Nel 1985 per ottenere il “patentino di giornalista” occorreva un lungo praticantato di cinque anni presso un quotidiano disposto a formare il giovane apprendista di buona volontà, appassionato di un mestiere quasi sempre sotto pagato e difficile.
A tutto questo va aggiunta una forte dose di pericolo se il genere ambito era quello della cronaca nera e lo era ancor di più se la città di appartenenza era Napoli in un periodo in cui il capoluogo campano viveva un quotidiano strazio di conflitti sanguinosi tra famiglie affiliate alla camorra. Famiglie che, complice la scarsa presenza dello Stato, gestivano traffici di stupefacenti in una costante lotta per l’egemonia territoriale con decine di vittime nei quartieri di Napoli e soprattutto a Torre Annunziata.
Il ventiseienne Giancarlo Siani con passione, dedizione e talento scriveva articoli di cronaca pubblicati nelle pagine centrali del quotidiano Il Mattino; proprio quelli che spesso vengono ignorati e che sembrano defilati, secondari e marginali.
Il talento per il giornalismo e quella spiccata capacità di intuizione mista al forte attaccamento alla sua terra devastata dall’abominio criminale, nei primi due anni di lavoro, lo resero capace di scrivere articoli che mostravano da un lato una preziosa ampiezza nel suo modo di analizzare il fatto e dall’altro un notevole spessore descrittivo con cui riusciva a farsi comprendere sempre in modo chiaro da tutti.
La cronaca nera è sempre considerata un terreno fragile e scivoloso dal pericolo costante per via di dettagliate descrizioni, nomi, eventi e testimonianze che spesso istigano rabbia e preoccupazione proprio dai colpevoli criminali convinti di restare sempre nell’ombra.
Un buon giornalista in grado di intuire, dedurre e fornire chiavi di lettura di oscure trame criminali fino a renderle pubbliche rappresenta per ogni criminale un intollerabile minaccia da estirpare e scongiurare il prima possibile.
Giancarlo Siani sentiva la necessità di presenziare attivamente nelle scuole prestando il suo contributo giornalistico durante dibattiti sulla micro e macro criminalità e raccontando la sua Napoli e tutti i quartieri limitrofi martoriati in quegli anni.
Il fratello Paolo, seppur orgoglioso nel vedere Giancarlo rincorrere con grande perizia il cuore della cronaca campana, ravvisò un certo timore per la pericolosità di certe argomentazioni così dettagliate e analisi così approfondite ma quasi sempre era Giancarlo stesso a rassicurarlo convinto che in fondo i suoi scritti non rivelavano niente che non fosse già di dominio pubblico alla portata consapevole di ogni cittadino campano.
Sembra emergere un filo sottile tra la passione per il mestiere del giornalista (una passione in costante ascesa nel tempo), e quella incauta, coraggiosa e famelica esigenza nel non fermarsi mai e di scrivere tutto senza soffermarsi un solo secondo a pesare e dosare le parole e quanto sia facile “pestare” i piedi di gente senza scrupoli. Non si esclude nessun dettaglio, esiste solo scrivere e raccontare la cronaca a qualsiasi costo senza perdere tempo in ripensamenti o dosaggi limitati dei contenuti e soprattutto non c’è spazio per timori di alcun genere.
Il 10 giugno del 1985 Il Mattino pubblica un articolo di Giancarlo Siani dal titolo “Camorra: gli equilibri del dopo Gionta – Cosa cambia nella geografia del crimine con l’arresto del boss”. L’articolo racconta in modo dettagliato il nuovo assetto camorristico offrendone anche una chiave di lettura piuttosto precisa relativamente all’arresto del boss descritto come un personaggio scomodo per l’alleanza di clan in una sorta di “nuova famiglia”.
Un articolo forse considerato da Siani stesso come uno dei tanti scritti di camorra senza una particolare audacia suppletiva ma che mandò su tutte le furie i clan coinvolti che decisero che quella penna seppur cosi giovane e talentuosa doveva smettere di scrivere.
Siani il 23 settembre del 1985 verso sera uscì dalla redazione del giornale diretto con la sua inseparabile Citroen Mehari alla sua abitazione in via Romaniello. Sarebbe dovuto riuscire poco dopo stavolta in direzione stadio San Paolo dove Vasco Rossi si sarebbe esibito in un suo consueto grande concerto.
La via Romaniello è una via a due accessi stretti ma entrambi senza uscita. Giancarlo posteggiò la sua auto ma non fece in tempo a scendere e tantomeno ad accorgersi che alle sue spalle due sicari lo avevano raggiunto a piedi per freddarlo con diversi colpi di pistola lasciandolo riverso nel suo posto guida. Il più giovane giornalista a cadere sotto il fuoco delle cosche in Italia.
A 35 anni di distanza dal tragico agguato, il sacrificio di Giancarlo Siani diventa per ogni giornalista che passa da Napoli una tappa obbligatoria per riflettere e per quel rispetto e orgoglio di sentirsi collega di una grande promessa del giornalismo di cronaca e di inchiesta la cui vita è stata stroncata troppo prematuramente e nel modo più vigliacco possibile.