Dopo la scelta, discutibile e discussa, di affidare la gestione delle COP le Conferenze delle Parti per la riduzione delle emissioni di CO2 nel mondo a tre Paesi grandi produttori di combustibili fossili (Egitto, Arabia Saudita e, nel 2024, Azerbaijan), un’altra decisione rischia di mettere a dura prova la credibilità delle Nazioni Unite.
La presidenza del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite per l’anno 2024 è stata affidata al Marocco. La decisione è stata non unanime: dei 47 membri del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, 30 hanno sostenuto la candidatura del Marocco, 17 quella del Sudafrica. A giustificare la scelta del Marocco la linea politica del Re Mohammed VI in materia di protezione e promozione dei diritti umani. Durante la sua presidenza, il Marocco ha promesso di proseguire sulla strada intrapresa nei tre mandati in seno al Consiglio dei Diritti Umani, privilegiando sempre il dialogo, l’incontro e il consenso.
La decisione di eleggere il Marocco ha sollevato molte polemiche. Secondo l’ultimo report redatto da Human Rights Watch, nell’ultimo periodo, “le autorità marocchine hanno intensificato le vessazioni nei confronti di attivisti e critici e continuato a detenere e sottoporre dissidenti, giornalisti, blogger e difensori dei diritti umani a processi iniqui. Le leggi che limitano le libertà individuali sono rimaste in vigore, comprese le leggi che discriminano le donne e le persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender (LGBT)”. Molte le critiche sul sistema penale (alcuni dissidenti di alto profilo avrebbero dovuto affrontare violazioni come detenzioni preventive prolungate, impossibilità di accedere ai fascicoli giudiziari, coercizione di individui a testimoniare a favore dell’accusa e mancanza di notifica delle sessioni processuali che hanno portato a condanne in contumacia). Nell’ultimo periodo, le autorità avrebbero continuato a ostacolare le associazioni che lottano per i diritti umani come l’Associazione marocchina per i diritti umani (AMDH), il più grande gruppo indipendente del Paese in questo settore: da gennaio 2023, le autorità hanno rifiutato di elaborare le formalità amministrative per 74 delle 99 filiali locali dell’AMDH, impedendo loro di aprire nuovi conti bancari o affittare spazi. Fonti dell’AMDH hanno riferito che altri gruppi civici sono stati ostacolati nello stesso modo. Grave la situazione anche sotto il profilo della libertà di parola. In Marocco, il Codice penale punisce azioni che possono “causare danni” all’Islam o alla monarchia e “incitare contro” “l’integrità territoriale” del Marocco. Da oltre un decennio, giornalisti e attivisti di alto profilo sono stati perseguiti con processi iniqui per reati gravi come riciclaggio di denaro, spionaggio, stupro, aggressione sessuale e traffico di esseri umani. “Tra le tattiche per mettere a tacere il dissenso, le autorità hanno fatto ricorso a procedimenti giudiziari iniqui, sorveglianza digitale e televisiva, campagne di molestie da parte dei media vicini alla corte reale noti come Makhzen, sorveglianza fisica, aggressioni e intimidazioni e attacchi ai parenti degli attivisti”, si legge nel report di Human Rights Watch.
Durissimo anche il giudizio di Amnesty International che ha denunciato l’uso della forza contro le persone che tentavano di attraversare il confine tra il Marocco e l’enclave spagnola di Melilla, causando almeno 37 morti. Secondo AI, “la legislazione nazionale è rimasta inadeguata a proteggere e promuovere il diritto a un ambiente pulito e sano”.
Prima dell’elezione dell’ambasciatore del Marocco Omar Zniber, il suo avversario sudafricano, l’ambasciatore Mxolisi Nkosi, aveva espresso un giudizio pesantissimo sul Paese del suo avversario dicendo che è “l’antitesi di ciò che il Consiglio rappresenta”. In un’intervista Nkosi ha detto che eleggere il Marocco avrebbe minato la credibilità dell’organismo. “Per un Paese con tutte queste sfide aspirare ad essere il volto del Consiglio per i Diritti Umani e, Dio non voglia, se viene eletto, questo manderà in frantumi qualsiasi brandello di legittimità che questo Consiglio abbia mai avuto”.
Il candidato ambasciatore del Marocco, Omar Zniber, ha detto che la decisione finale è stata possibile anche grazie al sostegno dell’Unione Africana che mesi fa lo aveva indicato come unico candidato. Ha aggiunto anche che, oggi, il Marocco è un Paese rispettoso della legge e che ha fatto progressi significativi sui diritti umani. Zniber ha definito alcune delle critiche ricevuto (come quelle sulle politiche adottate dal Marocco nel Sahara occidentale) come “bugie e propaganda”.
Qualche anno fa, scoppiò uno scandalo quando venne eletto a far parte dello stesso organismo delle Nazioni Unite un delegato dell’Arabia Saudita. Le polemiche che seguirono furono pesantissime. La crisi di credibilità che seguì mise in pericolo la sopravvivenza stessa dell’organismo: molti si domandarono se altri Paesi (le accuse vennero mosse verso Russia e Cina) avessero diritto di farne parte, date le loro storie recenti.
Il Consiglio si riunisce più volte all’anno a Ginevra. È tra i maggiori organismi intergovernativi a livello globale a tutelare i diritti umani in tutto il mondo. Per questo la decisione su chi lo gestisce e dirige non può essere messa in discussione così spesso. A meno che non si intenda volontariamente distruggerne la credibilità. Come è avvenuto per le Conferenze delle Parti, le COP.