Nel 2015, un film dal titolo “il caso Spotlight” ripercorse i passaggi che, nel 2002, avevano portato un team di giornalisti del Boston Globe a denunciare l’omertà della Chiesa cattolica sugli abusi sessuali su decine e decine di minori da parte di oltre 70 sacerdoti, nell’arco di una trentina d’anni, a Boston negli USA. L’inchiesta, premiata col premio Pulitzer, fece emergere un sommerso che andava ben oltre l’immaginabile e includeva coperture e silenzi dei piani più alti.
Nei giorni scorsi dal sito ufficiale della Segreteria di Stato vaticana è possibile scaricare in formato pdf, a piè di pagina, il rapporto McCarrick, che ripercorre un evento simile in 461 pagine. Anzi, se possibile, ancora più grave.
Basta sfogliare il documento, basato sulla documentazione degli archivi della Santa Sede, la nunziatura di Washington, le diocesi Usa coinvolte e decine e decine di interviste a testimoni e vittime, per restare a bocca aperta. “L’invito che mi permetto di rivolgere a chiunque cerchi risposte è di leggere interamente il documento e non illudersi di trovare la verità in una parte piuttosto che un’altra”, ha detto il cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin durante la presentazione. Scorrere queste pagine fa rabbrividire.
A differenza del caso Spotlight, in questa indagine responsabili delle violenze non sono decine di preti poi coperti dai vertici della Chiesa, ma uno degli esponenti di spicco della Chiesa stessa: Theodore McCarrick, oggi 90enne, già arcivescovo di Washington (nel 2000) e cardinale (2001). Impunito per quasi mezzo secolo.
Tutto inizia nei primi anni ’70, quando una famiglia profondamente religiosa di New York incontra un sacerdote. Prima lo invita a cena, poi alle feste di compleanno. Per quella famiglia l’amicizia di un prelato così influente significa molto. Diventa quasi uno di famiglia: chiama i ragazzi “nipoti”.
Non serve molto per capire che McCarrick, divenuto vescovo di Metuchen, non è chi sembrava e che è attratto dai ragazzi: la madre vede McCarrick strofinare le cosce dei suoi figli allora adolescenti con un “tocco inappropriato”. Col tempo, McCarrick porta i ragazzi adolescenti in viaggi notturni con altri “nipoti”. La madre denuncia l’accaduto ai Cardinali degli Stati Uniti e al nunzio papale a Washington DC, ma, temendo ripercussioni, lo fa in forma anonima.
In poco tempo alla sua si uniscono altre denunce: emergono decine e decine di casi di violenze e abusi su giovani e seminaristi (anche minorenni). Secondo il rapporto, un sacerdote della diocesi di Metuchen avrebbe denunciato di “aver notato l’attività sessuale” di McCarrick con un altro prete, ma di non essere stato considerato affidabile perché lui stesso “aveva precedentemente abusato di due adolescenti”.
Nel 1992 e nel 1993, altre lettere anonime accusano McCarrick di pedofilia “con suoi ‘nipoti’”. “Si sapeva che McCarrick aveva condiviso il letto con giovani uomini adulti nella residenza del vescovo a Metuchen e Newark” e “con seminaristi adulti nella casa al mare sulla costa del New Jersey”.
Ciò nonostante, McCarrick non viene processato nè allontanato (prassi usuale secondo il rapporto Spotlight) da quel territorio. Anzi, per decenni, di tutto questo non si parla affatto.
Da quando sono state lanciate le prime denunce, tre pontefici si sono succeduti: Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco. Quanto i primi due Papi sapessero della vicenda non è ancora ben chiaro. “La documentazione evidenzia che Papa Giovanni Paolo II prese personalmente la decisione di nominare McCarrick e lo fece dopo aver ricevuto il parere di diversi consiglieri di fiducia su entrambe le sponde dell’Atlantico”, si legge nel rapporto.
Secondo gli autori, nel 2000, quando si stava valutando l’opportunità di metterlo a capo dell’arcidiocesi di Washington, l’allora Cardinale arcivescovo di New York, John Joseph O’Connor, avrebbe scritto una lettera al Papa nella quale faceva riferimento ad alcune accuse circa “l’attività sessuale di McCarrick con un altro sacerdote”. Accuse confermate da “una serie di lettere anonime, inviate alla Conferenza episcopale degli Stati Uniti, al Nunzio apostolico e a vari Cardinali degli Stati Uniti già nel 1992 e nel 1993, che accusavano McCarrick di pedofilia con suoi ‘nipoti’”. Sarebbero proprio queste accuse a far desistere il Papa dalla decisione.
Ma Giovanni Paolo II cambia presto idea: lo fa dopo aver letto, il 6 agosto 2000, la lettera che McCarrick scrisse invia al segretario di Wojtyla, l’attuale cardinale Stanislaw Dziwisz (forse informato della mancata nomina a Washington e delle accuse).
McCarrick ribadisce che “Nei settanta anni della mia vita, non ho mai avuto rapporti sessuali con alcuna persona, maschio o femmina, giovane o vecchio, chierico o laico, né ho mai abusato di un’altra persona o l’ho trattata con mancanza di rispetto”. Wojtyla chiede un supplemento di indagine, ma tre dei quattro vescovi americani interrogati in merito a queste accuse dal Papa forniscono informazioni poco accurate e incomplete circa la condotta sessuale di McCarrick con giovani adulti.
