Nel 2012, fece scalpore la vicenda di due militari italiani, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, i due “marò”, arrestati e finiti sotto processo in India con l’accusa di omicidio. Una vicenda sin dal primo momento dai toni “strani”. Che ci facevano i due marò in India su una nave, la Enrica Lexie, privata? E poi. Secondo alcune dichiarazioni, i due avrebbero reagito all’attacco di un’imbarcazione di pirati e avrebbero risposto al fuoco uccidendo alcuni “pirati”. E ancora. Il fattaccio sarebbe avvenuto mentre erano in acque internazionali.
Completamente diversa la versione del tribunale di Kerala: lo scontro a fuoco sarebbe avvenuto in acque territoriali indiane e l’imbarcazione un peschereccio a bordo del quale si trovavano dei semplici pescatori. La diatriba è diventata un caso internazionale che ha coinvolto le massime autorità (perchè in altri casi – come nei casi di sottrazione internazionale di minori – non si vede mai tanta partecipazione?).
Nei giorni scorsi a mettere una pietra sulla vicenda è stato il Tribunale arbitrale dell’Aja che ha dichiarato che della vicenda devono occuparsi i giudici italiani. Non una assoluzione, quindi, come avrebbero potuto far pensare i commenti di Di Maio che ha twittato gongolante: “Chiusi tutti i procedimenti giudiziari in India nei confronti dei nostri due marò, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre” e “Grazie a chi ha lavorato con costanza al caso, grazie al nostro infaticabile corpo diplomatico. Si mette definitivamente un punto a questa lunga vicenda”. E nemmeno quelli di Gentiloni che, da Bruxelles, ha commentato: “Si chiude il caso con l’India. Un successo della diplomazia italiana”.
In realtà, la vicenda non è affatto chiusa. Semplicemente è stata solo trasferita ad un tribunale italiano. Non prima, però, di aver versato una cospicua sommetta alle autorità indiane. A giugno, con tre voti a favore e due contrari, il Tribunale arbitrale dell’Aja ha deciso che la questione sarebbe stata trasferita solo dopo il versamento di 100 milioni di rupie (poco più di 1 mln di Euro!), a titolo di risarcimento per le famiglie dei pescatori e del proprietario dell’imbarcazione sulla quale si trovavano. Poco se si pensa che si aprla di vite umane perse. Molto, se si pensa a quanto vale una vita umana in India. E poi perchè un risarcimento? Durissimo il commento di Paola Moschetti, moglie di Latorre: “Carne da macello per i politici”. “È ora di chiedersi perché le autorità militari vogliono mantenere il segreto su ciò che sa e vuole dire” ha aggiunto. “Presto Massimiliano si presenterà alla procura di Roma. Da nove anni sono costretta a parlare a nome di mio marito. A lui è stato fatto esplicito divieto di parlare, pena pesanti sanzioni”.
Probabilmente, molti dei lati oscuri emersi dopo il fattaccio avvenuto nel 2012 non saranno mai del tutto chiari. A cominciare dal vero motivo per cui militari italiani erano su quella nave. I due marò facevano parte dei Nuclei Militari di Protezione. Un gruppo della Marina Militare Italiana che, dal 2011 al 2015, è stato incaricato proteggere navi cargo italiane in acque internazionali. Ma dietro lauto compenso da versare da parte degli armatori NMP Nuclei Militari di Protezione – Marina Militare.
Il decreto che prevede tale possibilità è stato introdotto nel 2011: autorizzava il Ministero della Difesa a “stipulare con l’armatoria privata italiana convenzioni per la protezione delle navi battenti bandiera italiana”. E a farlo “a richiesta e con oneri a carico degli armatori” che avrebbero potuto utilizzare i “Nuclei Militari di Protezione (NMP) della Marina” avvalendosi “anche di personale di altre Forze Armate e del relativo armamento previsto per l’espletamento del servizio” in alternativa ai servizi di vigilanza privata. In cambio, spiega il terzo comma dell’articolo del decreto legge, gli armatori “provvedono al ristoro dei corrispondenti oneri mediante versamenti all’entrata del bilancio dello Stato entro sessanta giorni”. In pratica, i militari italiani formati, addestrati e armati con i soldi dei contribuenti, potevano essere utilizzati (e pagati) da soggetti terzi per fare da guardie del corpo in missioni all’estero!
Altra domanda: chi ha pagato il milione di Euro di risarcimento previsto dalla sentenza del Tribunale dell’Aja? Lo stato italiano o l’armatore? E perchè visto che il tribunale dell’Aja avrebbe solo definito la competenza territoriale non la colpevolezza o meno dei marò? A ricordarlo è il difensore legale di Latorre, l’avvocato Fabio Anselmo: “L’inchiesta italiana stabilirà se Girone e Latorre sono innocenti o colpevoli. Però, mi chiedo, se non dovessero emergere prove e i due marò dovessero risultare innocenti, cosa avrebbe pagato l’Italia all’India, un ‘riscatto’?” Un aspetto tutt’altro che secondario anche dal punto di vista dell’immagine del paese: nei giorni scorsi un giornale britannico ha parlato di “immunità dall’accusa”.
E ancora. quella mossa nei confronti dei due marò, agli occhi di molti, è apparsa più come una forma di precisone politica ed economica (visti i numerosi appalti tra i due paesi) che una reale voglia di giustizia: sin dall’inizio, le autorità indiane hanno escluso per i due marò la possibilità di ricorrere alla pena capitale, sebbene prevista dalle leggi indiane per le accuse mosse verso di loro.
Tanti, troppi punti interrogativi e lati oscuri su una vicenda che era e rimane poco chiara. E sulla quale non è stata ancora scritta la parola fine: il sostituto procuratore Erminio Amelio ha aperto fascicolo d’indagine per “omicidio volontario” e, nelle prossime settimane, i due fucilieri della Marina dovranno essere ascoltati dai PM di Roma.