Alzi la mano chi ha mai sentito pronunciare questi due termini. Sono termini importantissimi, ma non se ne parla mai. Eppure sono uno dei motivi per cui i contribuenti italiani, quelli (sempre meno) che ancora pagano le tasse, ne pagano sempre di più. Il primo termine, Tax Gap, indica il divario tra le entrate che lo Stato riesce realmente ad incassare e quelle che dovrebbe raccogliere. Si tratta di un dato molto importante. Basti pensare che ridurlo è un obiettivo collegato al PNRR. A confermare l’importanza di questo dato anche il MEF, che il 2 gennaio del 2024 ha pubblicato un documento nel quale viene analizzata la relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva. Una pubblicazione che secondo molti si sarebbe resa necessaria proprio a causa della variazione sulle stime del Tax Gap.
Senza voler entrare troppo nei tecnicismi, il Tax Gap è legato a due fattori: il deficit di regolamentazione o policy gap e l’elusione fiscale. Per quanto riguarda il primo, (come confermano i dati ufficiali della Commissione UE), nel 2021 l’Italia ha riportato un “vuoto di IVA” pari al 5,2 per cento del Pil: una percentuale record (basti pensare che in Germania è meno della metà, il 2,5 per cento) che ha conseguenze notevoli. Ma il problema non è solo l’evasione fiscale. C’è anche l’esdebitazione. Con questo termine si indica una delle procedure di composizione della crisi da sovra-indebitamento, destinate ai debitori che non esercitano attività di impresa commerciale medio-grande: consumatori, professionisti, piccoli imprenditori, imprenditori agricoli e altri. Per loro, la legge prevede la possibilità (prevista dall’articolo 283 del Codice della crisi d’impresa e della dissolvenza) di non pagare e veder cancellati i debiti di alcuni soggetti nei confronti dell’Agenzia delle Entrate. Esemplare il caso di un ex imprenditore palermitano, titolare di un’attività nel settore della ristorazione, che nel corso degli anni aveva accumulato debiti con l’Agenzia delle Entrate per quasi 190mila euro. Recentemente, basandosi sulle misure previste dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, il Tribunale di Palermo ha emesso un provvedimento con il quale è stata riconosciuta l’impossibilità oggettiva di questo soggetto di pagare i propri debiti nei confronti dello Stato. Per questo, il giudice lo ha esdebitato: i suoi debiti sono stati che sono stati cancellati con un colpo di spugna. Il giudice del Tribunale di Palermo ha sottolineato come “il ricorrente non sia, allo stato e nemmeno in prospettiva futura, in grado di offrire alcuna utilità diretta o indiretta ai suoi creditori”.
Nell’ultimo periodo, il numero dei soggetti impossibilitati a pagare il debito contratto con l’Agenzia delle Entrate sta aumentando . E si stanno diffondendo a macchia d’olio i siti che forniscono strategie e supporto per “aiutare” queste persone. C’è, però, un aspetto (importantissimo) di cui cui, però, nessuno ha parlato: esdebitare questi soggetti, cancellare i loro debiti nei confronti dell’Agenzia delle Entrate ha due conseguenze. La prima è che non risolve i problemi dei debiti dei privati. La seconda, non meno importante, è che in questo modo, l’onere di pagare le somme non pagate dagli esdebitati grava sulle spalle degli altri contribuenti. Quelli che non possono beneficiare (per vari motivi) di questa scappatoia e che vedono aumentare costantemente il loro carico fiscale. Un problema che, a guardare gli ultimi ufficiali, potrebbe essere una vera e propria bomba ad orologeria: degli oltre 80 miliardi di euro mancanti alle casse dello Stato per mancati pagamenti, solo una piccola percentuale (circa il sei per cento) sono riconducibili a mancati pagamenti dell’IRPEF, ovvero alle persone fisiche. La stragrande maggioranza deriva dal mancato pagamento delle tasse di imprese e professionisti. Questo significa che a pagare le tasse che dovrebbero pagare gli esdebitati potrebbero essere chiamati sempre meno contribuenti. Un problema molto serio, ma del quale non si parla mai.