Il Coordinamento Nazionale dei Docenti della Disciplina dei Diritti Umani in occasione della Giornata Internazionale della Donna 2024 intende ripercorrere i traguardi sociali, economici e politici tagliati dalle donne nel corso della storia e riflettere su quanta strada ancora c’è da percorrere per il raggiungimento della vera parità di genere, così come stabilito nell’obiettivo 5 dell’Agenda 2030. La genesi della giornata celebrativa, che diventò ufficiale nel 1977 attraverso la risoluzione 32/142 dell’ONU, è strettamente legata al clima socio-politico dei primi del ‘900, quando le donne schiacciate da violazioni secolari iniziarono a reclamare giuste condizioni di vita e maggiori diritti.
Stati Uniti e Danimarca, trascinati dal Partito Socialista, furono i primi Paesi a lanciare l’idea di una giornata dedicata alle donne e, quindi, a dar voce al loro malessere e, al contempo, all’urgenza del cambiamento in ambito sociale e politico; il diritto di voto, ovunque, era la principale richiesta della popolazione femminile. Nel nostro Paese le protagoniste del rinnovamento per la conquista dei diritti delle donne furono le lavoratrici delle fabbriche che erano impiegate in mansioni dequalificate e a bassissimo salario. Le operaie del cambiamento, con le prime contestazioni e primi scioperi organizzati, trascinarono la popolazione femminile in un’azione tenace e costante finalizzata alla liberazione dalle mansioni domestiche cui la donna era tradizionalmente destinata. Non più quindi angeli del focolare domestico, ma donne che si riappropriano della loro identità femminile troppo a lungo negata.
La vera rivoluzione si concentrò nel trentennio che va dagli anni della Resistenza agli anni ’70. Dopo il contributo dato durante la Liberazione dalle donne comuni prima e dalle madri costituenti poi, ci fu una sorta di periodo preparatorio durante il Boom economico: attraverso il lavoro, ma anche attraverso la moda, gli abiti e la bellezza femminile, ogni donna cominciò a sperimentare che si può fare la differenza con il semplice, naturale modo di essere donna e che anche gli abiti, le acconciature , la cura per sé stesse, potevano essere un’arma per esprimersi liberamente e combattere le ingiustizie. E tante ingiustizie furono riparate negli anni a venire. Si giunse così ai primi traguardi in campo giuridico: abolizione del reato di adulterio, introduzione del divorzio, diritto di famiglia, legge sull’aborto e finalmente l’abrogazione del Codice Rocco, nato negli anni della dittatura fascista, che in due articoli, il 544 e il 587, prevedeva il matrimonio riparatorio e il delitto d’onore, ovvero l’estinzione della pena per la violenza sessuale, se seguita da nozze, e pene ridotte invece per chi commettesse omicidio “in stato d’ira”, nei confronti del coniuge, figlia e sorella, a seguito di “illegittima relazione carnale”
Negli anni ’70-‘80 la lotta al Patriarcato, e quindi all’autorità sociale, morale e politica dell’uomo, si tradusse ormai in lotta per la liberazione delle donne dai sistemi oppressivi radicati nella società. Il secolo scorso ha raccolto buoni frutti, in Italia e nel mondo, in fatto di diritti per le donne. Dal 2000 in poi nuove e gravi difficoltà hanno rallentato il passo delle donne, ponendo queste ultime sotto un soffitto di cristallo che crea nuovi gap per il pieno raggiungimento della parità di genere.
E così, la disparità di genere nel mercato del lavoro, la mancata tutela delle madri lavoratrici, la difficoltà per l’accesso alle cariche elettive, la bassa presenza delle donne nelle discipline STEM e, soprattutto, la violenza quotidiana in ogni angolo del mondo e i femminicidi che aumentano, hanno spinto il mondo civile a creare una sorta di taccuino dei buoni propositi da realizzare entro un termine stabilito.
L’Obiettivo 5 dell’Agenda 2030, approvata nel 2015 dalle Nazioni Unite, è dedicato interamente alla tutela delle donne e delle bambine. Mancano 6 anni al 2030, ma riguardo l’uguaglianza di genere l’ONU avverte: “Il mondo sta deludendo donne e ragazze”. Lo dimostra il nuovo report Progress on the Sustainable Development Goals. The gender snapshot 2023, pubblicato a settembre dello scorso anno, che mette in luce tutti i fattori critici per il raggiungimento di una vera uguaglianza tra donne e uomini. Per tale ragione l’8 marzo negli ultimi anni è diventato portatore di nuovi messaggi e responsabilità, perché mentre da un lato ci narra storiche conquiste sociali, politiche e giuridiche, dall’altro ci tiene con i piedi ben saldati per terra e ci spalanca gli occhi per farci vedere chiaramente che il percorso per giungere a una vera e concreta parità fatica a trovare pieno completamento anche nei Paesi che possono vantare ordinamenti giuridici all’avanguardia. E’ opportuno quindi che vi sia un serio impegno tanto sul fronte dell’azione interna, quanto su quello dell’attività di sensibilizzazione e cooperazione internazionale. Per quanto riguarda l’Italia, è giusto ricordare che è certamente ampio lo spazio che la Costituzione dedica al riconoscimento dei principi di uguaglianza e delle pari opportunità tra uomo e donna. Bisogna solo continuare a costruire sulle fondamenta giuridiche della nostra Carta costituzionale, nella consapevolezza che si tratta comunque di un percorso faticoso e complesso.
Anche quest’anno con l’iniziativa Mimosa d’Acciaio, giunta ormai alla IV edizione, abbiamo scelto di portare nella scuola italiana quattro donne diverse per età, provenienza e ambito, che meritano attenzione e gratitudine. Maria Falcone, Paola Cortellesi, Paola Egonu e Gessica Notaro sono le mimose che quest’anno ci sentiamo di donare idealmente, attraverso i colleghi docenti, alle studentesse e agli studenti di ogni ordine e grado, affinché il senso del dovere e della giustizia, il talento artistico, il coraggio, la resilienza, la diversità come unicità che travalica lo sport e, soprattutto, la storia di ognuna di queste straordinarie donne possa essere esempio e stimolo per andare avanti e dare sempre il meglio di sé.
Il CNDDU esprime sentimenti di ammirazione e gratitudine per le quattro mimose d’acciaio che contribuiscono all’emancipazione femminile dell’Italia e che con il loro vissuto ispirano e incarnano tante donne. Quest’anno abbiamo deciso di conferire all’ UNANIMITA’ il titolo di Mimosa d’Acciaio 2024 alla dott.ssa Maria Falcone con la seguente motivazione: Per l’instancabile impegno alla promozione di una cultura della Legalità e contro le mafie; per la conservazione della Memoria storica perseguita attraverso nobilissime attività pedagogico-educative sempre in linea con la scuola; per il coraggio, il senso del dovere e l’amore assoluto per la Giustizia.
Prof.ssa Rosa Manco
CNDDU