É certamente il piatto tipico italiano più diffuso al mondo. In tutto il pianeta se ne consumano quantità spaventose. In Italia, nelle oltre 50mila pizzerie diffuse in tutte le regioni, ogni settimana, si consumano 56 milioni di pizze: nel 2021, i consumatori italiani hanno divorato oltre 2,7 miliardi di pizze (dati Aibi, Associazione Italiana Bakery Ingredients) realizzate con 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro. Cifre confermata anche da una ricerca Cerved sul mercato della pianificazione. Un mercato che ha una ricaduta economica non indifferente: gli 8 milioni di pizze prodotti in Italia generano un fatturato intorno ai 15 miliardi di euro (ma se si considera l’indotto, la cifra potrebbe superare i 30 miliardi). Notevole anche l’impatto sull’occupazione: oltre 100.000 le persone che lavorano nel settore a tempo pieno, con picchi di 200.000 nel week end. Numeri, secondo i ricercatori, destinati ad aumentare nei prossimi anni. Tra le più richieste, in Italia, ci sono le pizze tradizionali (78,8% dei consumi), seguite dalle cosiddette pizze gourmet (12,1%).
Anche Italmopa – Associazione Industriali Mugnai d’Italia, ha fornito i dati del consumo pro capite: in Italia è di circa 8 kg. Un quantitativo importante, sebbene inferiore rispetto ai 13 kg circa registrato in America dove il 93% degli americani consuma la pizza almeno una volta al mese. Negli USA, sono oltre 61mila le pizzerie. Tra i condimenti per pizza più popolari in America ci sono i peperoni, inclusi nel 36 percento delle pizze ordinate, ma le pizzerie cercano costantemente nuove idee per la copertura. Anche i francesi sarebbero veri amanti della pizza: si stima che ne mangino in media 5kg a testa all’anno. La pizza si sta diffondendo perfino in Cina dove pare se ne consumino 600 milioni ogni anno. A livello mondiale si stima che sono 5 miliardi le pizze ordinate ogni anno.
Tutto questo dovrebbe essere sufficiente a comprendere come mai alla pizza sia stata dedicata addirittura una Giornata mondiale: il 17 gennaio. Una scelta non casuale: il World Pizza Day, la festa mondiale della pizza, viene celebrata il giorno in cui si ricorda Sant’Antonio Abate, santo protettore degli animali, dei fornai e, ovviamente, dei pizzaioli. In realtà, però, a Napoli, è dai primi del ‘900 che si celebra la “giornata dei pizzaioli”. A ricordarlo qualche anno fa, è stato Antonio Pace, presidente dell’Associazione Verace Pizza Napoletana: “Per festeggiare la ricorrenza le famiglie delle pizzerie napoletane facevano spesso una gita fuori porta e si fermavano a mangiare in un ristorante di Capodimonte, Colli Ami nei; poi, alla fine del pasto, onoravano Sant’Antonio accendendo un falò. L’usanza si è protratta fino al 1924-25, andando a scemare dopo la Seconda Guerra Mondiale”.
I numeri emersi dalla ricerca “Abitudini di consumo della pizza” realizzata da Doxa per Eataly confermano che quasi 9 italiani su 10 la mangiano almeno una volta alla settimana. Ma questi consumi possono raddoppiare per le persone di età compresa tra i 18 e i 24. L’indagine ha evidenziato anche un cambio di mentalità tra i consumatori: la pizza non è più vista come un alimento da concedersi raramente per via delle calorie, ma come un “comfort food” da condividere in compagnia.
Un alimento che non pesa in termini di calorie ma anche sul portafoglio. Da un’analisi della Coldiretti, presentata recentemente in occasione del quinto anniversario dell’iscrizione dell’Arte dei Pizzaioli napoletani nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco (il 7 dicembre 2017), emerge che per il consumatore finale il prezzo della pizza ha subito aumenti inferiori rispetto agli altri prodotti alimentari. Nonostante l’aumento del costo delle materie prime della pizza (dal grano all’olio extravergine d’oliva, fino al pomodoro), l’aumento dei prezzi della pizza è rimasto ben al di sotto dell’aumento medio dei prezzi generali. Ancora di più se la pizza è prodotta in casa. Non è un caso se, come evidenzia un report di Galbani, nell’anno della pandemia le pizze cucinate in casa sono quasi raddoppiate passando da una media di 1,9 a 2,9 al mese.
Un dato importante in un momento di crisi come quella attuale. Una situazione che certamente spingerà sempre più persone a “celebrare” questa Giornata mondiale. Magari davanti ad una bella pizza, un alimento che come hanno detto le NU, ha un posto fisso “nell’Olimpo della cucina nazionale e internazionale e identifica l’arte del pizzaiolo napoletano come espressione di una cultura che si manifesta in modo unico”. Una “cultura” che si può gustare senza lasciarsi intimidire dal fatto di divorare una fetta del patrimonio mondiale dell’umanità. E senza temere per il portafoglio.