La tutela, la valorizzazione e la conservazione dei beni culturali della nostra Penisola diverrà sempre più la tematica da trattare con le novità dell’innovazione nanotecnologica. La moderna conservazione ha sentito negli ultimi anni la necessità di affidarsi in maniera sempre più importante alla scienza per ottenere prestazioni più considerevoli, raggiungere un risultato nell’ambito della ricerca per la stabilizzazione dei beni culturali. Le inondazioni che hanno devastato Firenze nel 1966 e le continue problematiche climatiche e ambientali, che stanno devastando parte dell’Italia e del suo patrimonio, hanno evidenziato la necessità di trovare nuove metodologie per ripristinare e conservare l’immenso patrimonio culturale fortemente danneggiato dalle alluvioni e dal dissesto idrogeologico.
Dalla caratterizzazione analitica dei materiali che costituiscono le opere e le tecniche utilizzate dagli artisti, alle reazioni chimiche coinvolte nel loro degrado e, pertanto, la necessità di nuovi metodi scientifici da applicare alla conservazione e stabilizzazione dei materiali. Nello studio scientifico dei materiali protettivi da applicare in ambito conservativo, le nanotecnologie hanno fornito metodi estremante sorprendenti per una durevole conservazione, reversibile e biocompatibile. Tra le materie da trattare con estrema attenzione ritroviamo le opere e le strutture in legno. La “durata del legno” è strettamente legata alle condizioni ambientali in cui viene mantenuto: si gonfia con l’umidità e il calore, mentre con il freddo si ritira generando delle crepe.
Inoltre, situazioni avverse possono favorire l’attacco di funghi, muffe o insetti e portare ad un deterioramento che compromette non solo l’aspetto estetico ma anche la sopravvivenza del materiale. Questi aspetti sono ancora più delicati quando ci troviamo davanti a reperti archeologici provenienti dai fondali marini che hanno già subito lo stress del passaggio dall’ambiente in cui sono giaciuti per centinaia di anni ad un ambiente completamente diverso.
La nanotecnologia applicata al legno assolve un compito indispensabile in quanto crea una nanostruttura di particelle, un reticolo protettivo invisibile il quale impedisce che umidità, le polveri sottili ed altri elementi inquinanti presenti nell’ambiente riescano a penetrare nel materiale.
Un progetto pilota del 2019, avviato dalla società 4ward360 e dalla sua presidente Sabrina Zuccalà, permise di procedere alla sperimentazione dei trattamenti nanotecnologici su reperti in legno, sviluppando la capacità di respingere acqua e contaminanti esterni (sporco, oli, grasso, polvere), impedendo loro di aderire alla fibra di cellulosa.
Constatato l’alto valore protettivo, altro dato fondamentale, e visto che non modifica l’aspetto e la consistenza del legno, che resiste alle alte temperature e, quindi, risulta essere stabile ai raggi U.V. ed I.R., si è passati alla fase applicativa che si è eseguita con un nebulizzatore e delle maschere protettive per gli operatori che hanno proceduto al rilascio delle nanotecnologie. L’applicazione è risultata essere estremamente semplice e con tempi di asciugatura molto veloce.
I trattamenti in nanomateriali, realizzati dalla società di Sabrina Zuccalà, svolgono l’attività di protezione delle superfici lignee senza essere filmogeni o alterare le caratteristiche del manufatto, l’aspetto o la traspirabilità. Le loro proprietà idrorepellenti e oleorepellenti creano una protezione invisibile in scala nanometrica che agisce respingendo i contaminanti e impedendo loro di entrare in contatto con la struttura lignea trattata. Le nanotecnologie per il restauro e la tutela dei reperti architettonici rappresentano prospettive di ricerca molto interessanti e in Italia risultano essere particolarmente importanti per tutelare e valorizzazione l’immenso patrimonio culturale e archeologico che caratterizza l’intera Penisola.