Con i cambiamenti epocali che la pandemia sanitaria ha generato per i consumi alimentari dei cittadini italiani, nuove proposte e priorità vanno emergendo nel nostro Paese e nel Mediterraneo. Analizzando le varie metamorfosi economiche, il “food” rappresenta un settore che diviene scrutato con nuovi approcci all’insegna di tracciabilità, qualità, ingredienti e salute alimentare.
Tra i vari nuovi scenari, il food delivery per la pasta è una formula sempre più adottata dai produttori di pasta fresca artigianale e biologica e vanno diffondendo anche i laboratori di pasta e pasta take away. Secondo una recente analisi, condotta nel pieno della pandemia sanitaria, gli ordini con consegna a domicilio di pasta nell’ultimo anno sono stati di circa 32.000 kg. Al di là dei formati di pasta preferiti nel mondo, la qualità della pasta del Mediterraneo resta tra quelle più apprezzate, un marchio che trova ancora maggior risalto commerciale quando è sviluppato secondo il know-how del “made in Italy”.
Incentivare programmi di cooperazione economica nel Mediterraneo sulla filiera cerealicola, sviluppare progetti per l’export della pasta di qualità e della cucina mediterranea, da esportare in altri contesti geografici, appare una carta vincente per l’economia dell’intera regione.
I gusti dei consumatori variano e variegata deve essere l’offerta commerciale come la garanzia della qualità degli ingredienti. La pasta corta e rigata è il formato più apprezzato dagli italiani, gli inglesi e gli americani preferiscono la pasta lunga e i francesi tendono a preferire la pasta corta e liscia. La pasta fresca e biologica è un successo che va diffondendosi anche in Asia e viene servita nei ristoranti di prestigio della Cina. La qualità e la tracciabilità di un prodotto agricolo può aversi incentivando l’innovazione tecnologica e utilizzando le innovative tecniche dell’agricoltura di precisione.
Ripristinare e mantenere la fertilità dei suoli delle regioni del Mediterraneo attraverso la riduzione dei potenziali inquinanti e materiali non biodegradabili, grazie all’ausilio di un moderno monitoraggio dei terreni mediante una piattaforma con uso di big data e incentivando l’agricoltura di precisione, può rappresentare un nuovo elemento per lo sviluppo economico e l’occupazione dell’intera regione.
L’ingegnere Massimo Claudio Comparini, amministratore delegato di Thales Alenia Space, ha recentemente dichiarato che “una risposta per combattere l’inquinamento dei campi arriva dallo spazio, grazie ai satelliti, che permettono, ad esempio, di identificare con precisione le caratteristiche chimico fisiche dei terreni e le concentrazioni elevate di inquinanti. I satelliti per l’osservazione della terra generano una grandissima quantità di dati, big dati spaziali, che ci consentono di capire le evoluzioni del pianeta, le dinamiche del cambio climatico e quelle della deforestazione. Usare i satelliti per il monitoraggio e l’analisi dei terreni, prima di avviare le coltivazioni, permette di mettere in agenda nuove proposte per le politiche pubbliche e di sostegno all’agricoltura. Abbiamo l’occasione per scrutare con concretezza e senza scuse i danni provocati dall’uomo alle coltivazioni, valutare l’entità dei danni che stiamo causando e avviare nuove politiche di crescita occupazionale per nuove forme di agricoltura 4.0, con sensori, satelliti, controllo dell’ambiente, della qualità e dei fertilizzanti. Possiamo fare la differenza e dare risalto all’importanza di quelle politiche innovative che inseguono nuovi paradigmi di accesso al cibo per tutti”.
D’altronde, solo in Italia, dal cibo arriveranno un milione di posti di lavoro green entro i prossimi dieci anni, con una decisa svolta dell’agricoltura verso la rivoluzione verde, la transizione ecologica e il digitale, come previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza Next Generation Italia.
Una svolta che interessa tutto il Mediterraneo e che rafforzerà la cooperazione e la diplomazia del “food” tra l’Italia e il Nord Africa a partire dagli alimenti essenziali per la vita come il grano, il frumento e la filiera cerealicola. Un progetto che naviga in tale direzione è Roads of the indigenous grains in the Mediterranean (IngraMed), presente sul portale di Prima observatory, ideato e coordinato da Gi.&Me. Association, presieduta dall’ingegnere Franz Martinelli, con partner dall’Italia e dalla Tunisia, oltre che dalla Grecia e dal Marocco.
L’intento del progetto è voler fornire un concreto contributo alla valorizzazione dei Grani autoctoni del Mediterraneo che rappresentano una parte integrante del patrimonio genetico della biodiversità mediterranea, attraverso il consolidamento del legame tra prodotti e territorio, una visione particolarmente importante per le politiche alimentari, anche dell’Italia, finalizzate alla produzione di qualità.
Le organizzazioni per la tutela e lo sviluppo del Mediterraneo puntano su agricoltura, accesso alle risorse idriche e innovazione tecnologica per la ripresa economica post pandemia. Puntare sulla corretta gestione delle risorse idriche, attuare la transizione verde, con una serie di bacini per la raccolta dell’acqua in modo da diminuire il rischio di alluvioni e frane, aumentare la sicurezza alimentare del Mediterraneo, migliorare il valore paesaggistico dei territori, contrastare l’inquinamento e garantire adeguati stoccaggi per le produzioni cerealicole è la chiave di svolta per la green economy del Mediterraneo.