Il titolo del vertice internazionale per la Pace in Ucraina svoltosi qualche giorno fa è stato “Peace by Peaceful means – Se vuoi la Pace costruisci la Pace”.
Oltre 400 i partecipanti registrati. L’idea: lanciare un appello globale, una “Dichiarazione di Vienna per la Pace”, rivolto ai leader politici per un cessate il fuoco e avviare negoziati di pace. I lavori si svolgeranno sia in presenza, a Vienna, che online. Per l’Italia è presente anche “Europe For Peace”, composta da circa 600 organizzazioni ed organizzatrice nei mesi scorsi delle manifestazioni nazionali di Roma e delle giornate di mobilitazione territoriale per la Pace. NEW ISPUkraine 2023 – Event Program (peacevienna.org)
Poi è arrivata la notizia che il presidente degli USA, Biden, avrebbe deciso di “regalare” bombe vietate in oltre 110 paesi delle Nazioni Unite (molti dei quali facenti parte della NATO) e tutto ha assunto un altro tono. Questi negoziati sono apparsi inutili. Appare sempre più evidente che almeno una parte dei paesi in guerra (non scherziamo: pensare che siano solo due i paesi in guerra è un errore banale) non ha alcuna volontà di “costruire la Pace”. Ucraina e USA in primis.
La prima è ferma sulle proprie posizioni: invece di chiedere aiuti umanitari, si ostina a pretendere armi e armamenti e il suo leader gira il mondo indossando quello che ormai è il suo abito di scena, la mimetica. Dal canto loro, gli USA appaiono in affanno dietro alle numerose polemiche di quanti cominciano a domandarsi se le decine di miliardi di armi e armamenti regalate ad un paese in guerra oltre mare non sarebbero stati più utili per risolvere i (tanti) problemi interni. E pur di non perdere l’ennesima guerra (a conti fatte le guerre che hanno combattuto negli ultimi decenni le hanno perse tutte: si pensi a quanto è avvenuto in Afhganistan), hanno deciso di regalare armi di distruzione di massa. Armi che il leader ucraino si è precipitato a dire saranno usate solo sul territorio … ucraino.
Intanto in Europa, a febbraio, nel bel mezzo della polemica se concedere o meno altre armi all’Ucraina per aiutarla a fronteggiare l’invasione russa, il Parlamento Europeo ha approvato (489 voti favorevoli, 36 contrari e 49 astenuti) una risoluzione di sostegno all’Ucraina. Poco dopo a Kiev si è tenuto un summit tra UE e Ucraina e poche settimane dopo anche la Commissione Europea ha parlato di “regalare” armi e armamenti all’Ucraina. Anzi è andata oltre dicendo che per farlo si sarebbero potuti utilizzare i fondi del PNRR. Ancora polemiche e posizioni discordanti culminate nella decisione del Parlamento Europeo che, con 446 voti a favore, 67 contrari e 112 astenuti, ha dato via libera alla legge per la produzione di munizioni ASAP per “rafforzare” la capacità produttiva europea e sostenere lo sforzo bellico dell’Ucraina anche grazie all’introduzione di misure specifiche, tra cui un finanziamento di 500 milioni di euro.
Decisioni che potrebbero creare un precedente pericoloso. All’interno dell’UE questa materia è oggetto della Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 2009/43/CE del 6 maggio 2009 (e successive modifiche e integrazioni) che indica le condizioni dei trasferimenti all’interno delle Comunità dei prodotti per la difesa. E quella presa nei mesi scorsi appare una forzatura pesante. Ancora più complessa la situazione in Italia: qui la legge sul controllo e l’esportazione ed importazione di materiali d’armamento risale addirittura al 1990. La legge 9 luglio 1990, n.185, “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”, è importantissima: serve a consentire al Parlamento di controllare gli scambi di armi e armamenti con i paesi esteri. Con le limitazioni del caso per i paesi dell’UE e per i paesi membri della Nato.
