Sono passati ormai 40 anni dal terribile terremoto dell’ Irpinia (magnitudo 6.9) che ha devastato la Campania centrale e la Basilicata centro-settentrionale (23 novembre 1980), causando 2.914 vittime, 8.848 feriti, 280.000 sfollati. Il 23 novembre si commemora l’immane tragedia che ha flagellato il Mezzogiorno, lasciando i superstiti in condizioni economiche insostenibili.
Nonostante ingenti finanziamenti per la ricostruzione delle abitazioni di pertinenza di 687 comuni di Campania, Basilicata e Puglia, in realtà molti cittadini sono rimasti senza casa per molto tempo e hanno perso tutto. Gli interventi per alleviare le sofferenze della popolazione spesso vennero rallentati o mal eseguiti a causa di inadempienze a volte correlate al malaffare. Sicuramente rimane un territorio ancora adesso ferito che stenta a risollevarsi.
La scuola e i giovani possono incidere anche sulla propria realtà locale di riferimento attraverso un’educazione sostanziata di principi improntati alla legalità e alla difesa dei diritti civili. Oggi oltre il 41% degli edifici scolastici (più di 15mila) si trova in zona sismica 1 e 2 (elevato rischio; rapporto di Legambiente 2018); un simile dato dovrebbe indurre alla riflessione. È necessario potenziare la cultura della sicurezza e della prevenzione sismica.
Il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, in merito alla terribile sciagura, non mancò di rimarcare alcuni aspetti che inchiodavano alle proprie responsabilità quanti avevano contribuito con la colpevole neghittosità ad aggravare l’esito di un evento naturale sicuramente imprevedibile ma che doveva essere affrontato in maniera diversa: “Italiane e italiani, sono tornato ieri sera dalle zone devastate dalla tremenda catastrofe sismica. Ho assistito a degli spettacoli che mai dimenticherò. Interi paesi rasi al suolo, la disperazione dei sopravvissuti. Sono arrivato in quei paesi subito dopo la notizia che mi è giunta a Roma della catastrofe, sono partito ieri sera. Ebbene, a distanza di 48 ore, non erano ancora giunti in quei paesi gli aiuti necessari. È vero, io sono stato avvicinato dagli abitanti delle zone terremotate che mi hanno manifestato la loro disperazione e il loro dolore, ma anche la loro rabbia. Quello che ho potuto constatare è che non vi sono stati i soccorsi immediati che avrebbero dovuto esserci. Ancora dalle macerie si levavano gemiti, grida di disperazione di sepolti vivi. Nel 1970 in Parlamento furono votate leggi riguardanti le calamità naturali. Vengo a sapere adesso che non sono stati attuati i regolamenti di esecuzione di queste leggi. E mi chiedo: se questi centri di soccorso immediati sono stati istituiti, perché non hanno funzionato? Perché a distanza di 48 ore non si è fatta sentire la loro presenza in queste zone devastate? Non deve ripetersi quello che è avvenuto nel Belice dove a distanza di 13 anni non sono state ancora costruite le case promesse. I terremotati vivono ancora in baracche: eppure allora fu stanziato il denaro necessario. Le somme necessarie furono stanziate. Mi chiedo: dove è andato a finire questo denaro? Chi è che ha speculato su questa disgrazia del Belice? E se vi è qualcuno che ha speculato, io chiedo: costui è in carcere? Perché l’infamia maggiore, per me, è quella di speculare sulle disgrazie altrui. Quindi, non si ripeta, per carità, quanto è avvenuto nel Belice, perché sarebbe un affronto non solo alle vittime di questo disastro sismico, ma sarebbe un’offesa che toccherebbe la coscienza di tutti gli italiani, della nazione intera e della mia prima di tutto”.
“Il modo migliore di ricordare i morti è quello di pensare ai vivi”.