“Siamo davvero fuori strada”. Nessun impeto di un appassionato di 4×4. A pronunciare queste parole è stato Petteri Taalas, segretario generale dell’OMM, l’Organizzazione Meteorologica Mondiale durante la presentazione dell’ultimo rapporto, Greenhouse Gas Bulletin. Questa ricerca parla di un nuovo record di gas serra raggiunto l’anno scorso, con un tasso di incremento annuo superiore alla media nel periodo compreso fra il 2011 e il 2020. Un risultato particolarmente preoccupante visto il calo delle emissioni durante il lock down globale dovuto alla pandemia.
In tutto il pianeta, l’aumento delle emissioni di gas serra sembra essere fuori controllo: i livelli di anidride carbonica sono saliti a 413,2 parti per milione (è 149% di più rispetto al periodo pre-industriale). Una condizione che metterebbe a rischio gli obiettivi di temperatura dell’accordo di Parigi sul clima, come ricorda il rapporto. Ma a causare i cambiamenti climatici non è solo l’anidride carbonica. Anche metano e protossido di azoto stanno riscaldando il pianeta e scatenando eventi meteorologici estremi (ondate di calore e piogge intense).
Le emissioni di metano (CH4) sarebbero aumentate del 262%. Quelle di protossido di azoto (N2O) del 123% rispetto ai livelli del 1750, quando le attività umane iniziarono a disturbare l’equilibrio naturale della Terra. Gli effetti del lock down seguito alla pandemia, secondo gli esperti dell’OMM, “non hanno avuto alcun impatto percettibile sui livelli atmosferici di gas serra e sui loro tassi di crescita”. “All’attuale tasso di aumento delle concentrazioni di gas serra, entro la fine di questo secolo assisteremo a un aumento della temperatura di gran lunga superiore agli obiettivi dell’Accordo di Parigi, da 1,5 a 2 gradi Celsius al di sopra dei livelli preindustriali”.
La quantità di CO2 nell’atmosfera ha superato la soglia record di 400 parti per milione già nel 2015. E “solo cinque anni dopo, ha superato le 413 ppm”, ricorda Taalas. “Questo è più di una semplice formula chimica e cifre su un grafico. Ha importanti ripercussioni negative per la nostra vita quotidiana e il nostro benessere, per lo stato del nostro pianeta e per il futuro dei nostri figli e nipoti”.
L’anidride carbonica rimane infatti nell’atmosfera per secoli e nell’oceano ancora più a lungo. “L’ultima volta che la Terra ha sperimentato una concentrazione simile di CO2 è stato 3-5 milioni di anni fa – spiega il segretario generale – quando la temperatura era di 2-3 gradi centigradi più calda e il livello del mare era di 10-20 metri più alto di adesso. Ma allora non c’erano 7,8 miliardi di persone”.
Il metano rappresenta circa il 16% dell’effetto di riscaldamento dei gas serra di lunga durata, secondo la National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) degli Stati Uniti. Circa il 40% del metano viene emesso nell’atmosfera da fonti naturali. Il restante 60% proviene da fonti antropiche (ad esempio ruminanti, risicoltura, sfruttamento di combustibili fossili, discariche e combustione di biomasse).
Nessuno però dice che, di questo, una parte rilevante viene perduto (il metano ha un effetto serra che è circa 80 volte più potente dell’anidride carbonica): utilizzando una telecamera a infrarossi, la ONG Clean Air Task Force (CATF) ha documentato la fuoriuscita delle emissioni di metano dagli impianti di petrolio e gas in oltre 150 siti in sette paesi europei (Italia, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Romania, Germania e Austria). Nella maggior parte di questi siti è stata riscontrata un’ingente quantità di inquinamento.
Anche il protossido d’azoto è un potente gas serra (inoltre, riduce l’ozono). Rappresenta circa il 7% del forzante radiativo dei gas serra di lunga durata. Emesso nell’atmosfera sia da fonti naturali (circa il 60%) che da fonti antropogeniche (circa il 40%), inclusi oceani, suoli, combustione di biomasse, uso di fertilizzanti e vari processi industriali, nel 2020 ha raggiunto 333,2 ppb, con un aumento di 1,2 ppb rispetto all’anno precedente. Negli ultimi quarant’anni, le emissioni di N2O prodotte dall’uomo, per lo più derivanti dall’azoto usato come concime, sono aumentate del 30%.
“Molti paesi stanno fissando obiettivi carbon neutral e si spera che la COP26 vedrà un drammatico aumento degli impegni. Dobbiamo trasformare il nostro impegno in azioni che avranno un impatto sui gas che guidano il cambiamento climatico. Dobbiamo rivisitare i nostri sistemi industriali, energetici e di trasporto e l’intero stile di vita. Le modifiche necessarie sono economicamente accessibili e tecnicamente possibili. Non c’è tempo da perdere”, ha detto Taalas.
Il 31 Ottobre, i rappresentanti di quasi 200 paesi si incontreranno a Glasgow, in Scozia, per i lavori della COP26. L’obiettivo dovrebbe essere rafforzare l’azione per affrontare il riscaldamento globale secondo l’accordo di Parigi. Peccato che i dati appena pubblicati dall’OMM dimostrano che questo potrebbe non essere sufficiente.