La necessità di chiudere scuole e università e costringere gli studenti a rimanere a casa ha portato al ricorso alla formazione a distanza. Video-lezioni, discussione di tesi online, interrogazioni in chat. Tutti strumenti pratici e che esistono da decenni. Ma che a volte devono fare i conti con situazioni alle quali, fino ad ora, nessuno aveva pensato: non tutti gli studenti possono adoperarli. É quanto emerge dal Rapporto Istat sulla conoscenza. Secondo gli ultimi dati disponibili (e per strano che possa sembrare), in Italia solo il 94% dei giovani tra i 15-24enni usa internet. Ma si tratta di un dato che non deve trarre in inganno: sono solo 43 milioni gli italiani connessi ad internet. Gli altri “internauti” per navigare usano lo smartphone (l’89,2%). Strumento utile comodo e diffuso ma spesso inadatto a seguire lezioni lunghe e a studiare da casa. Per farlo ci vorrebbe un pc. Ma meno della metà degli italiani (il 45,4%) usa un pc da tavolo, un quarto ha un laptop o un notebook (il 28,3%) e altrettanti un tablet (il 26,1%). Il 30,5% dei ragazzi di 18-19 anni accede alla rete solo tramite lo smartphone. A questo si deve aggiungere che esiste un forte squilibrio tra Nord e Sud, isole comprese, circa la percentuale di persone che si connettono (72,3% contro 62,2% in totale).
Sotto questo profilo, l’Italia è molto indietro rispetto al resto dei paesi dell’Unione europea. Nel 2019, solo il 64% della popolazione europea tra i 16 e i 74 anni ha usato il computer quotidianamente. In Italia questa percentuale è molto più bassa, non arriva al 52% (sebbene con un netto miglioramento, +11 punti, rispetto al 2008). Non sorprende scoprire che, fino al 2018, quasi un terzo delle famiglie italiane non aveva Internet a casa. Il 28,3% delle famiglie italiane è offline. Tra le diverse regioni italiane, al top c’è il Trentino Alto Adige, seguito da Lombardia e Marche. I dati peggiori invece riguardano le regioni del Sud. Le cinque regioni che registrano le quote più basse per diffusione della rete tra le famiglie sono la Sicilia (66,9), la Puglia (66,6), il Molise (66), la Basilicata (66) e la Calabria, maglia nera con una diffusione domestica del 64,2%. Il fatto che siano tutte meridionali dovrebbe far riflettere. Come mai non sono stati fatti investimenti per le reti? E come mai nessuno ha cercato di colmare il gap (sempre crescente) che da decenni separa le regioni del Sud da quelle del Nord?
Il nuovo coronavirus sta facendo emergere i problemi di un paese. Ma anche quelli che esistono tra paesi diversi. Per ciò che riguarda la possibilità di seguire le lezioni online, il divario che esiste tra Nord e Sud Italia riguarda anche i vari paesi d’Europa: mentre nell’Europa settentrionale il 95% della popolazione è connessa a internet veloce, nell’Europa occidentale questa percentuale diminuisce (92%) e ancora peggiore è la situazione dell’Europa orientale dove solo quattro persone su cinque usano Internet. Se poi si esce fuori dall’UE il divario tra Nord e Sud cresce ulteriormente: tra i paesi che occupano il Sud del pianeta solo Australia, Nuova Zelanda e alcuni paesi dell’America del Sud riescono a superare la soglia del 60%; per il resto la percentuale di popolazione che dispone di accesso alla rete sono molto più basse (con un picco inferiore in Africa dove in alcune zone non si raggiunge il 22%). E’ vero che questi sono anche i paesi in cui sono stati registrati i miglioramenti maggiori nell’ultimo anno, ma è altrettanto vero che il gap che li separa dal resto del mondo, dai paesi “sviluppati” resta enorme.
Anche negli USA, le autorità hanno invitato gli studenti a studiare e seguire le lezioni da casa. E anche oltre oceano il divario tra poveri e ricchi, tra zone dotate di servizi e infrastrutture all’avanguardia e zone arretrate si fa notare: circa il 22% delle famiglie americane non ha Internet a casa, tra cui oltre 4 milioni di famiglie con bambini in età scolare. Ma anche qui, come in Italia, sono le famiglie povere quelle più colpite: solo il 56% delle famiglie che guadagna meno di $20.000 dispone di connessione a banda larga. Le famiglie di colore o ispaniche spesso sono prive di connessione o di una forma di collegamento idoneo a seguire lezioni online rispetto alle controparti bianche.
Anche tra gli studenti che teoricamente dispongono di Internet, non tutti gli accessi sono uguali. Secondo un recente censimento, l’8% delle famiglie che hanno Internet si affida esclusivamente alla banda larga mobile ovvero da cellulare. E ancora una volta, sono le famiglie a basso reddito e le comunità di colore quelle in cui è maggiore la probabilità di essere utenti della banda larga esclusivamente mobili. Secondo un recente studio, il divario digitale non riguarda solo le comunità rurali o le persone che non adottano la banda larga: spesso, il motivo per cui non lo fanno è che non possono permetterselo.
Per “dare i numeri”, in termini di abitanti, in Africa quasi un miliardo di persone non ha accesso a Internet. Lo stesso nel sud dell’Asia. E così per 582 milioni di cinesi. A cosa sono serviti i soldi guadagnati dalla Cina, seconda potenza economica mondiale? Anche in Europa, secondo gruppo economico al mondo per ricchezza (secondo i dati del FMI 2018/19), i numeri lasciano a bocca aperta: ancora oggi, oltre 41 milioni di persone non ha accesso alla rete “veloce”. E come ormai evidente, esiste una netta disparità tra Nord e Sud: la situazione peggiore è al Sud d’Europa dove oltre 25 milioni di persone non ha accesso alla Internet. E tra loro molti, moltissimi giovani e adolescenti, i quali vorrebbero andare a scuola o, almeno, frequentare le lezioni tenute dai propri docenti online. Ma a loro questa opportunità è vietata: non possono farlo a causa delle politiche poco lungimiranti adottate negli ultimi decenni.
Quando le scuole si spostano online, gli studenti che risiedono in aree meno fornite di servizi, quelli che appartengono ai ceti meno abbienti e i bambini di colore restano indietro. Questo non potrà che aggravare disuguaglianze sociali ed economiche ormai sistemiche. Per molti di loro, anche per quelli che non saranno contagiati dalla pandemia di cui si riempiono le prime pagine di tutti i giornali, le conseguenze saranno gravissime.