Il motivo è semplice: finora nessuno è mai riuscito ad eliminare nessuna delle cause principali, la povertà estrema, i cambiamenti climatici (con impoverimento delle risorse agricole) e l’elevato numero di figli per famiglia. Spesso è un mix di questi fattori che costringe i capifamiglia a prendere decisioni estreme: non potendo sfamare tutta la famiglia decidono di concedere in sposa una figlia (o un figlio), di “venderla”. Ben sapendo che questo non risolverà il problema se non per un breve periodo. In alcuni paesi si tratta di una prassi più diffusa di quanto si pensi. Uno di questi è l’Afghanistan. Delaram Rahmati ha cercato a lungo di trovare un lavoro per sfamare gli otto figli e permettere loro di sopravvivere al freddo inverno dell’Afghanistan occidentale. Vive in una capanna di fango con un tetto di plastica, in una delle baraccopoli di Herat. Come circa 3,5 milioni di afgani che sono stati costretti a lasciare le loro case, i Rahmati vivono in un quartiere per sfollati interni (IDP). La siccità ha reso il loro villaggio invivibile e la terra sterile. Non c’è lavoro per nessuno. A questo si sono aggiunti i costi delle spese per le cure di due dei suoi figli, uno paralizzato e l’altro con una malattia mentale. Alla fine è “stata costretta a vendere due delle mie figlie, una di otto e sei anni”. Rahmati dice di averle vendute per 100mila afghani ciascuna (circa 700 sterline!). Le bambine rimarranno con lei fino a quando non raggiungeranno la pubertà. Poi saranno consegnate agli “acquirenti”.
Una situazione non molto diversa in altri paesi. In India, una ragazza ha raccontato di essere stata venduta quando aveva solo 12 anni ad un uomo che ne aveva 70 anni. Rimasta incinta giovanissima, per lei non c’è stata più vita, nessuna educazione o formazione, niente parità dei diritti. Poco tempo dopo, l’uomo che l’aveva comprata è morto e lei è stata messa di nuovo in vendita. L’ha comprata un uomo che la picchiava e abusava di lei. Il suo caso non è diverso da quello di molte altre spose bambine in India: ragazze, adolescenti, a volte ancora bambine vendute in matrimonio e spesso destinate a una vita di abusi e difficoltà, rivela un documentario di 101 East. Un’altra ragazza che lavora per una ONG che aiuta altre donne ha dichiarato di essere stata venduta quando aveva solo 10 anni. “Mi hanno fatto lavorare nei campi, tagliare l’erba, nutrire le mucche, fare tutto il lavoro. Ho pianto per un anno. Sono stata in cattività per quattro anni”, ha raccontato. Poi è stata venduta in matrimonio. “Non potevo scappare o porre fine alla mia vita. Non c’era nessuno a cui potessi chiedere aiuto”.
La storia che raccontano altre ragazze in altri paesi è simile. Non sono solo le spose bambine le uniche ad essere vendute. A volte, in alcuni paesi, l’adozione legale può richiedere anni. Questo porta alcuni a pagare venditori di bambini senza scrupoli e funzionari corrotti per un figlio. Il prezzo di un bambino può variare da circa 400 a 7.500 dollari, con il loro valore determinato da razza, colore della pelle, sesso e peso. “La pelle più chiara, se un maschio, ha un prezzo più alto. La pelle più scura, una ragazza, prezzo più basso. E poi, se sei un mix, prezzo più alto. È così che funziona”, ha spiegato Hartini Zainudin, un attivista che cerca di contrastare questa piaga sociale in Malesia racconta di un bambino di cui si sono occupati a Klang, a circa un’ora di macchina da Kuala Lumpur. Qui, non ci sono solo le spose bambine, racconta Hartini, anche la vendita di neonati è una piaga aperta: una bambina può essere venduta per 3.000 dollari. “Hanno detto: ‘Puoi comprarla…o andrà in Thailandia’ ” , ha raccontato Hartini. Un’indagine di Al Jazeera per 101 East ha rivelato che il racket della vendita di bambini è una complessa rete di trafficanti e medici che trasforma vite umane in “merce” da vendere al miglior offerente.
Molti siti web che offrono numerosi bambini che hanno “bisogno di una casa amorevole”. I post descrivono in dettaglio la data di nascita del bambino, le spese mediche previste e la cosiddetta “tassa di consolazione” da pagare alla madre biologica. “Puoi scegliere il tuo bambino online”, ha spiegato Hartini. “In gran parte della catalogazione per la vendita di bambini, ci saranno cinesi, malesi… È come un supermercato”. Dall’inchiesta di Al Jazeera sono emersi scenari raccapriccianti. I giornalisti hanno scoperto una donna che ha affermato di “ospitare” 78 donne indonesiane incinte in varie località della Malesia. Ha inviato un catalogo fotografico di donne incinte tra cui i potenziali acquirenti possono scegliere nel quale erano elencati molti dati, tra cui lo stadio della gravidanza e, ovviamente il costo (quasi sempre contrattabile).
