
Da mesi è in atto una pesante campagna mediatica (e politica) contro i cosiddetti Navigator.
Eppure, al contrario di molti lavori pubblici assegnati per chiamata diretta, questi professionisti sono stati selezionati con un bando pubblico al quale hanno partecipato ben 78.788 persone. Peraltro tutte altamente qualificate, contrariamente a quanto hanno detto molti: requisito minimo era la laurea e un voto di laurea elevato (usato proprio come prima selezione).
I Navigator “selezionati” sono stati tremila, i migliori (come è possibile verificare dalle prove sostenute che andavano dall’informatica ai modelli e strumenti di intervento di politica del lavoro, dalla disciplina sui contratti di lavoro al sistema di istruzione e formazione, dalla regolamentazione del mercato del lavoro all’economia aziendale e altro ancora), non i più “raccomandati”. Già dall’inizio sono stati scelti la metà dei Navigator previsti in origine: il governo aveva parlato di seimila posti, ma alla fine ne sono stati assunti meno di tremila.
Altro aspetto importante, questa figura (e il nome Navigator) non se la sono inventati i candidati né i vincitori del concorso: è stata decisa da altri e a loro affibbiata. Da alcuni anche con un tono quasi dispregiativo. Questi professionisti operano, e hanno sempre operato, in base a direttive non decise da loro. Il legame con il reddito di cittadinanza, misura anche questa decisa e approvata dal Parlamento, non certo da loro, ha fatto sì poi che molti Navigator venissero assegnati alle regioni del Meridione e delle isole maggiori, dove più elevato era ed è il numero dei beneficiari della misura statale. Ma, come vedremo, questo ha creato ulteriori problemi.
Quanti hanno denigrato (e continuano a farlo) questi professionisti non dicono (possibile che non lo sappiano?) che uno dei principali compiti dei Navigator è verificare la presenza delle condizioni per l’immediata disponibilità al lavoro o aderire a percorsi personalizzati di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale.
Percorsi che si scontrano con diversi fattori. Il primo è trovare offerte di lavoro vicino al luogo di residenza dei beneficiari del reddito di cittadinanza. Ora, se già era difficile trovare una occupazione prima della pandemia, dopo il lockdown è diventato quasi impossibile. Sul territorio dove risiede la maggior parte dei beneficiari del reddito di cittadinanza, trovare imprese disposte ad assumere nuovo personale è quasi impossibile.
Del resto, non servono conoscenze da statista per sapere che se ci sono così tante persone che hanno fatto richiesta del reddito di cittadinanza è anche perché in certe zone del paese non c’è una grande offerta di posti di lavoro. E quei pochi che ci sono spesso restano vacanti anche a causa del fatto che (sebbene con le dovute eccezioni) molti dei beneficiari spesso presentano scarsa professionalità (molti addirittura non hanno neanche un titolo di istruzione superiore o una qualifica facilmente spendibile sul mercato del lavoro). Per loro i Navigator si sono dati da fare per trovare percorsi di riqualificazione che permettessero, in un secondo momento, di trovare più facilmente una occupazione.
Anche la disponibilità di molte amministrazioni comunali di utilizzare i beneficiari del reddito di cittadinanza per progetti di utilità collettiva, i cosiddetti PUC, è stata nettamente inferiore alle aspettative (anche qui con alcune eccezioni).
Questa situazione, già difficile in partenza, è peggiorata drasticamente nel 2020, con il lockdown che ha costretto molte aziende a chiudere o di mettere i propri dipendenti in cassa integrazione (quale azienda potrebbe assumere nuovo personale mentre è costretta a tenere i propri dipendenti in cassa integrazione o fare salti mortali per non chiudere definitivamente?).
In diverse regioni, gli stessi centri per l’impiego sono rimasti per molti mesi in smart working (un eufemismo per dire che sono rimasti chiusi al pubblico o praticamente con operatività quasi azzerata). Eppure alcuni media in cerca di scoop si sono precipitati presso i centri per l’impiego e hanno gridato a squarciagola che non erano presenti.
