Sono anni che lo ripetiamo: ad alcune notizie i media, specie quelli nazionali, “stranamente” dedicano meno spazio di quanto ci si aspetterebbe. Per quanto riguarda il settore ambientale a confermarlo è il nuovo studio commissionato da Greenpeace Italia all’Osservatorio di Pavia, istituto di ricerca specializzato nell’analisi della comunicazione. Lo scorso anno, Greenpeace ha monitorato la presenza sui mass media italiani di argomenti basati sull’ambiente. Tra settembre e dicembre 2022, ad esempio, i cinque principali quotidiani italiani (Corriere della Sera, la Repubblica, Il Sole 24 Ore, Avvenire, La Stampa) avrebbero dedicato appena 2,5 articoli al giorno al problema della crisi climatica. Una media in calo rispetto ai tre al giorno del quadrimestre precedente. Un dato anomalo dato che proprio a novembre si sono svolti i lavori della COP27 di Sharm el-Sheikh.
Stessa cosa per i Tg della fascia oraria più seguita: meno del 3 per cento delle notizie avrebbe riguardato temi legati ai cambiamenti climatici. Un dato sorprendente se si pensa all’aumento delle emergenze climatiche e al gran numero di eventi e iniziative organizzate dalla Nazioni Unite e dall’Ue proprio per discutere questo argomento. Significativo anche il fatto che il 92,7 per cento dei servizi che hanno riportato queste notizie non abbia cercato di spiegare quali siano state le cause dei cambiamenti climatici in corso. In altre parole, anche le poche volte in cui si è parlato di ambiente o di crisi climatica, ci si è limitati a riportare fatti di cronaca, invece che approfondire le cause e le responsabilità presenti e passate. Leggermente migliore la situazione in alcuni programmi televisivi di approfondimento: di clima si sarebbe parlato in 116 puntate sulle 450 monitorate, poco più di una su quattro.
“Gli ultimi mesi del 2022 confermano la sconcertante indifferenza dei media e dei politici italiani nei confronti della più grave emergenza ambientale della nostra epoca”, ha dichiarato Giancarlo Sturloni, responsabile della comunicazione di Greenpeace Italia. “Tutto questo non cambierà finché i principali organi di informazione continueranno a dipendere dalle pubblicità delle aziende inquinanti, e finché la classe politica preferirà assecondare gli interessi dell’industria dei combustibili fossili anziché quelli di cittadine e cittadini”.
Eppure parlare di questi argomenti potrebbe far aumentare le vendite dei giornali e lo share dei programmi televisivi. Secondo una recente ricerca di Nomisma , la crisi climatica sarebbe al terzo posto tra le preoccupazioni degli italiani (dopo l’aumento delle bollette e quello dei prezzi alimentari). Parlarne per i media significherebbe aumentare l’audience. Una scarsa attenzione che impedisce a chi legge i giornali o guarda i programmi televisivi di comprendere appieno la gravità della situazione e le conseguenze per il prossimo futuro. Invece, “stranamente”, i media nazionali preferisco parlare di altro.