Tornando ai casi di spose bambine, è emblematico quello che è successo recentemente in Sud Sudan. Athiak Dau Riak è una ragazza di cui non si certezza nemmeno sull’età: sua madre dice che ha 14 anni, il padre invece dice che ha 19 anni. Athiak è alta, slanciata, bellissima. Per questo è stata al centro di una “storica competizione matrimoniale” come hanno scritto alcuni giornali locali. “Non c’è niente di sbagliato in questo matrimonio”, ha detto in un primo tempo il padre della ragazza, dopo che un comitato di membri maschi della famiglia di Athiak aveva scelto il pretendente “vincente”. Il “vincitore” aveva offerto una dote considerevole: 123 bovini, 120 milioni di sterline sud sudanesi (circa 44.000 dollari americani) in contanti e un appezzamento di terreno. Per questo Athiak è stata definita “la sposa più costosa del Sud Sudan”. “Siamo una famiglia istruita – non possiamo costringere una ragazza a sposarsi”, ha detto Garang Mayen Riak, un cugino di Athiak che ha viaggiato dal Canada per la cerimonia. “Questo matrimonio è unico, perché tali competizioni accadono raramente nella nostra società moderna. Ne siamo orgogliosi perché ci ricorda chi siamo”. Di diverso avviso Daniel Yach, zio di Athiak, “Entrambi i contendenti sono significativamente più anziani, probabilmente tra i 40 e i 50 anni”. “Mi si è spezzato il cuore quando mi ha contattato per chiedere il mio aiuto. Questo è un classico esempio di pedofilia”, ha aggiunto.
Eppure anche in Sud Sudan il matrimonio con spose bambine o adolescenti sarebbe illegale. Ma a causa della frequenza con cui le spose bambine vengono sposate con pretendenti molto più anziani nelle campagne, questi casi raramente fanno scalpore. Il caso di Athiak, dei Dinka – uno dei più grandi gruppi etnici del Sudan – è finito su tutti giornali non per il fatto che era stata venduta una ragazzina, ma per il prezzo, la “dote” che qualcuno aveva promesso di pagare per lei. Aluel Atem, un attivista africano, ha detto che i genitori dovrebbero essere “orgogliosi del prezzo della sua sposa perché c’è uno status collegato” e che la giovane ragazza “non aveva scelta”.
Alla notizia del matrimonio, condivisa dall’agenzia di stampa Voice of Juba, un utente di Facebook ha detto: “A questa ragazza doveva essere data una possibilità nella vita, il matrimonio non è una conquista”. C’è anche chi ha affermato: “Sposato senza scelta, comprato senza voce in capitolo, sottomesso a una vita di servitù. Do la colpa alla povertà”. Tanto più che non sempre la promessa di pagare la sposa una somma elevata (per gli standard del posto) viene mantenuta. Voice of Juba ha dichiarato che “non tutte le mucche promesse” sono state ricevute dalla famiglia di Athiak, che gli appezzamenti di terreno offerti “non esistono” e che l’acquirente aveva “esaurito tutti i suoi soldi”. Per questo, secondo Voice of Jaba, la famiglia della sposa bambina avrebbe avviato un procedimento legale contro il marito/compratore. Secondo l’UNICEF, in Sudan, il 12% delle ragazze si sposa prima dei 15 anni e il 34% prima dei 18 anni. In questo paese, sono quasi cinque milioni le spose bambine e un terzo delle giovani donne si è sposato mentre era ancora adolescente. Eppure in Sudan, come nella maggior parte dei paesi del mondo, l’età legale per contrarre matrimonio sarebbe 18 anni (per i ragazzi, invece 16 per le ragazze).
Il matrimonio prima dei 18 anni è una violazione fondamentale dei diritti umani. L’articolo 19 della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Minori “protegge il bambino da ogni forma di violenza fisica o mentale, di lesione o di abuso, di negligenza o di trattamento negligente, di maltrattamento o di sfruttamento, compresi gli abusi sessuali”. E l’articolo 35 prevede che “li Stati parti adottano tutte le misure appropriate a livello nazionale, bilaterale e multilaterale per impedire il rapimento, la vendita o il traffico di bambini per qualsiasi scopo e in qualsiasi forma”. Anche gli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile ne parlano. L’Obiettivo 5.2 dei SDGs prevede di “Eliminare ogni forma di violenza contro tutte le donne e le ragazze nella sfera pubblica e privata, compreso il traffico e la violenza sessuale e di altro tipo bambini per qualsiasi scopo o in qualsiasi forma”. In particolare il sotto obiettivo 5.3 dei SDGs parla di “eliminare tutte le pratiche dannose, come il matrimonio infantile, precoce e forzato e le mutilazioni genitali femminili”. Invece, secondo gli ultimi dati di UNICEF, nel mondo quasi una ragazza su cinque (19%) si sposa prima dei 18 anni. Ma in molte zone del pianeta questa percentuale è quasi il doppio.
Nei paesi meno sviluppati o nei paesi dell’Africa orientale e centrale, più di una ragazza su dieci si è sposata prima di aver compiuto i quindici anni! Anche questa è violenza contro le donne. Ma nessuno ne parla.