Le sconvolgenti rivelazioni contenute in un capitolo dell’ultimo libro di Bruno Vespa “Perché Mussolini rovinò l’Italia (e come Draghi la sta risanando)” edito da Rai – Mondadori circa le pressioni che sarebbero state esercitate nei confronti del segretario UDC Lorenzo Cesa per assicurane i voti a favore del Governo Conte ter, stanno scuotendo il Paese, alla vigilia dell’elezione del nuovo Capo dello Stato.
Furono momenti convulsi che diedero origine ad un articolo su Lo Spessore, spero gustoso, che illustrava le strategie di quei giorni attraverso un insolito racconto di antiche tattiche venatorie.
Secondo il decano del giornalismo televisivo italiano – mai smentito in occasione di altre inquietanti rivelazioni contenute nelle decine di libri ad oggi pubblicati – nelle giornate frenetiche del gennaio scorso, quando il governo giallo-rosso guidato da Giuseppe Conte venne messo in crisi dal ritiro dei ministri di Italia Viva, un alto funzionario dei servizi segreti si sarebbe recato nell’abitazione romana di Cesa per convincerlo a dare il proprio appoggio alla periclitante coalizione che tentava di pervenire ad un terzo governo in continuità con quello precedente, anche al fine di scongiurare il temuto avvento di un governo Draghi. Per restare in tema di spionaggio, potremmo definire quella fase “I tre giorni di Ciampolillo” senza però alcun Robert Redford in circolazione.
Intervistato al riguardo, il segretario dell’ultimo scampolo della Democrazia Cristiana avrebbe risposto in modo anodino, senza confermare né smentire l’accaduto e le relative modalità.
Poiché non è immaginabile che il suddetto funzionario abbia assunto un’iniziativa personale, è legittima la preoccupazione che si sia cercato di esercitare una pressione molto preoccupante per la tenuta democratica del Paese, esercitando un ruolo che la Costituzione e le leggi escludono perentoriamente. Una disposizione riconfermata impone ora il divieto assoluto ad ogni funzionario dell’intelligence di avere rapporti con personalità della politica.
L’accaduto sembra però confermare il ruolo anomalo che i “servizi” pare abbiano svolto nella storia del Paese con particolare intensità nell’attuale infinita legislatura, segnata da tre governi, diversissimi tra loro ma nelle prime due versioni presiedute dalla stessa persona, peraltro ignota alla quasi totalità degli italiani fino al 2018, per non dire in Europa e che non ha mai dato delega per i servizi, come peraltro era prassi da decenni, ora ripristinata con la nomina ad Autorità Delegata del sottosegretario Franco Gabrielli e al DIS dell’ ambasciatrice Elisabetta Belloni.
Le altalenanti vicende politiche italiane hanno riconfigurato più volte nei decenni lo schema dei servizi di intelligence la cui storia è ufficialmente illustrata nel sito governativo.
Della corposa bibliografia sui servizi italiani va segnalata la trilogia “Storia dei Servizi segreti italiani, dall’Unità d’Italia alle sfide del XXI” secolo di Antonella Colonna Vilasi la saggista italiana, docente di intelligence in Svizzera e negli Stati Uniti. Vi si trova la storia degli imbelli servizi che non seppero anticipare la notizia dell’attentato che si preparava contro Umberto I a Monza, l’OVRA di Mussolini, il ruolo della CIA nell’Italia del Piano Marshall e, decenni dopo, della P2, di “Mani Pulite”, del Teorema Buscetta e di tanto altro che può essere utile conoscere e tenere a mente.
Visto che del tema si parlerà tanto nei prossimi giorni, può essere utile ricapitolare la struttura organizzativa dei servizi segreti il cui operato in ogni democrazia è sempre attentamente tenuto con molta attenzione dentro il perimetro costituzionale, pur nella riservatezza necessaria alla loro operatività.
Il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica è così composto: Presidente del Consiglio dei ministri, l’Autorità delegata, il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (CISR), il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS), l’Agenzia informazioni e sicurezza esterna (AISE) l’Agenzia informazioni e sicurezza interna (AISI).
La vigilanza politica è assegnata al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (COPASIR), organo bicamerale composto da 5 senatori e 5 deputati scelti in maniera tale da garantire comunque la rappresentanza paritaria della maggioranza e delle opposizioni. Il Comitato è presieduto da un esponente dell’Opposizione, un’altra grana durata mesi che il Parlamento ha dovuto affrontare per sostituire il riluttante Raffaele Volpi della Lega e quindi nella maggioranza nel governo Draghi, con Adolfo Urso esponente di Fratelli d’Italia, unico partito non al governo.
Al riguardo va riportato un gustoso teatrino riportato dal Post del 23 marzo secondo cui: “Lo scontro tra Lega e Fratelli d’Italia, i due principali partiti della destra, sulla nomina del presidente del COPASIR, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica che esercita il controllo sulle attività dei servizi segreti e ha ampi poteri. Attualmente il presidente, Raffaele Volpi, nominato nel 2019, è della Lega: ma la legge prevede che l’incarico spetti a un partito di opposizione, condizione in cui in questo momento si trova soltanto Fratelli d’Italia, che quindi lo pretende. I giuristi sembrano prevalentemente d’accordo con la richiesta, ma la Lega sta opponendo una certa resistenza, appellandosi a un precedente di una decina di anni fa che però sembra avere caratteristiche sostanzialmente diverse.”.
Il Presidente del Consiglio dei ministri può delegare le funzioni che non gli sono attribuite in via esclusiva alla suddetta Autorità delegata che può essere ricoperta da un sottosegretario di Stato o da un ministro senza portafoglio, che non può esercitare ulteriori funzioni di governo.
