A margine dei lavori del Consiglio Ue a Bruxelles la premier Meloni è tornata sullo spinoso tema dei migranti: “Direi che possiamo confermare il fatto che il tema dell’immigrazione è un tema considerato oggi centrale. Una cosa, se vogliamo, impensabile fino a qualche mese fa e che viene seguito passo passo dal Consiglio UE”. Nei giorni scorsi, la Meloni aveva sentito la Von der Leyen con la quale ha riferito che “è stata condivisa l’urgenza di agire a livello europeo sulla migrazione, sottolineata dalla presidente della Commissione Europea nella sua lettera ai leader Ue, in sintonia con le priorità italiane sul tema“. Una telefonata che la premier italiana ha definito “fruttuosa” in vista del Consiglio europeo: “Dobbiamo continuare ad agire in modo rapido e coordinato”. “Abbiamo discusso della necessità di sostenere i partner nordafricani, di prevenire le partenze irregolari e le perdite di vite umane in mare“.
Tante parole ma niente di più di quanto era avvenuto con i governi precedenti. Quando si parla di migranti le posizioni dei paesi europei erano e continuano ad essere discordanti. All’interno dell’UE i paesi membri di quella che non è mai stata niente di più che una confederazione di stati non hanno mai adottato una vera politica comune su questo tema. Ognuno ha risposto secondo i propri interessi. Alcuni, come l’Ungheria, hanno eretto recinzioni e barriere lungo i confini per cercare di limitare gli arrivi. Altri, come la Grecia, ha avuto difficoltà a rispettare gli obblighi dell’accordo di Dublino (anche per mancanza di risorse a causa della crisi finanziaria). Altri ancora, come la Danimarca, hanno adottato misure discutibili come il trasferimento in Africa dei rifugiati. Anche gli accordi con i paesi cuscinetto come la Turchia sono falliti miseramente, nonostante i miliardi di aiuti finalizzati proprio a ridurre gli arrivi in Europa.
A rendere ancora più difficile ottenere un cambiamento radicale il fatto che, nell’ultimo periodo, nell’Ue i flussi non sono aumentati: sono diminuiti. Secondo il Parlamento europeo il culmine dei flussi migratori sarebbe stato nel 2015. Da allora gli arrivi sono diminuiti, anno dopo anno. Nel 2021 ci sono state 632.315 richieste d’asilo in Europa ovvero 33,8% in meno rispetto al 2020. Nel 2019 furono 700.810 le richieste, anche in questo caso un numero significativamente minore rispetto al 2015 e al 2016 quando superarono il milione. Anche l’aumento delle richieste di protezione internazionale nel 2022, dovuto principalmente agli ucraini in fuga dall’aggressione russa, non ha modificato radicalmente questo stato di cose. Il problema è stato risolto concedendo loro il riconoscimento di sfollati (la cui durata è sei mesi rinnovabili di altri sei mesi).
Al fenomeno dei flussi migratori verso l’Europa, il Parlamento europeo ha già cercato di rispondere “rafforzando i controlli alle frontiere” e la Commissione europea proponendo un Nuovo patto sulla migrazione e l’asilo” che costituisce una revisione del regolamento di Dublino e ribadisce il concetto che il paese responsabile per l’accoglienza è il paese di primo ingresso.
Una situazione che difficilmente potrà cambiare con la richiesta del governo italiano. Anche in considerazione del fatto che le somme stanziate sono già state aumentate. I fondi stanziati per le politiche in materia di migrazione, asilo e integrazione per il periodo 2021/27 ammontano a 22,7 miliardi di euro. Più del doppio rispetto ai 10 miliardi di euro per migrazione e asilo del periodo 2014/2020. Somme che verranno destinate ai controlli delle frontiere e al rafforzamento della Guardia di frontiera e costiera europea. Le modifiche all’Agenzia europea della guardia costiera e di frontiera (Frontex), già concordate con i ministri UE, mirano a risolvere le attuali carenze e a rispondere con più efficacia alle esigenze di sicurezza e gestione della migrazione. Per sostenere i Paesi UE nel controllo delle frontiere e nei rimpatri, nonché nella lotta alla criminalità transfrontaliera già lo scorso anno è stato prevista l’istituzione di un nuovo corpo permanente di 10.000 unità che sarà pienamente operativo entro il 2027.
Il programma prevede anche la creazione di un pool di intervento rapido per le emergenze che dovrebbe sostenere le procedure di rimpatrio negli Stati membri, individuando i cittadini di Paesi terzi che soggiornano irregolarmente nell’UE e aiutando le autorità nazionali ad ottenerne i documenti di viaggio. Proprio per questo dovrebbe essere rafforzata la cooperazione con i Paesi terzi, consentendo nuovi accordi che andranno oltre i paesi limitrofi dell’UE.
Per il resto le azioni sono tutt’altro che “coordinate”: ogni paese decide in modo quasi indipendente cosa fare con i migranti, con i richiedenti asilo e con i rifugiati. A volte, adottando misure al limite (se non oltre) il rispetto degli accordi umanitari sottoscritti a livello internazionale.
N.B. Intanto, in Italia, i posti previsti dal cosiddetto Decreto Flussi per immigrati provenienti da paesi extra Ue sono stati spazzati via in poche ore. Segno evidente che, contrariamente a quanto affermano certi soggetti, c’è un gran bisogno di manodopera per lavori che gli italiani non vogliono o non sanno fare. O che non sono disposti a fare se non pagati profumatamente (si pensi alla carenza di posti nel settore della sanità con il governo che è costretto a importare migranti addirittura da Cuba).