Bisogna vigilare non solo sull’uso delle nuove tecnologie, ma anche sulle tantissime fake news che travolgono i preadolescenti e gli adolescenti.
Un recente articolo pubblicato dall’Avvenire, firmato da Gigio Rancilio, affronta uno dei temi a cui ho dedicato tantissime ricerche e studi. Mi riferisco alle fake news e al loro impatto sui giovani.
L’articolo del giornale della CEI (Conferenza Episcopale Italiana) riporta i dati di un’indagine, pubblicata nel settembre 2021, sul British Journal of Developmental Psychology. Ecco quello che emerge in modo chiaro: “È soprattutto verso l’età di 14 anni che i bambini iniziano a credere alle “teorie complottiste” e alla disinformazione”. E ancora: “Molti adolescenti hanno difficoltà a valutare la credibilità delle informazioni online”.
Secondo l’importante rivista Scientific American: “La quasi totalità degli studi sul come si propagano la disinformazione e le teorie del complotto non tiene mai conto dei giovani”.
La British Psychological Society sostiene che: “Il 60 per cento dei britannici crede in almeno una teoria del complotto”.
In realtà il rischio vale per tutti e in Italia ancora non si è raggiunta una piena consapevolezza del problema e non si affronta abbastanza. Eppure, durante la pandemia siamo stati sommersi dalle bufale e anche i social sono stati costretti a correre ai ripari.
E sono i numeri a sottolinearlo: a quasi il 60 per cento degli italiani è capitato di considerare vera una notizia letta su Internet che poi si è rivelata falsa, mentre il 23 per cento ha condiviso in rete contenuti per scoprire successivamente che erano infondati. In particolare, le principali vittime delle fake news sono coloro che sulla rete vanno in modo saltuario.
L’articolo della rivista Scientific American aggiunge: “Troppi pochi ragazzi stanno partecipando a incontri di vera qualità sull’alfabetizzazione digitale e mediatica. Molti si concentrano nel sottolineare la bontà di ciò che viene pubblicato dai giornali, come se non esistessero testate che ospitano anche voci e articoli che diffondono complotti e disinformazione”.
Un elemento abbastanza discusso riguarda la possibilità di: “Spingere gli studenti a essere scettici su tutte le informazioni può anche avere aspetti negativi inaspettati. Perché alla lunga lo scetticismo porta a credere che tutto sia potenzialmente falso o manipolato”.
Io ho analizzato le fake news in tutti i loro aspetti, approfondendo l’importante attività di Debunking che serve a contrastare le bufale.
La pratica di debunking sta ad indicare chi mette in dubbio e smaschera bufale, affermazioni false, esagerate o diffamatorie, voci dubbie, pretenziose o anti-scientifiche.
Vi sono tre elementi che frenano il debunking: la velocità delle fake, la natura della discussione che si crea attorno alla voce prima del debunking e l’efficacia virale.
Nei confronti di una notizia possiamo assumere due atteggiamenti. Il primo riguarda il Pregiudizio di conferma. Una sorta di miopia dell’informazione: la nostra decisione è praticamente già presa in partenza perciò, cercando informazioni su un determinato argomento, tenderemo a privilegiare i dati e le informazioni a sostegno di ciò in cui crediamo, finendo per renderci ciechi di fronte a quelle. Il secondo si basa sul Ragionamento regolato. La nostra mente e la nostra capacità di ragionare sono influenzate da quelle che sono le nostre conoscenze e convinzioni preesistenti, anzi, finiranno per opporre resistenza a qualsiasi tentativo di chiunque di mostrarci una tesi opposta. Inoltre, dobbiamo stare molto attenti perché in tutto questo agiscono anche altri fattori che possono essere analizzati e studiati.
L’assimilazione partigiana è la tendenza ad interpretare e rielaborare le nuove informazioni di modo che coincidano con le nostre opinioni.
L’effetto dei medianemici è la convinzione che determinati media o testate giornalistiche esprimano costantemente un punto di vista totalmente opposto rispetto alle nostre opinioni, che anzi siano prevenuti contro di esse.
La polarizzazione di gruppo ci mostra come le altre persone attorno a noi hanno i nostri stessi sentimenti su un determinato argomento e questo rafforza le nostre convinzioni.
La ripetizione e voci terroristiche è la continua presenza di un rumor che ha effetto sulla sua credibilità.
La smentita trasparente è la dimostrazione che il debunking può rivelarsi un’arma a doppio taglio: quando neghiamo una storia, al tempo stesso contribuiamo ancora una volta alla sua diffusione perché continuiamo, anche involontariamente, a diffondere la notizia.
Diventa improcrastinabile il superamento della crisi del giornalismo che deve riacquistare il suo ruolo di “Cane da guardia della democrazia” proprio mettendo in campo un’opera costante di smentita delle fake news. In questa battaglia diventa fondamentale il “factchecking”, il controllo delle fonti un tempo rigorosa regola dei media tradizionali.
Non è facile la strada da seguire e a livello internazionale si continua a lavorare moltissimo.Howard Schneider, direttore del Center for News Literacy,ha tenuto corsi per insegnare agli studenti come comprendere le informazioni. “Gli educatori e in generale tuttigli adulti – dichiara –devono fare un grande passo avanti su questi temi. Invece che preoccuparci a difendere le nostre categorie di appartenenza, dobbiamo pensare al bene comune”.
Insomma, volendo citare il fondatore di Gawker Media, Nick Denton: “È tutto là fuori. Metà è vero, metà è falso. E non sai quale metà sia quale”. Io sono convinto che non si potrà fermare la diffusione delle fake news attraverso una legge. Oggi è necessario avere un’educazione di base, costruire processi di sensibilizzazione in grado di coinvolgere i nostri ragazzi per aiutarli a capire come si fa a comprendere se una notizia è falsa o vera. L’unica regola certa è quella del ragionamento, della preparazione personale e del saper controllare dal punto di vista emotivo gli eventi.