Solo ricevere queste informazioni avrebbe dovuto far riflettere Papa Giovanni Paolo II. Tanto più che, come si legge nel rapporto, “conosceva McCarrick da tempo, dopo averlo incontrato per la prima volta alla metà degli anni ’70. McCarrick interagì con lui frequentemente, sia a Roma che durante i viaggi all’estero, inclusa la visita del Papa a Newark nel 1995 e in occasione dei soggiorni annuali a Roma per la Papal Foundation”. Eppure, stranamente, Papa Giovanni Paolo II non si ferma.
Dopo la morte di Giovanni Paolo II, “All’inizio del pontificato di Benedetto XVI, – si legge nel rapporto – le informazioni ricevute dalla Santa Sede relative alla condotta di McCarrick furono generalmente simili a quelle che erano state a disposizione di Giovanni Paolo II al momento della nomina a Washington”. Ancora una volta, inspiegabilmente, nel 2005, anche Papa Benedetto XVI decide “di prolungare di due anni il mandato di McCarrick a Washington”.
Fino a quando non arrivano nuove accuse sul comportamento che molti avevano finto di non vedere e “la Santa Sede cambia drasticamente il proprio orientamento e cerca con urgenza un nuovo arcivescovo per la sede di Washington, chiedendo a McCarrick di dimettersi “spontaneamente” dall’ufficio dopo la Pasqua del 2006”.
Nel 2013, in Vaticano viene eletto Papa Francesco. Ma il comportamento omertoso nei confronti dell’ormai ottantenne Mc Carrick, però, non cessa: nessuno si prende la briga di fornire al nuovo Papa la documentazione su McCarrick. Si accenna solo a voci e accuse su una “condotta immorale con adulti” del Cardinale. La (blanda) giustificazione della Segreteria di Stato vaticana è che “fino al 2017” non erano state presentate al Vaticano accuse circostanziate di abusi su minori. Ma poi arrivano e allora non è più possibile fingere di non vedere. E inizia il processo canonico.
Un processo che si conclude con due sentenze: chiedere a McCarrick di dimettersi dal collegio cardinalizio, nel 2018, per “atti contrari al sesto comandamento del decalogo che hanno coinvolto minori e adulti” e dichiararlo “dimesso dallo stato clericale”, a febbraio del 2019 come anche riportato dal quotidiano nazionale La Stampa.
Ma lo scandalo non finisce qui: tutto viene rimesso nel cassetto e dell’accaduto non si parla per quasi due anni, fino a pochi giorni fa!
Torna alla memoria il caso Spotlight: fino agli anni Novanta le lettere arrivate ai Cardinali e alla Nunziatura di Washington non erano state prese in considerazione perché non fornivano nomi e circostanze dettagliate o perché anonime. Solo durante il pontificato di Papa Francesco, viene finalmente adottato un nuovo Vademecum sugli abusi della Congregazione per la Dottrina della Fede che invita a non cestinare automaticamente le denunce anonime: “l’anonimato del denunciante non deve far ritenere falsa in modo automatico tale notizia”.
Secondo il rapporto, solo “nel giugno 2017, l’arcidiocesi di New York avrebbe appreso la prima accusa conosciuta di abuso sessuale di una vittima di età inferiore ai 18 anni compiuto da McCarrick agli inizi degli anni ’70”. Per “atti contrari al sesto comandamento del decalogo che hanno coinvolto minori e adulti”. Sarebbe questo l’unico motivo che ha permesso a McCarrick di condurre una vita dissoluta? Il rapporto McCarrick dice che il vecchio porporato era considerato un “gran lavoratore” e un “efficace raccoglitore di fondi” ma dice che le “donazioni” ricevute nel corso degli anni non avrebbero influenzato le scelte del Vaticano.
“Ora è il momento che i nostri leader si riuniscano in uno spirito di unità nazionale e si dispongano al dialogo e all’impegno per il bene comune”, ha detto il presidente della Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti, l’arcivescovo di Los Angeles, José H. Gomez. Il bene di chi? Dei ragazzi violentati per decenni e che erano terrorizzati all’idea di denunciare il porporato che aveva abusato di loro?
Nella lettera che accompagna la pubblicazione del rapporto, il cardinale Pietro Parolin ammette che molte cose che non hanno funzionato. Cose che hanno portato il Pontefice a volere alcune riforme, dall’abolizione del segreto pontificio all’indicazione di non cestinare automaticamente le denunce anonime. Ma, come si legge nella nota, alla fine “tutte le procedure, compresa quella della nomina dei vescovi, dipendono dall’impegno e dall’onestà delle persone interessate. Nessuna procedura, anche la più avanzata, è esente da errori, perché coinvolge le coscienze e le decisioni di uomini e donne”.
Un modo forse troppo semplicistico di stendere un velo pietoso sulle violenze sui minori condotte da uomini di Chiesa. Violenze che troppo spesso sono rimaste impunite. Celate dietro un muro di gomma. Un muro che neanche il rapporto McCarrick è riuscito ad abbattere: i risultati del rapporto (e della decisione della Chiesa di cacciare McCarrick) sono stati resi noti con un ritardo inspiegabile. Secondo alcuni si sarebbe trattato di una scelta diplomatica della Santa Sede: attendere che negli Usa si votasse per le presidenziali e che fosse certo il vincitore prima di lasciar trapelare il contenuto del rapporto McCarrick. Il rischio non era secondario dato che uno dei due candidati, Biden, è cattolico. Svelare i contenuti del rapporto prima avrebbe potuto spaccare in due la chiesa americana sul tema della pedofilia. E anche una parte dell’elettorato.