La legge prevede che l’Autorità delegata informi costantemente il Presidente del Consiglio dei ministri sulle modalità d’esercizio delle funzioni delegate. L’Autorità delegata fa parte del Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (CISR) e presiede il Collegio di vertice, composto dal Direttore generale del DIS e dai Direttori dell’AISE e dell’AISI. Come già ricordato, nel governo Draghi essa è in capo al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Franco Gabrielli, già capo della Polizia e il lettore ricorderà le polemiche sorte nel Governo Conte bis per la riluttanza del presidente a rilasciare la delega di cui sopra. Ma questa è un’altra storia che, fortunatamente ad avviso di chi scrive, appartiene al passato.
Come al passato, almeno si auspica, appartengono le pagine più buie della cosiddetta “strategia della tensione” il tentato golpe Borghese, i generali felloni, i tintinnii di sciabole, la strage di Ustica del 27 giugno del 1980, la cosiddetta “trattativa stato- mafia” e tanti altri episodi che oggi fanno la fortuna di note trasmissioni televisive del servizio pubblico e non. Non mancano tuttavia pagine ancora inesplorate come la sparizione dell’agente segreto Emanuele Piazza il 16 maggio del 1990 a Palermo o il tragico evento che costò la vita all’eroico Nicola Calipari nel corso della liberazione della giornalista del Manifesto, Giuliana Sgrena, a Baghdad il 4 marzo del 2005.
Il mondo dei servizi e il tema dello spionaggio era tornato agli onori della cronaca il 30 marzo con l’arresto in flagrante del capitano di fregata della Marina Militare Walter Biot, in servizio all’ufficio Politica Militare del Ministero della Difesa dove si occupava di decretare la sicurezza dei documenti dello Stato maggiore. Era stato fermato in un parcheggio insieme ad un ufficiale delle forze armate russe durante uno scambio di denaro.
Biot fu arrestato dai carabinieri del Ros con l’accusa di spionaggio mentre l’addetto militare all’ambasciata Aleksej Nemudrov e all’addetto per l’esercito Dmitrij Ostroukhov, furono espulsi dall’Italia. Coincidenza, imperizia dell’ufficiale italiano, padre di quattro figli nel ruolo di spia de noantri e iscritto al club dei “tengo famiglia” o effetti del nuovo corso governativo?
Dopo la sentenza del Tribunale del Riesame del maggio scorso che ha confermato la disposizione di custodia cautelare, l’ufficiale italiano è attualmente detenuto nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere. Atteso che la durata massima di detta misura è di un anno per la pena edittale del reato contestato (venti anni) il processo di primo grado sarà celebrato il prossimo anno: sarà interessante, potrebbe rivelare altre sorprese e generare qualche ricaduta politica di non poco rilievo. Speriamo che Biot non ami il caffè.
Della vicenda destinata ad avere ripercussioni sui rapporti con la Russia di Vladimir Putin, a far discutere su eventuali collegamenti con la politica italiana e tanto, tanto altro, colpì l’ammontare del compenso pagato all’ufficiale italiano.
La somma di cinquemila euro sequestrata durante l’incontro avvenuto in un parcheggio della capitale apparve sinceramente tanto esigua quanto patetica e, per quanto sia stata accertata come una rata di pagamento di servizi pregressi, demolisce il mito di uno spionaggio cinematografico, alla Mission Impossible, a base di transazioni milionarie sul deep web, scenografici luoghi del mondo con il contorno di bellissime spie dal fascino mortale. La storia, stavolta vera, sembra piuttosto somigliare alle vicende dell’imbranato “Sarto di Panama” o del disperato “Uomo all’ Avana” poveretti entrati in mondi più grandi loro e di cui saranno gli unici a pagare le spese.
Ancora oggi, nonostante la fine dell’Unione Sovietica, le “Spie di Cambridge”, i doppiogiochisti che servirono il loro paese solamente per tradirlo, e in modo premeditato, sono ricordate con grande ammirazione dai servizi segreti russi, che continuano a onorare l’operato di cui hanno beneficiato. Un mito per il giovane Putin che crebbe sotto la protezione di Yuri Andropov e nei sotterranei insonorizzati del Palazzo della Lubjanka nella piazza moscovita dove tra il 1958 e il 1990 ha svettato la statua di Feliks Dzeržinskij il fondatore della CECA nel 1926, poi diventata KGB. Nel 1991 fu rimossa dai manifestanti liberali dopo il fallimento del tentativo di colpo di stato contro Michail Gorbačëv.
Come ho ricordato nel mio articolo sull’anniversario della caduta del Muro, un’epoca finiva ed una nuova sembrava stesse per iniziare nell’ex URSS, pur con la cautela indicata da Lawrence Feringhetti ai rivoluzionari del proprio tempo “Svita le serrature delle porte, ma non buttare via i cardini”. E così è stato nella Russia oligarchica del nuovo zar senza corona.
A differenza del grande spionaggio internazionale che ha reso miliardi di dollari al cinema statunitense, le vicende di casa nostra hanno un retrogusto in salsa di ragù irrancidito in cui convivono eroi come Calipari ma anche piccoli ingranaggi difettosi come Biot. Un “aroma” che sembra ristagnare non più intorno al check point Charlie ed a scenari da film, quanto piuttosto in sordidi giochi di Palazzo a cui per troppi anni il Paese è sembrato ormai essersi rassegnato, come testimoniato dall’alto livello di astensionismo dell’elettorato, considerato ormai un dato strutturale.
D’altronde, perché stupirsi? Non è forse l’Italia la patria anche dei Borgia?