Secondo alcuni studi, l’Unione europea sarebbe il terzo responsabile al mondo di emissioni di anidride carbonica. Per questo motivo, da anni, i vertici dell’UE si sono posti obiettivi ambiziosi per prevenire ridurre in modo sostanziale le emissioni: tra queste l’obiettivo di zero emissioni nette entro il 2050.
Stranamente, però, invece di concentrare gli sforzi su alcuni settori (trasporto aereo e marittimo o industria – dove il sistema della compensazione è sempre più diffuso – o le abitudini da parte dei cittadini) l’attenzione si è concentrata sulle automobili.
Da luglio 2025 entreranno in vigore le nuove regole Euro 7 già presentate dalla Commissione Europea. Nuove norme che prevedono nuove regole per le emissioni di particolato, ma anche regole relative all’usura di pneumatici e freni. Per le auto diesel, poi, è prevista una ulteriore stretta sulle emissioni di ossidi di azoto (NOx), con limiti pari a quelle delle auto a benzina. Previste anche nuove procedure per testare i veicoli in condizioni reali di guida e l’obbligo di installare sensori per monitorare le emissioni.
Nuove regole, le Euro 7, che rischiano di rendere più costose le auto immatricolate a partire dal 1° luglio 2025. E di aumentare il gap già esistente tra i vari paesi dell’Unione. Secondo l’Acea (l’Associazione Europea dei Costruttori Auto) che fa riferimento ad uno studio di Frontier Economics, il nuovo standard Euro 7 comporterebbe un aumento dei costi di produzione di circa 2mila euro per ogni singola auto e fino a 12mila euro per i mezzi pesanti con motori diesel). Stime molto maggiori (da 4 a 10 volte superiori) rispetto a quelle della Commissione Europea. Le stime di Acea, però, sono state criticate da Transport & Environment (TE), Associazione indipendente che promuove la mobilità sostenibile, che su Twitter ha affermato che quello studio presenta pregiudizi e omissioni rilevanti.
In Italia, il mercato delle auto nuove va a rilento. E l’età media delle vetture è sempre più alta: oltre 16 milioni di veicoli hanno più di 15 anni e una su due non è neanche Euro 4. Imporre limiti alla circolazione di questi veicoli potrebbe non servire a convincere chi non ha i soldi per il cibo o beni di prima necessità a comprarne una ancora più costosa a causa dei nuovi parametri imposti dall’UE. L’analisi condotta dal Centro Studi di AutoScou24, realizzata per la Giornata Mondiale dell’Ambiente e basata sui dati ACI, parla di una crescita delle auto elettrificate (+49,2% nel 2022 rispetto all’anno precedente per un totale di 1,7 milioni di vetture). Ma questo potrebbe non bastare a rendere l’ambiente più verde: la maggior parte delle volte l’energia elettrica utilizzata per ricaricare le batterie è quella prodotta ricorrendo a combustibili fossili. A questo si aggiunge che le auto elettriche rappresentano solo il 4,3% del totale. In Italia, quattro auto su dieci, circa 15,84 milioni di vetture, hanno 15 anni o più. E circa 20,18 milioni (più della metà del totale) hanno una classe di emissioni Euro 4 o inferiore. Addirittura, quasi 4 milioni e mezzo sarebbero Euro 0 o Euro 1.
Una situazione che in alcune regioni del Sud Italia è preoccupante: in Campania, Calabria e Sicilia è maggiore la percentuale di vetture Euro 0 ed Euro 1 ancora circolanti. In Campania sono il 20,2%. In Calabria, il 18,7%. In Sicilia il 16,5%. L’obbligo di vendere veicoli Euro 7, meno inquinanti ma più cari, non farebbe altro che peggiorare questa situazione e non permetterebbe di ottenere i risultati voluti per ciò che riguarda le emissioni di CO2.
Forse è anche per questo motivo che l’Italia ha assunto il ruolo di capofila dei paesi UE che vorrebbero “salvare” le auto tradizionali dai severi limiti alle emissioni di CO2 proposti (e imposti) da Bruxelles. Ad oggi, sono otto i paesi che hanno firmato un documento informale contro l’attuazione del nuovo standard Euro 7: oltre all’Italia, ci sono Repubblica Ceca, Bulgaria, Francia, Ungheria, Polonia, Romania e Slovacchia. Il documento è stato inviato alla Commissione europea e alla presidenza di turno della UE. Ma fino ad ora non ci sarebbe stata alcuna risposta formale. Nel documento, gli otto paesi affermano che le scadenze previste dalla Commissione Europea non sono realistiche per soddisfare i nuovi requisiti. Per questo si chiede più tempo per adeguarsi alle regole: almeno tre anni per auto e furgoni e cinque anni per i camion, da quando sarà adottato l’intero pacchetto legislativo dell’Euro 7.
Ma non basta. Tra le critiche sulla decisione di imporre a tutti i paesi UE il nuovo regolamento Euro 7 il fatto che queste misure potrebbero scoraggiare i costruttori da investire per raggiungere l’obiettivo del 2035, che prevede di fatto il divieto di vendere nuovi veicoli con motori endotermici, con l’eccezione, concessa dopo le richieste della Germania, per i carburanti sintetici di origine rinnovabile (e-fuel).
Finora l’Italia si è contraddistinta per la sua posizione contraria al divieto assoluto di vendere nuovi veicoli non del “tutto elettrici”. E per aver cercato di salvaguardare i veicoli tradizionali con l’uso di biocarburanti. Finora, però, Bruxelles non ha dato ascolto alle richieste dell’Italia. Lo dimostra il fatto che questi veicoli sono rimasti fuori dal regolamento per il 2035.
L’Italia ha inviato a Bruxelles anche una risoluzione della Commissione Politiche UE del Senato, in cui si dice contraria alla proposta di regolamento UE per ridurre le emissioni dei camion del 15% dal 2025 (e poi del 45% dal 2030, del 65% dal 2035 fino alla riduzione del 90% dal 2040 in confronto ai livelli del 2019). Secondo i rappresentanti del Senato si tratterebbe “di una misura sproporzionata, non correlata alla quantità modesta di emissioni di gas a effetto serra generata dai veicoli pesanti, rispetto al totale delle emissioni nell’Unione europea”. Naturalmente in tutta questa vicenda, gli “esperti” green di Bruxelles non hanno pensato che per risolvere il problema delle emissioni di CO2 forse potrebbero essere più utili altre soluzioni come il ricorso a sistemi di trasporti combinati e condivisi. O porre fine alla tecnica nefasta della “compensazione”. O ancora ridurre il trasporto di merci e semilavorati attraverso gli oceani e favorire il km0.
Hanno preferito “battere cassa” sui cittadini europei e imporre auto Euro 7. Senza pensare che questo non farà altro che aumentare il gap che già esiste tra i paesi dell’Unione Europea o, all’interno di molti di questi, tra Nord e Sud. Ma soprattutto che, nonostante questi “sforzi”, l’Europa continuerà ad essere uno dei maggiori responsabili delle emissioni di CO2 sul pianeta.