Se qualcuno dovesse dire qual è il paese dove più che in ogni altro sono rispettati i diritti umani, certamente molti risponderebbero la Svizzera.
Da secoli questo paese ha cercato di tenersi fuori da conflitti e scontri internazionali dichiarandosi neutrale. Non è un caso se molte delle sedi delle Nazioni Unite si trovano proprio in questo paese. La seconda sede delle Nazioni Unite a livello globale si trova a Ginevra. Qui sorge anche la sede del Commissario Speciale per i Diritti Umani. E quella dell’Alto Commissario per i Rifugiati. A Ginevra si trova la sede dell’OCSE l’Organizzazione per la Cooperazione lo Sviluppo in Europa, la sede della CRI la Croce Rossa Internazionale, la sede dell’ILO l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, l’IOM l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, l’ISO ovvero l’Organizzazione Internazionale per la Standardizzazione. E poi l’Unione Internazionale delle Telecomunicazioni o UIT, l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura o IUCN, l’Unione Internazionale per la Protezione delle Nuove Varietà Vegetali o UPOV. Ginevra è sede della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo o UNCTAD, della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UNECE), dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e di una sfilza di enti e organizzazioni internazionali da fare impressione.
Da oltre un secolo decine, centinaia di organizzazioni hanno scelto la Svizzera per le loro sedi. Non solo per il fatto che è il paese da sempre più neutrale nei conflitti armati, ma anche perché spesso questo paese viene visto come rispettoso dei diritti umani. Recentemente, tutto questo però non è bastato ad evitare che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo CEDU, che ha sede in Francia, a Strasburgo, decidesse di emettere una possibile condanna nei confronti della Svizzera. Secondo i giudici di Strasburgo le autorità svizzere non avrebbero fatto abbastanza per proteggere i propri cittadini dal riscaldamento globale. Nei confronti della Svizzera erano state presentate non una ma ben tre cause per inazione climatica. L’unica dichiarata ammissibile dalla CEDU è stata quella presentata dalle Anziane per il Clima, un gruppo di attempate ambientaliste aiutate da Greenpeace e assistite dal Global legal action network. Secondo le arzille signore numerosi studi scientifici dimostrerebbero che durante le ondate di caldo aumenta il rischio di mortalità e di problemi sanitari per le persone anziane. Rischi e danni, secondo le ricorrenti, che avrebbero dovuto essere considerati dalle autorità che, invece, non avrebbero adottato misure specifiche. Per questo i giudici hanno ravvisato da parte della Svizzera la violazione dell’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, sul rispetto della vita privata e familiare, e dell’articolo 6 sull’accesso alla giustizia. Inutile dire che il Parlamento elvetico ha respinto la sentenza sostenendo che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha travalicato le proprie competenze e dichiarando che le misure adottate dalla Svizzera contro i cambiamenti climatici sono più che idonee. Già a maggio, in Svizzera, la Commissione degli affari giuridici del Consiglio degli Stati, aveva criticato la CEDU affermando che era “andata oltre le sue competenze, ossia la protezione dei diritti individuali dallo Stato, creando di fatto nuovi diritti umani in ambito ambientale, ciò che non le compete”, come aveva dichiarato Daniel Jositsch. Anche il Consiglio nazionale svizzero ha approvato una nota nella quale si rileva “con preoccupazione” che la sentenza “oltrepassa i limiti dell’interpretazione dinamica” e che la CEDU ha “travalicato i limiti dello sviluppo del diritto concessi a un tribunale internazionale”.
L’azione delle anziane ambientaliste svizzere potrebbe essere solo la punta dell’iceberg. Pare che non sia questa l’unica causa intentata nei confronti di un governo per il mancato rispetto delle promesse ambientali. A Grande-Synthe, piccolo comune dell’Alta Francia, l’ex-sindaco Damien Carême, ha denunciato il governo centrale per non aver fatto quanto in suo potere per mantenere i livelli di emissione di gas serra entro i limiti che si era fissati. Questo avrebbe comportato la violazione di due articoli della Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo: l’articolo 2 e l’articolo 8.
Ma la causa più interessante forse è quella avviata da un gruppo di giovani portoghesi (il più anziano poco più che ventenne) che hanno agito nei confronti non di uno ma addirittura di 32 paesi europei. L’accusa rivolta ai governi è di aver adottato politiche climatiche inadeguate. In questo caso, oltre agli articoli 2 e 8 della Convenzione europea, i giovani avrebbero parlato di violazione anche l’articolo 14 sul divieto di discriminazione.
Tutte cause che potrebbero incrinare i rapporti tra i governi europei e le organizzazioni internazionali. Le sentenze della CEDU potrebbero indebolire la sua figura come istituzione mettendo in dubbio la sua stessa legittimità o dall’altro lato il suo potere (nel caso in cui non venissero rispettate). Farlo significherebbe non solo liberalizzare danni sempre maggiori all’ambiente, ma soprattutto indebolire la tutela dei diritti umani in Europa in cambio di una presunta rivendicazione della propria sovranità da parte di certi paesi.
Gli stessi che non hanno avuto niente da dire quando per decenni sono stati violati i diritti dei minori. O quando sono stati messi in discussione accordi, trattati e convenzioni riguardanti i diritti umani. Ora che ad essere messe in dubbio sono le loro politiche verdi, quelle che loro non sono riusciti a far rispettare, ecco che tutti parlano di sovranità nazionale dicendo di avere già fatto abbastanza per la tutela del clima e di aver rispettato i propri impegni istituzionali.
Affermazioni smentite non solo dalle dichiarazioni di un numero ristretto di anziane ambientaliste e dai loro avvocati. Ma dai dati ufficiali che gli stessi governi diffondono. Numeri che anno dopo anno, confermano che in barba alle mille promesse sbandierate, per l’ambiente di sta facendo davvero poco.