
Gaspar van Wittel o Caspar van Wittel o, con il suo nome italianizzato, Gaspare Vanvitelli o anche Gaspare degli Occhiali è un pittore tanto noto, quanto poco conosciuto. Ma in realtà è un innovatore, uno dei più grandi pittori del Vedutismo, forse il primo vero vedutista della storia dell’arte. Spesso ricordato anche come anticipatore di Giovanni Antonio Canal, detto Canaletto, Vanvitelli è noto per le sue vedute esatte di molte città e paesaggi Italiani a cui lo stesso Canaletto farà riferimento.
Nasce ad Amersfoort presso Utrecht, presumibilmente tra il 1652 e il 1653. La data di nascita si deduce dalla lapide fatta apporre dai figli sulla tomba nella quale si legge che era morto a 83 anni il 13 settembre del 1736. Nell’atto, tuttavia, si legge che van Wittel è morto ad 80 anni, posticipando la nascita al 1656. Inoltre, gli Stati d’Anime della parrocchia di San Giovanni dei Fiorentini, dove egli risedette dal 1708, riportano un’età tale da spostare la sua data di nascita al 1658.
Tra il 1668 e il 1674, studia in patria nella bottega di Mathias Withoos. Dopodiché, come molti altri artisti olandesi nel corso del XVII secolo, arriva a Roma tra il 1674 e il 1675, poiché come molti suoi colleghi, sentiva il bisogno di immergersi nella bellezza delle rovine della civiltà romana e nei capolavori dei maestri del Rinascimento ed entra a far parte, secondo un documento del 3 gennaio 1675, della Schildersbent con il nome di De Toorts, insieme ad Abraham Genoels, alias “Archimedes”, Jacob van Staverden, alias “Ijver” e Gommarus Wouters, alias “De Ridder”, tra gli altri. Dopo il suo arrivo a Roma si pone al servizio come disegnatore del suo connazionale Cornelis Meyer (1629-1701), ingegnere idraulico.
Tra il 1680 e il 1699 diviene famoso a Roma per le sue vedute della città eterna e per i suoi paesaggi con soggetto il Tevere, che gli valgono il favore delle più importanti famiglie aristocratiche. Inoltre in questo periodo espone alla mostra di San Salvatore in Lauro e entra nella Congregazione dei Virtuosi del Pantheon e nel 1697 sposa Anna Lorenzani.
Le sue opere sono il risultato di una società illuminista, con una razionalità e una modernità molto marcate, che si basano su una indagine pittorica sensoriale, scientifica, esatta, senza sentimentalismi, ma che riproducono una realtà brutale, senza interpretazioni artistiche. Uno degli esempi più belli è senza dubbio la “Veduta di piazza Navona” del 1699. Per dimensioni (96,5×216) e per qualità, questa è una delle più significative vedute romane di Gaspar van Wittel. Sono sette in tutto le opere che raggiungono queste misure. Non si conosce la provenienza originaria di questo dipinto, ma per le dimensioni era presumibilmente destinata a una collezione importante a Roma. Il tema di piazza Navona è certamente una delle più apprezzate nell’iconografia romana. La piazza, che ripropone con la sua forma quasi il perimetro dello stadio di Domiziano, era al tempo, dopo piazza San Pietro, la più vasta della città ed era famosa per il mercato e per le giostre che vi si svolgevano. Ancora nel Settecento si riempiva il fondo concavo per la “naumachia” che avveniva in estate. Della veduta di piazza Navona si conoscono altre nove diverse versioni datate tra il 1688 e il 1721. La veduta è presa dal palazzo Lancellotti. Le variazioni rispetto alla sistemazione attuale della piazza sono poche. Una folla di dame, frati, gentiluomini e mercanti si aggira per la piazza. Sul lato destro numerosi banchi sono sistemati all’aperto o coperti da tendaggi. Sedute sui gradini della chiesa di San Giacomo degli Spagnoli, due figure bianche velate che sono di repertorio nelle opere di Gaspar van Wittel. La definizione architettonica resta comunque l’elemento fondante delle composizioni vanvitelliane. Questa veduta fu eseguita nel 1699, anno in cui Gaspar van Wittel abbandona temporaneamente Roma per trasferirsi a Napoli, al servizio del viceré Luis de la Cerda duca di Medinaceli, per il quale dipingerà trentacinque diverse vedute.