Nel 2012, il Parlamento ha approvato il decreto legislativo n. 105, “Modifiche ed integrazioni alla legge 9 luglio 1990, n. 185, recante nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento, in attuazione della direttiva 2009/43/CE, che semplifica le modalità e le condizioni dei trasferimenti all’interno delle Comunità di prodotti per la difesa, come modificata dalle direttive 2010/80/UE e 2012/10/UE per quanto riguarda l’elenco di prodotti per la difesa”. Una norma che, all’art. 5 (Relazione al Parlamento), prevede che “Il Presidente del Consiglio dei Ministri invia al Parlamento una relazione entro il 31 marzo di ciascun anno in ordine alle operazioni autorizzate e svolte entro il 31 dicembre dell’anno precedente, anche con riguardo alle operazioni svolte nel quadro di programmi intergovernativi o a seguito di concessione di licenza globale di progetto, di autorizzazione globale di trasferimento e di autorizzazione generale o in relazione ad esse, fermo l’obbligo governativo di riferire analiticamente alle Commissioni parlamentari circa i contenuti della relazione entro 30 giorni dalla sua trasmissione”. LEGGE 9 luglio 1990, n. 185 – Normattiva
Ma non basta il comma 2. del suddetto articolo prevede anche che i “Ministri degli affari esteri, dell’interno della difesa, delle finanze, dell’industria, del commercio e dell’artigianato, delle partecipazioni statali e del commercio con l’estero, per quanto di rispettiva competenza, riferiscono annualmente sulle attività di cui alla presente legge al Presidente del Consiglio dei Ministri il quale allega tali relazioni alla relazione al Parlamento di cui al comma 1”. Comma 3. “La relazione di cui al comma 1 dovrà contenere indicazioni analitiche – per tipi, quantità e valori monetari – degli oggetti concernenti le operazioni contrattualmente definite indicandone gli stati di avanzamento annuali sulle esportazioni, importazioni e transiti di materiali di armamento e sulle esportazioni di servizi oggetto dei controlli e delle autorizzazioni previste dalla presente legge. La relazione dovrà contenere inoltre la lista dei Paesi indicati nelle autorizzazioni definitive…..”.
Siamo a Luglio ma di questa Relazione nessuno ha parlato. Né la maggioranza né l’opposizione. A gestire queste informazioni dovrebbe essere l’Autorità nazionale – UAMA (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento).
Sulla pagina web ufficiale del ministero degli Esteri riguardante l’UAMA si ricorda che “La legislazione italiana ed europea è integrata, nell’ambito delle articolate procedure valutative nazionali, dagli atti di carattere normativo, di indirizzo e di armonizzazione in ambito ONU, UE, OSCE ed Intesa di Wassenaar; dai risultati delle periodiche consultazioni fra Paesi Membri nel Gruppo di lavoro della Politica Estera e di Sicurezza Comune del Consiglio dell’Unione Europea sul controllo degli armamenti convenzionali (COARM); e dalle previsioni del Trattato sul commercio delle armi (ATT), cui l’UE, nell’ambito della strategia europea in materia di sicurezza, dedica fondi ed attività a sostegno della sua piena attuazione ed universalizzazione”.
Ma anche che “sul piano multilaterale l’Autorità nazionale – UAMA segue i lavori del COARM in ambito SEAE; della Commissione Europea sull’applicazione della Direttiva 43/2009/CE; del Wassenaar Arrangement (on Export Controls for Conventional Arms and Dual- Use Goods and Technologies), firmato il 19 dicembre 1995 dai 17 Stati membri dell’ex-Coordinating Committee for Multilateral Export Controls (COCOM), tra cui l’Italia; dell’Arms Trade Treaty (ATT), il Trattato internazionale sul commercio delle armi, cui l’Italia ha aderito nel 2013, per la parte relativa all’elaborazione dei rapporti nazionali e relative politiche”. Ma della relazione relativa al commercio internazionale di armi e armamenti non sembra esserci traccia.
Lo scorso anno fu la Rete Italiana per la Pace e il Disarmo a denunciare che, per anni, la Relazione annuale ex Legge 185/90 non è stata nemmeno discussa nelle competenti Commissioni parlamentari. Negli ultimi anni a questo argomento sono state dedicate alcune sedute parlamentari. Delle armi vendute o comprate nel 2022 non è facile trovare traccia. La relazione relativa al 2022 è particolarmente importante: sarebbe importante capire quali e quante armi l’Italia ha venduto (o regalato) e a quali paesi. E tra questi all’Ucraina. Non bisogna dimenticare che questo paese non è membro dell’UE e nemmeno della Nato.
Un documento ancora più importante dopo la decisione degli USA di regalare armi di distruzione di massa all’Ucraina. Armi che l’Italia (e molti paesi europei) hanno deciso dovrebbero essere messe al bando.