Quando gli angloamericani oltrepassarono la linea Gotica nell’aprile-maggio del 1945, tutto non fu più come prima. La storia aprì una breccia possibilista per un cambio repentino delle sorti d’Italia. Le forze partigiane entrarono nelle città del nord costringendo le truppe tedesche ad un ritiro che ne decretò la fine del fascismo.
Gioia e festa spazzarono via quel grigiore disperato di una vita priva di speranza per un futuro diverso e intanto nelle piazze, tra sorrisi, abbracci e baci, il valore storico dei partigiani divenne la risposta vincente di una Italia stanca di sopportare la crudele e spietata condotta germanica che ha sempre lasciato cadaveri fucilati e/o impiccati in ogni dove a vile dimostrazione di una arrogante forza intimidatoria insinuata nell’animo umano fino a renderlo cieco e sordo alle prese con una patologia incurabile e con una vita del tutto “sbagliata”.
In un percorso di crescita ed evoluzione sociale, la certezza che si dovrebbe avere è quella di informare e formare la gioventù con la scelta opportuna e continuata di testimonianze importanti e storiche che aiutano a comprendere la vita di quelle generazioni alle prese con il conflitto bellico, con l’invasione germanica e con l’altrettanta vergognosa presenza copiosa di italiani fiancheggiatori del regime e capaci di tradire i loro stessi concittadini pur sapendo di consegnarli a morte certa.
Oggi il tema della Resistenza e del 25 Aprile è fortemente presente nelle scuole e non si ferma solamente al ricordo nel giorno della ricorrenza ma si espande e si allarga prendendo spunti dalla narrativa e dai racconti autentici di testimonianze in prima persona.
Leggere racconti e testimonianze di decine di partigiani come Corbari, Casadei, I fratelli Cervi e molti altri, cosi come leggere i libri di Beppe Fenoglio, tanto per citarne uno dei più noti, oltre a trasmettere stati d’animo, paure ed incertezze per un improbabile futuro, riescono a trasmettere la perfetta percezione di quanto sia fondamentale preservare per sempre la memoria della gente comune, degli studenti, professori e lavoratori che decisero di imbracciare i fucili e lasciarsi alle spalle famiglie e amici e parenti per salire nelle montagne e unirsi alle centinaia di altri gruppi volenterosi con l’unico obiettivo di ripulire il paese dal regime e dagli invasori.
Non è una esagerazione sperare che al più presto il Ministero dell’Istruzione decida di adottare per le scuole minori alcuni testi di narrativa storica proprio per imprimere nei cuori e nelle menti dei ragazzi giovanissimi il valore dell’estremo sacrificio compiuto dai loro nonni per consentire la vicina nascita della Repubblica Italiana e chiudere finalmente il conto con una guerra inutile, sanguinosa e che l’Italia non era minimamente in grado di affrontare.
La caduta del fascismo non ha posto fine alla sua malsana esistenza in tutto il territorio italiano e rigurgiti di una destra estrema ancora oggi viva e vegeta periodicamente fa capolino nella speranza di trovare un seguito popolare ma che nella realtà assume le fattezze di una ridicola pantomima di recitazione di bassa lega in teatri malconci e putridi a dimostrazione di una forza basata sull’arroganza e sulla violenza ma del tutto incapace di una seria e colta auto analisi socio-politica alla disperata ricerca di referenti e riferimenti culturali da sempre assenti che non trova mai o che rubacchia qua e là senza conferma di condivisione ideologica da parte dei referenti stesso troppo spesso tirati in ballo a loro insaputa.
Forse per quei gruppi nostalgici e imperterriti è troppo tardi fare pace con la storia che sin dagli albori degli anni 40 li guarda in cagnesco per l’incapacità di ammettere l’abominio commesso e di sradicarsi dai tentativi goffi, balordi e ridicoli di decontestualizzare il significato storico della festa della Liberazione alla ricerca di altre attribuzioni ben lontane da pagine di storia che farebbero male come una spina nel fianco.
Nei giorni prossimi alla festa della Liberazione alcuni esponenti politici hanno cercato invano di minimizzare il valore e l’importanza della festa con frasi sfacciatamente ignobili: “Cantare meno Bella Ciao sui balconi e lavorare di più” (cit. Matteo Salvini); oppure Ignazio La Russa ha auspicato che la festa diventi la giornata dei caduti, anche del Coronavirus”.
Espedienti e proposte che testimoniano quanto un certo travaglio nelle coscienze dei nostalgici del fascismo rappresenti puntualmente un disagio per la coscienza e per quella incapacità di ragionare e capire quale sia la giusta distanza da mantenere contro ogni estremismo ideologico e politico dove puntualmente la storia ci consegna i risultati di macerie e morti. Proprio da questo Il 25 Aprile rappresenta una delle feste più importanti del nostro paese perché ha avviato e veicolato i passi per la realizzazione, appena due anni dopo, della Costituzione Italiana scritta con precisa volontà di non ricadere mai più nell’abominio di fascismo e guerra.