A Napoli nel 1700 nasce il figlio Luigi, che diventerà architetto, celebre per la Reggia di Caserta. Nel 1702 esegue per il duca di Medinaceli una veduta della “Grotta di Posillipo” a Napoli. La grotta, un tunnel lungo circa settecento metri, era al tempo l’unica via di collegamento tra Napoli e Pozzuoli. Non era una grotta naturale ma una galleria rettilinea scavata nel tufo dai romani al tempo dell’imperatore Augusto, ma il fascino che esercitava sugli artisti del Sette e Ottocento era dato da un colombario ricoperto da una folta vegetazione che tradizionalmente lo identificava come la tomba di Virgilio, visibile in alto all’entrata della grotta. Il monumento in pietra a sinistra ricorda i lavori intrapresi da Alfonso d’Aragona che fece ampliare l’ingresso e pavimentare la galleria. Il primo che aveva fissato l’immagine di questo luogo magico è proprio Gaspar van Wittel. È visibile tutta la zona a destra con quella porzione di muro che nasconde un giardino con alberi da frutto. Ai piedi della porta che immette nello spazio alberato è seduta l’immancabile figura bianca, che è una sorta di sigla dei dipinti vanvitelliani.

Dopo il soggiorno a Napoli, si ritrasferisca a Roma, ma visita anche Firenze, Verona e Venezia dove è proposta e accettata la candidatura alla Assemblea dell’Accademia di San Luca. In questo periodo, oltre alle splendide vedute del Canal Grande e di paesaggi veneziani, dipinge magnifici scorci di Roma e dintorni. Una meravigliosa “Veduta di palazzo Farnese” a Caprarola, del 1715. Situata a diciotto miglia da Roma, Caprarola era facilmente raggiungibile per i viaggiatori che andavano da Roma a Firenze per la via di Viterbo, l’antica via Francigena. Alla fine del Seicento e nella prima metà del Settecento, la fortezza eretta dal Vignola era la principale fonte di interesse del luogo ma con il passare del tempo i viaggiatori iniziarono a mostrare interesse anche per l’aspetto pittoresco delle sue valli, indicando ai viaggiatori i punti di vista più adatti a ritrarne il paesaggio. La data 1715 che compare al recto e al verso del dipinto ne fa la più antica versione di questa veduta, ma non la prima eseguita da van Wittel, poiché la aveva già riprodotta in un disegno conservato a Chatsworth il quale, non essendo considerato un disegno preparatorio ne fa una versione più antica. Come recita la scritta sul retro del supporto, la veduta raffigura un angolo del palazzo e a destra la chiesa di santa Maria Suburbana, fondata nel 1621dal cardinale Odoardo Farnese. Questa veduta è nota in sei versioni che differiscono sostanzialmente solo nelle dimensioni.

Nel 1722 dipinge otto versioni di Castel Sant’Angelo. La Roma fluviale è la protagonista dell’opera vanvitelliana. Il pittore scelse da Ponte Milvio, passando per Ripetta sino a Ripa Grande, almeno quindici punti di vista diversi dai quali trasse diverse vedute famose. Come già accennato, esistono diverse versioni di questo soggetto. Questa veduta è presa da una casa a Tor di Nona a specchio sul Tevere all’altezza dell’arco di Parma. Il palazzetto a sinistra sembra una invenzione vanvitelliana che gli serviva per risolvere brillantemente un problema di equilibrio compositivo. Sulla riva sinistra una piccola spiaggia di approdo nei pressi dell’arco di Parma, poi gli ultimi edifici di Tor di Nona fino al largo davanti al ponte dominato da Palazzo Altoviti. Sulla sinistra spicca la Cupola di San Giovanni dei Fiorentini. Al di là del Tevere si notano, di fronte, il tiburio e il frontone di Santo Spirito, poi le case die borghi e il Borgo Nuovo in fondo al quale appare l’inizio del colonnato di San Pietro con la chiesa di Santa Maria in Traspontina. E’ una bella immagine di come appariva quell’area prima degli sventramenti novecenteschi. Sul fondo la mole di san Pietro e al centro Ponte Sant’Angelo e sulla destra Castel Sant’Angelo e i prati che lo circondano. La presenza dei personaggi è molto ridotta. Poche figure animano la nobile terrazza del primo piano e altri conducono quelle rare imbarcazioni che corrono stancamente lungo il fiume.

Nel 1723 firma insieme ad altri accademici una risoluzione per lavori occorrenti alla chiesa di San Luca. Per sette anni la produzione artistica di Gaspar van Wittel è pressoché nulla. Nel 1735 si trasferisce a Campo de’ Fiori e nel 1736, il 13 settembre, muore a Roma ed è sepolto in un primo momento a San Lorenzo in Damaso per poi essere trasferito insieme alla moglie, morta pochi mesi dopo, a Santa Maria in Vallicella.