L’ultimo rapporto dell’Agenzia italiana del farmaco italiana (AIFA) conferma quanto molti ripetono da anni: i vaccini anti-Covid approvati e distribuiti in Italia (e nel mondo) non sono in grado di prevenire il contagio. La risposta è arrivata a seguito della domanda inviata dall’associazione Arbitrium PSG, che a giugno aveva interpellato l’Agenzia con una richiesta di accesso agli atti. Ora la risposta ricevuta potrebbe aprire nuovi scenari. L’AIFA pur ribadendo l’importanza della vaccinazione come strumento chiave per controllare la pandemia, ha ammesso che i vaccini non forniscono una protezione completa contro l’infezione, specialmente con l’emergere di varianti più contagiose come la Delta e la Omicron. La differenza sta tutta nei termini: tra immunità sterilizzante e protezione dalla malattia. La maggior parte dei vaccini, compresi quelli per il Covid-19, è progettata per ridurre la trasmissione, ma non per impedire del tutto l’infezione. Una differenza non da poco specie se si pensa alle campagne per la vaccinazione condotte nel 2020 e nel 2021 e per il costo per le casse dello Stato (e dell’Unione europea dove è ancora da chiarire la questione dei rapporti della von der Leyen con una grossa casa farmaceutica proprio in relazione ai finanziamenti per l’acquisto dei vaccini). Ma soprattutto se si pensa agli effetti collaterali legati all’uso di questi vaccini.
Un problema – quello degli effetti collaterali – che non riguarda solo i vaccini anti-Covid. Da anni, l’argomento è oggetto di discussioni accorate. C’è chi vorrebbe maggiori garanzie sui farmaci prescritti. E chi (come molte case farmaceutiche) finora ha pensato che, per tutelarsi, basta riportare nei cosiddetti bugiardini (un nome che già di per sé è uno spettacolo), i possibili effetti collaterali. Per tutelarsi, forse. Ma non per giustificare l’utilizzo di certi prodotti: in alcuni casi, le case farmaceutiche ammettono che assumere i loro prodotti può causare addirittura la morte!
Partendo da queste dichiarazioni, Prescrire, una rivista medica particolarmente autorevole, ha presentato una “black list” nella quale sono riportati un centinaio (105 per l’esattezza) di farmaci che sarebbero più dannosi che utili per la salute. Nell’elenco figurano antinfiammatori di largo uso, medicinali da banco che molti cittadini, anche italiani, potrebbero avere in casa, argille medicate utilizzate in vari disturbi gastro-intestinali, sciroppi per la tosse e molti altri. Ma anche farmaci per malattie gravi o per patologie oncologiche o cardiache. L’elenco è lunghissimo.
Come per i vaccini diffusi e, in certi casi, imposti durante la pandemia la domanda è una sola: possibile che nessuna autorità abbia detto nulla su tutto questo? Sperare che potessero farlo di propria sponte le case farmaceutiche è ridicolo. Con la vendita di farmaci e vaccini le case farmaceutiche incassano centinaia di miliardi di dollari ogni anno. E registrano profitti per decine di miliardi di dollari. Anche con la vendita di vaccini contro il Covid-19 è stato così. Guadagni “in larga parte dovuti a decenni di ricerca finanziata da investimenti pubblici, miliardi di sovvenzioni per lo sviluppo e la produzione e decine di miliardi sotto forma di Accordi di acquisto avanzato (APA) con i governi”, sottolinea Somo, organizzazione olandese che indaga i comportamenti e le politiche delle grandi aziende transnazionali, nel rapporto Pharma’s pandemic profits. Solo Pfizer, la casa farmaceutica oggetto di diverse procedure nei confronti della von der Leyen (i cui documenti sono stati segretati), avrebbe generato utili netti per 25 miliardi di dollari. E poi BioNTech e Moderna, 20 miliardi a testa, e la cinese Sinovac che avrebbe incassato utili per circa 15 miliardi. C’è stato anche chi ha accusato le aziende farmaceutiche di aver approfittato dell’emergenza aumentando i prezzi dei vaccini. Ad accusare i colossi farmaceutici possessori dei monopoli sui brevetti dei vaccini Covid di far pagare ai Paesi ricchi fino a 24 volte il costo stimato di produzione. una sommetta intorno ai 41 miliardi di dollari in più sono state Oxfam e EMERGENCY, membri della People’s Vaccine Alliance (PVA) con UNAIDS e altre decine di organizzazioni. Utili incassati dalle case farmaceutiche nonostante per lo sviluppo di alcuni farmaci le stesse aziende avevano ricevuto oltre 8,25 miliardi di finanziamenti pubblici. Ora si scopre che questi soldi (sia quelli pagati dagli Stati che quelli pagati dai cittadini) non sarebbero serviti a salvaguardare i cittadini ma, al massimo, a ridurre il contagio (di quanto non è chiaro).
Eppure si tratta di farmaci responsabili di milioni di morti: uno studio canadese, pubblicato alla fine dello scorso anno, ha messo in luce un “legame causale ben definito” tra l’introduzione del vaccino anti-Covid e un aumento dei tassi di mortalità in 17 nazioni. Secondo i ricercatori i vaccini contro il Covid-19 sarebbero responsabili di circa 17 milioni di morti a livello globale, per la maggior parte persone anziane. Ma il loro numero potrebbe essere molto maggiore: il rapporto redatto da Denis Rancourt, ex professore di fisica e scienziato capo per oltre due decenni all’Università di Ottawa, insieme a Marine Baudin, Joseph Hickey e Jérémie Mercier, ha esaminato i tassi di mortalità durante la prima ondata della pandemia e in relazione alle campagne vaccinali in 17 nazioni (Argentina, Australia, Bolivia, Brasile, Cile, Colombia, Ecuador, Malesia, Nuova Zelanda, Paraguay, Perù, Filippine, Singapore, Sud Africa, Suriname, Tailandia e Uruguay). Ma queste nazioni rappresentano solo il 9,1% della popolazione mondiale. Il team di Correlation Research in the Public Interest ha scoperto che, sorprendentemente più della metà delle nazioni analizzate non ha mostrato un incremento significativo della mortalità per tutte le cause fino a dopo l’introduzione dei vaccini Covid-19 e dei relativi richiami! Ma se, come hanno finalmente ammesso le agenzie ufficiali, questi vaccini non servivano per garantire la salute dei pazienti, perché spendere decine di miliardi per utilizzarli?
Nei giorni scorsi, si è parlato di una nuova pandemia: la malattia X. I media ne hanno parlato solo di recente, affrettandosi a tranquillizzare i paesi occidentali (e gli altri?) affermando che la diffusione è molto limitata, sia come numero di casi (solo due al di fuori dei centri di diffusione) che geograficamente. Ma allora perché parlare di necessità di prevenire una nuova “pandemia”? In realtà, anche in questo caso come per il Covid-19, di vaccini contro questo virus si parla da anni. Almeno dal 2022. E l’OMS ha più volte incontrato le aziende farmaceutiche. Anche per il Covid-19, si era parlato di vaccini molti anni prima della diffusione del virus. Ma le aziende avevano rigettato l’invito a produrre dei vaccini pensando che fosse poco conveniente. Poi si sono ricredute. Il tutto, naturalmente, avendo sempre come primo obiettivo la salute dei cittadini…Forse.