Nessuno ha detto che anche i Navigator hanno continuato a lavorare da casa. Mentre altre figure professionali restavano a casa “senza poter far nulla” o molto poco, i Navigator hanno continuato a lavorare in remoto. Lo dimostrano le centinaia di telefonate fatte da ciascuno ai beneficiari dei loro servizi e alle imprese nel tentativo di trovare, nonostante tutto, spazi per inserire qualcuno.
Un’attività tutt’altro che semplice che ha richiesto un lavoro da “investigatori”: i dati messi a loro disposizione spesso si sono rivelati obsoleti o relativi a imprese non più esistenti o che, nel frattempo, avevano cambiato nome, sede o gestione. Un lavoro certosino ancora una volta documentato e comprovato dalle decine e decine di rapporti che ciascun Navigator ha dovuto fornire ad Anpal Servizi (e, di conseguenza, alle autorità competenti). Ma, di questo, i media e quanti continuano ad attaccare i Navigator, hanno preferito non parlare.
Hanno preferito continuare a portare avanti una campagna mediatica massacrante contro di loro. Forse un modo per nascondere altri problemi dei quali chi è al potere preferisce non parlare.
Problemi come la povertà in Italia che continua ad aumentare (lo dice l’indice di Gini). O come i sussidi a pioggia concessi dal governo, che non sono bastati ad evitare la chiusura definitiva di centinaia di migliaia di imprese (nessuno di questi esperti di geopolitica si è domandato come farà il paese a pagare i prestiti ricevuti e sbandierati). Di questo si è preferito non parlare. Eppure si tratta di temi che comporteranno spese miliardarie per il paese (non è un caso se nell’ultimo anno il debito pubblico ha avuto un’impennata impressionante – ma anche di questo nessuno ha parlato).
Spese come i miliardi di Euro destinati all’acquisto degli F35 (armi da guerra travestite da mezzi per difendersi, in un paese che si professa pacifista). O quelli che le pubbliche amministrazioni (e quindi i cittadini) pagano per non essere stati ottemperati correttamente alcuni degli obblighi previsti dall’UE (come quelli per la gestione dei rifiuti e delle acque le cui sanzioni sono calcolate dall’UE non su base annua, ma con cadenza “giornaliera”!). Spese molto superiori a quelle destinate all’istruzione e alla formazione (che, al contrario, potrebbe permettere un futuro e una occupazione alle nuove generazioni, che da quasi un anno sono in DAD). Molto superiori anche a quelle spese per i Navigator. Di quelle, delle altre spese, i politici hanno preferito non parlare. E i media hanno preferito non fare loro domande o inchieste giornalistiche (salvo rare e sparute eccezioni).
I Navigator, nonostante tutto il fango che, da mesi, viene gettato su di loro continuano a lavorare. Certamente più di molti personaggi che, passando da un talk show all’altro, hanno biasimato questi professionisti senza conoscere i numeri.
I numeri, quelli ufficiali, quelli veri dicono che la realtà non è quella sbandierata. Parlano di oltre 700mila beneficiari di reddito di cittadinanza convocati. E molti di questi convocati più e più volte per cercare di trovare loro un lavoro o almeno un percorso di riqualificazione professionale. Un lavoro certosino di censimento e di verifica dello stato attuale delle cose che nessuno, finora, aveva fatto. Un lavoro che, nonostante il momento di grave crisi, nonostante il lockdown, ha portato oltre 337mila persone a sottoscrivere un patto per il lavoro e a predisporre quasi 180mila piani personalizzati di accompagnamento al lavoro. A volte anche mentre i centri per l’impiego erano chiusi al pubblico.
Tra le centinaia di migliaia di imprese contattate, ben oltre 111mila hanno espresso opportunità occupazionali. Un lavoro massacrante che ha permesso a decine e decine di migliaia di persone di trovare un lavoro (e allo Stato di risparmiare tanti soldi non dovendo più corrispondere loro il reddito di cittadinanza).
Sono questi i numeri dei Navigator. Quelli ufficiali. Quelli reali. Quelli forniti dal governo. Il resto è solo spazzatura che qualcuno, per motivi che non hanno niente a che vedere con la realtà (è bene ricordarlo ancora una volta), ha scaricato addosso a questi professionisti. E senza che nessuno, neanche quelli che per primi avevano pensato a questa figura, scendesse in campo per prenderne le difese.