Il 9 marzo si sono svolte le elezioni per il nuovo presidente della Corea del Sud, l’ottavo dal 1987, anno di ritorno alla democrazia nel paese dopo decenni di dittatura militare.
Ha vinto con un margine sottilissimo, al di sotto dell’1%, il conservatore Yoon Suk-yeol, il candidato del People Power Party, il principale partito di opposizione.
Circa 44 milioni di coreani su una popolazione di 52 milioni si sono recati alle urne con un’affluenza di poco superiore al 77% degli aventi diritto.
Le elezioni sono state caratterizzate da una campagna elettorale particolarmente virulenta, con i principali candidati, Yoon e Lee Jae-myung del Partito Democratico, che si scambiavano accuse ed insulti piuttosto che confrontarsi sui rispettivi programmi politici, al punto che la stampa locale le ha definite le “elezioni degli indesiderabili.”
Come disse prima delle elezioni al Washington Post Darcie Draudt, un’esperta di politica sudcoreana dell’Istituto di Studi Coreani della George Washington University (Washington D.C.), “queste saranno le elezioni del ‘male minore,’ per cui indipendentemente da chi vinca, gli elettori saranno scontenti.”
Yoon, un ex-procuratore capo, presterà giuramento a maggio e rimarrà in carica per un singolo mandato di cinque anni. Il nuovo inquilino della Casa Blu, come è comunemente chiamato il palazzo presidenziale, eredita dall’attuale presidente Moon Jae-in del Partito Democratico, che detiene la maggioranza assoluta all’Assemblea Nazionale, un paese in crisi.
[Festeggiamenti durante un comizio risalente all’8 marzo di Yoon Suk-yeol (Riprese gentilmente concesse da Kwak Soo-guen)]
La disuguaglianza sociale in forte crescita, i prezzi altissimi delle abitazioni, una natalità ai minimi storici e gli effetti della peggior ondata di Covid-19 saranno tra i temi di politica interna più scottanti che Yoon dovrà affrontare.
Durante la campagna elettorale, Yoon ha promesso di costruire 2,5 milioni di abitazioni per calmare un mercato immobiliare impazzito ed in un discorso ai propri sostenitori dopo la vittoria ha detto che avrebbe messo “in atto delle politiche di welfare per aiutare la parte più debole della popolazione,” senza però specificare quali.
Per quanto riguarda la pandemia, Yoon ha promesso che la sua squadra di transizione si concentrerà su come migliorare il sistema sanitario nazionale e su come sostenere i settori economici più colpiti.
Anche in politica estera, Yoon non avrà vita facile. Si dovrà infatti confrontare con una situazione geo-eco-politica in rapido cambiamento. Innanzitutto dovrà chiarire la politica nei confronti della Corea del Nord. Yoon durante la campagna elettorale ha ripetutamente criticato la posizione pacifista e di riavvicinamento di Moon nei confronti del Nord.
Yoon è un accanito proponente della denuclearizzazione della penisola coreana e alcuni osservatori temono che una posizione troppo rigida nei confronti di Kim Jong Un, il presidente della Corea del Nord, possa sortire effetti negativi sui già difficili rapporti inter-coreani.
Nei rapporti col Nord pesa sempre l’ombra degli Stati Uniti. L’alleanza con gli Stati Uniti non è in dubbio, infatti il presidente americano Joe Biden è stato il primo a congratularsi con Yoon e, nel corso della telefonata. Biden ha riconfermato l’impegno americano a proteggere la Corea del Sud e di coordinarsi per fronteggiare il pericolo posto dal programma di missili balistici del Nord.
Questo rafforzamento dei rapporti con gli Stati Uniti, però, potrebbero creare delle tensioni nei rapporti con la Cina, soprattutto alla luce della crescente rivalità USA-Cina.
Per quanto riguarda i rapporti con l’altro grande vicino, il Giappone, Yoon ha espresso l’auspicio che i rapporti bilaterali siano costruttivi e orientati al futuro. Le relazioni fra i due principali alleati regionali degli USA hanno subito un peggioramento durante la presidenza Moon per i continui riferimenti al periodo dal 1910 al 1945 in cui la penisola coreana era una colonia giapponese. Il primo ministro giapponese, Fumio Kishida, giovedì ha espresso il desiderio di migliorare i rapporti fra i due paesi, ma che considera conclusa la questione delle riparazioni con l’accordo tra i due paesi del 1965.
Yoon avrà circa due mesi di tempo per condurre una transizione necessaria ad approntare un programma per il quinquennio di presidenza, ma non sarà un compito semplice dato che il Partito Democratico del presidente uscente Moon detiene la maggioranza assoluta all’Assemblea Nazionale, il parlamento monocamerale della Corea.