliance of Biodiversity International.
Secondo la responsabile del settore biodiversità presso le Nazioni Unite, Elizabeth Maruma Mrema, l’umanità si trova a un bivio e dalla decisione che verrà presa dipenderà la vita delle generazioni future.
Ad essere a rischio non è solo la biodiversità dei prodotti agricoli e dei funghi. Secondo lo studio Living Planet Report 2020 del WWF e della Zoological Society of London (ZSL), tra il 1970 e il 2016, in media, le specie di mammiferi, uccelli, pesci, anfibi e rettili sono diminuite del 68%. Anche questo studio è stato frutto della cooperazione di numerosi centri di ricerca: 134 esperti di tutto il mondo hanno analizzato i dati di 20.811 popolazioni di 4.392 specie di vertebrati (dal panda agli orsi polari fino ad anfibi e pesci meno conosciuti). E anche in questo caso i risultati hanno confermato la perdita della biodiversità (specie per ciò che riguarda i vertebrati) che è diminuita, in media, di oltre due terzi rispetto al 1970. Dalle foreste pluviali dell’America centrale all’Oceano Pacifico, oggi la natura è sfruttata e deturpata dagli esseri umani in un modo mai visto prima. E i rischi che questo sovra sfruttamento comporta per le generazioni future sono enormi. Nessuno, però, pensa a tutto questo quando va al supermercato dove trova sempre gli stessi prodotti, sempre meno “biodiversi” tra loro, sempre più standard (frutti tutti della stessa dimensione, dello stesso colore, quasi sempre insapore e scarsamente nutrienti, specie quando fuori stagione). Allo stesso modo a nessuno interessa sapere le proprietà officinali di una infinità di piante. Il loro nome entra nelle case dei consumatori solo attraverso questo o quello spot nel quale vengono elogiate le proprietà miracolose di questa o quella pianta. Poi tutto finisce lì. E tutto viene dimenticato. E nessuno pensa che se l’uomo si è evoluto ed è quello che è è proprio grazie a questa biodiversità, all’essere diversi ma complementari, simili ma non uguali. Anche quando si va a fare la spesa.