C’è un pezzo di Russia all’interno dei confini dell’UE. É Kaliningrad un “pezzetto” di Russia (copre 5.800 miglia quadrate) che confina da una parte con il Mar Baltico dall’altra con la Lituania e a sud con la Polonia. Si trova completamente staccata dal territorio russo: dista circa 800 miglia (1.300 km) da Mosca.
All’inizio del secolo scorso era un centro di grande rilevanza il cui nome era Königsberg: venne scelta come sede per l’incoronazione del re di Prussia. Dopo la Prima Guerra Mondiale, e la sconfitta dell’Impero tedesco, la Prussia orientale (con Königsberg al centro) venne separata dal resto dello stato tedesco con un corridoio, detto corridoio di Danzica, che venne assegnato alla Polonia. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, una delle rivendicazioni di Hitler fu proprio ricollegare la Prussia orientale al resto della Germania. Alla fine della Grande Guerra, nel 1945, i leader di Russia, Gran Bretagna e USA, ovvero Stalin, Churchill e Truman, si incontrarono a Potdam per stabilire i “nuovi confini” dell’Europa. Königsberg venne ceduta all’Unione Sovietica e ribattezzata Kaliningrad, in onore di Mikhail Kalinin, rivoluzionario bolscevico. La popolazione tedesca venne espulsa e vi si insediarono i sovietici.
Nei giorni scorsi, i giornali hanno dedicato grande spazio all’ingresso della Finlandia nella Nato. E hanno sottolineato l’importanza strategica e geopolitica che ha la vicinanza dell’Alleanza atlantica con i confini russi. Quello che hanno dimenticato di dire è che questo problema esisteva già. Ma in senso inverso. I cambiamenti dell’ex Unione sovietica hanno lasciato questo pezzetto di terra russa circondato da paesi Nato.
Con la migrazione (politica) della Lituania a ovest, Kaliningrad è rimasta più isolata che mai e dipendente dalla Russia per quasi tutto. Ogni mese almeno 100 treni merci rifornivano questo avamposto russo passando attraverso la Lituania. Fino al 2021 milioni di tonnellate di petrolio, coke e carbone e altri beni venivano trasportati via terra.
Qui tutto era più economico che nei paesi confinanti a causa dell’estrema povertà e del trattamento fiscale favorevole concesso dalla Russia. In compenso la criminalità organizzata era molto diffusa. Una delle attrattive principali per i turisti erano i casinò. Tutto questo non sembrava dispiacere ai paesi confinanti. Almeno fino ai primi anni duemila, la convivenza è stata tollerata, anche se mai del tutto amichevole. Nel 2017, in occasione dell’esercitazione militare russa nota come Zapad, la Lituania decise di costruire delle barriere fisiche al confine.
Dopo l’attacco russo all’Ucraina, però, i rapporti diplomatici con la Lituania sono peggioranti rapidamente. A metà 2022, la situazione è radicalmente cambiata: le ferrovie statali lituane non hanno più permesso al ferro, all’acciaio e ad altre merci provenienti dalla Russia di essere trasportate via terra a Kaliningrad. Una restrizione di circa il 15% dei 3,7 milioni di tonnellate di merci trasportate dalla Russia a Kaliningrad nella prima metà del 2022.
In un primo momento, il governatore della regione, Anton Alikhanov, dichiarò che il trasporto di queste merci sarebbe avvenuto via mare, da San Pietroburgo. Poi, il ministero degli Esteri russo accusò la Lituania di violare il diritto internazionale e gli accordi sulla facilitazione del transito dalla Russia continentale siglati nel 2004. Una situazione critica che richiese il coinvolgimento dell’UE. L’alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri, Josep Borrell, dichiarò in una conferenza stampa che la Lituania era “innocente”, ma che i funzionari avrebbero “ricontrollato” tutti gli accordi.
Una crisi che ha evidenziato il ruolo eccezionale di questo pezzetto di territorio e che ha riportato indietro alle dispute e agli scontri che caratterizzarono la Guerra Fredda. Dal punto di vista strategico, l’importanza di Kaliningrad non è cambiata: era e rimane una delle principali basi della flotta sovietica del mar Baltico. Questa città, più isolata e più dipendente che mai dalla “madre patria”, resta un gigantesco avamposto militare dove sono stanziate truppe e armamenti a un passo dal confine dell’UE. Nel 2012, la Russia avrebbe installato in questo pezzetto di terra i sistemi antimissilistici a lungo raggio S-400 e, nel 2016, il sistema missilistici d’attacco Iskander, capaci di trasportare testate nucleari. Secondo diversi esperti occidentali (oltre che secondo il governo lituano), la Russia manterrebbe a Kaliningrad armi nucleari.
Kaliningrad e lo stretto corridoio che la collega alla Bielorussia, il cosiddetto varco di Suwalki, sono stati definiti “il punto debole della NATO”: secondo alcuni se mai la Russia decidesse di attaccare militarmente la Nato (cosa comunque assai improbabile, al momento), la prima azione potrebbe partire proprio da Kaliningrad.
Lo scorso anno, l’Economist affermò che questo avrebbe potuto non essere un vantaggio strategico per la Russia: in caso di ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato, sarebbe stato più difficile per l’esercito russo rompere l’isolamento di Kaliningrad. Una tesi che, però, non tiene conto di un altro aspetto importante: l’isolamento di questo avamposto potrebbe diventare una scusa per la Russia incrementare la presenza di navi da guerra nel mar Baltico. E questo farebbe aumentare il pericolo di scatenare una guerra.
Intorno a Kaliningrad non ruotano solo interessi economici e strategici. C’è anche un pezzo della famiglia Putin: Lyudmila Putina, ex moglie del leader russo, è nata proprio in questo sperduto “pezzetto di Russia”.