In diverse occasione, mi sono occupato della narrazione del fenomeno mafioso nella società postmoderna. Le strategie comunicative sono cambiate e in particolare ha assunto importanza la social rappresentazione delle nuove generazioni mafiose che guidano le organizzazioni mafiose.
Gli omicidi dei giudici Falcone e Borsellino, gli attentati degli anni Novanta, raccontati attraverso i giornali e la televisione, gli arresti eccellenti, crearono una narrazione, furono stati i media a fornire una rappresentazione, che definì per la prima volta la realtà di Cosa Nostra attribuendo senso e significato. Ma allo stesso tempo i media diventarono la cassa di risonanza di un messaggio, la mafia, che voleva infondere insicurezza, paura nell’opinione pubblica. Sono stati mostrati numerosi particolari legati alla vita dei criminali e l’informazione ha spettacolarizzato gli eventi. La narrazione dei fatti di cronaca nera è stata costruita sugli aspetti della spettacolarizzazione.
La mafia ha cercato di adeguarsi ai nuovi modelli relazionali e ha sfruttato le nuove tecnologie. Infatti, è diventata sempre più invisibile e ha mostrato il suo volto seduttivo. Il boss Matteo Messina Denaro è stato arrestato dopo 30 anni di latitanza. Probabilmente, anche i nuovi strumenti tecnologici hanno favorito la sua lunghissima latitanza.
Come ha affermato la professoressa Antonia Cava: “L’insieme di immagini e parole che circonda lo spettatore nasce dai gesti insensati di persone reali, dalla brutale spietatezza di uomini e donne apparentemente normali, dall’impeto dell’irrazionalità, dalla crudeltà di persone come noi. La violenza che uccide riguarda tutti noi, ogni spettatore che segue attonito il racconto di queste terribili storie sul piccolo schermo. Per diventare un racconto mediatico, questa dura realtà deve consentire la possibilità di sviluppare la narrazione senza trascurare gli aspetti passionali: l’amore, l’eros e anche un po’ di glamour”.
La mafia si è adattata ai nuovi modelli relazionali e sta utilizzando la tecnologia come risorsa per la gestione dei suoi flussi finanziari e lo sviluppo delle attività criminali. A confermare i miei studi anche nuovi report. Il giornalista Joska Arena ha scritto un articolo, pubblicato ilsicilia.it, in cui ha spiegato l’evoluzione della mafia nel cyberspazio. È stato pubblicato il rapporto “Le mafie nel cyberspace”, realizzato dalla fondazione Magna Grecia e presentato venerdì 14 giugno alla Camera dei Deputati.
“Lo studio “Le mafie nel cyberspace” rivela che le mafie operano digitalmente in modo strutturato, strategico e coordinato. Esistono correlazioni tra riciclaggio di denaro, criminalità informatica, cripto-asset e corruzione. Il dark web rappresenta un luogo ideale per le mafie: è discreto, relativamente sicuro e permette di mantenere l’anonimato grazie alle tecnologie di pseudonimia e crittografia”. Internet risulta un luogo privilegiato per riciclare denaro, commettere frodi finanziarie ed estorsioni online. La mafia è molto interessata al metaverso e al dark web. Tutto questo è davvero pericoloso e diventa un rischio per l’economia.
In Sicilia la criminalità organizzata ha compreso che è possibile sfruttare il cyberspace. La rete garantisce lo svolgimento di operazioni più sicure. La cybersecurity è un tema affrontato dal dibattito politico. È stato portato a termine uno studio per cercare di capire quanto siano vulnerabili le istituzioni.
“Secondo il rapporto, nel 2022, l’Italia ha investito 1,85 miliardi di euro in cybersicurezza, pari allo 0,1% del PIL, un aumento del 18% rispetto al 2021. Questo incremento è stato stimolato dall’aumento degli attacchi informatici, spesso collegati a entità hacker russe in seguito all’invasione dell’Ucraina. Tuttavia, l’Italia rimane il Paese del G7 che investe meno in cybersecurity, con cifre ben inferiori a quelle di Usa e Gran Bretagna. Il Clusit (Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica) ha registrato 188 attacchi gravi in Italia nel 2022”. L’Italia sta cercando di rafforzare le proprie infrastrutture di cybersecurity. Nino Foti, presidente della Fondazione Magna Grecia ha detto: “Dopo l’esperienza dello scorso anno, abbiamo sentito l’esigenza di predisporre un secondo rapporto che esaminasse l’ibridazione delle mafie nel mondo digitale, rivelando come si siano evolute negli ultimi anni per sfruttare le opportunitá offerte dalla tecnologia. Grazie a un accurato lavoro di analisi abbiamo sviluppato un indice che permette di determinare in modo sintetico l’effettivo livello di rischio di istituzioni e imprese in caso di attacchi informatici. Disporre di una misura sintetica come questa é fondamentale per orientare le decisioni della politica, poichê fornisce un quadro chiaro e comprensibile della portata e dell’evoluzione delle minacce cibernetiche, consentendo ai policy maker di valutare l’impatto socioeconomico della criminalitá informatica in un dato territorio e di prendere le decisioni conseguenti con un approccio piú razionale e piú efficace”.
Il Procuratore della Repubblica di Napoli, Nicola Gratteri, ha dichiarato che: “Le mafie sono molto avanti e sfruttano tutto ciò che è possibile sfruttare per avere potere e denaro. Nel corso di questi ultimi anni non è stata fatta una programmazione rispetto a quelli che sono i bisogni per contrastare le mafie. Questo rapporto ha una visione di futuro che chi ha amministrato negli ultimi anni non ha avuto, prova ne è che noi fino a pochi anni fa avevamo la migliore polizia giudiziaria del mondo che riusciva ad essere dominante su tutti i tavoli internazionali mentre oggi non abbiamo bucato nessuna piattaforma. Per me è umiliante come investigatore italiano e come pubblico ministero dover aspettare la tecnologia di olandesi, francesi e tedeschi e che siano loro a dettare i tempi e l’agenda nel coordinamento internazionale”.
Purtroppo, le mafie continuano ad avere forza attrattiva. Le nuove generazioni diventano un “bacino di reclutamento” da cui attingere “manovalanza criminale”. La segretezza e l’invisibilità si uniscono agli effetti della vetrinizzazione social e le gesta criminali diventano spettacolo. Troviamo criminali social influencer che riescono ad avere tantissimi follower. Questa falsa rappresentazione della realtà facilita l’esercizio del “dolce potere” della criminalità organizzata, che opera in modo più nascosto, aumentando le sue ramificazioni. Fedele a sé stessa, mantiene una struttura coesa in grado di agire a livello locale con i tradizionali strumenti di controllo del territorio e a livello globale in grado di intercettare tutte le possibilità di alimentare il proprio potere.
Allora, è necessario ed urgente educare i giovani alla legalità. Noi adulti abbiamo la responsabilità di ascoltarli e di non abbandonarli in quest’epoca che ha bisogno di riscoprire l’importanza dell’onestà e della lealtà.