In occasione della ricorrenza dell’infame omicidio del Giudice Rosario Angelo Livatino, oggi 21 settembre 2020, a distanza di 30 anni, si ricorda la sua figura come simbolo di coraggio e unione tra giustizia ed etica religiosa che ha sempre contraddistinto un grande uomo tra i più importanti magistrati della storia della Sicilia.
Rosario Angelo Livatino nasce a Canicattì nel 1952 e si laurea alla Facoltà di Giurisprudenza di Palermo all’età di 22 anni. Dopo aver vinto il concorso in magistratura nel 1979, inizia la sua carriera forense, fino a diventare, nel 1981, magistrato presso il Tribunale di Agrigento.
Proprio per il suo impegno nel lavoro, per aver vissuto la sua professione come un servizio che aiutava il prossimo, dedito alla giustizia, era diventato un bersaglio dell’organizzazione criminale ‘’La Stidda’’, contrapposta a Cosa Nostra.
Rosario Livatino voleva cogliere il significato più profondo della legge e applicarla in maniera tale da farla diventare la salvezza dell’uomo, unico strumento per realizzare una società fatta da uomini dignitosi.
Il 21 settembre 1990 quattro ignobili ventenni “stiddani” posero fine alla sua vita in un agguato mentre il giovane giudice percorreva, come sempre senza scorta, un tratto autostradale per recarsi al Tribunale di Agrigento. L’agguato fu piuttosto cruento perché la vettura di Livatino fu speronata e Livatino stesso tentò una disperata fuga a piedi ma venne raggiunto e ucciso da diversi colpi di arma da fuoco.
Rosario Livatino era molto amato da colleghi e concittadini proprio per la sua umanizzazione della giustizia, per l’aiuto che cercava di dare per migliorare la sua comunità anche attraverso la fede in Dio, fece anche arrivare a delle vere e proprie rivelazioni riguardo la sua stessa morte da parte dei suoi assassini, successivamente pentiti del loro gesto.
Il 30 aprile del 1986 a Canicattì in un suo intervento ebbe a dire:
“La giustizia è necessaria, ma non sufficiente, e può e deve essere superata dalla legge della carità che è la legge dell’amore verso il prossimo e verso Dio, ma verso il prossimo in quanto immagine di Dio, quindi in modo non riducibile alla mera solidarietà umana” perché “la legge, pur nella sua oggettiva identità e nella sua autonoma finalizzazione, è fatta per l’uomo e non l’uomo per la legge’’