L’11 luglio è stata la Giornata Mondiale della Popolazione. Mille gli spunti di riflessione, dalla crescita o decrescita demografica, a seconda delle varie zone del pianeta, alla fame nel mondo, dall’educazione alla parità di diritti. E molti altri.
“La Giornata Mondiale della Popolazione di quest’anno cade durante un anno fondamentale, quando anticipiamo la nascita dell’otto miliardesimo abitante della Terra. Questa è un’occasione per celebrare la nostra diversità, riconoscere la nostra comune umanità e meravigliarsi dei progressi nella salute che hanno allungato la durata della vita e ridotto drasticamente i tassi di mortalità materna e infantile “, ha dichiarato il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres. “Allo stesso tempo, è un promemoria della nostra responsabilità condivisa di prenderci cura del nostro pianeta e un momento per riflettere su dove siamo ancora a corto dei nostri impegni reciproci”, ha aggiunto.
Molti i numeri importanti. Tra pochi mesi, il 15 novembre 2022, la popolazione globale raggiungerà gli 8 miliardi di abitanti. Uno scenario interessante e ricco di spunti di riflessione. Gli abitanti della Terra sono ormai troppi? O troppo pochi (specie considerando il numero di morti durante la pandemia)? I numeri dicono che, dopo decenni di crescita esponenziale, ora la popolazione mondiale sta continuando a crescere ma più lentamente. Le ultime proiezioni delle Nazioni Unite prevedono che la popolazione mondiale potrebbe aumentare fino a 8,5 miliardi nel 2030 e raggiungere i 9,7 miliardi nel 2050. Il picco (circa 10,4 miliardi di persone) sarà raggiunto negli anni 2080 e rimarrà stabile fino al 2100. Poi scenderà. Ma non di molto.
Entro la fine del 2022 non sarà più la Cina il paese più popoloso del mondo, ma l’India (dati World Population Prospects 2022). La conferma (se mai ce ne fosse bisogno) che il centro economico, sociale e geopolitico del pianeta si sta spostando a est. Dai paesi “sviluppati” (dove fatta qualche eccezione, la fertilità è diminuita notevolmente negli ultimi decenni – strano che nessuno cerchi un legame) verso l’Asia (anche l’Africa però mostra dati interessanti). Due terzi della popolazione mondiale vive in un’area in cui la fertilità è inferiore a 2,1 nascite per donna, all’incirca il livello richiesto per una crescita zero a lungo termine per una popolazione con bassa mortalità. L’aumento della popolazione mondiale sarà concentrato in pochi paesi: Repubblica Democratica del Congo, Egitto, Etiopia, India, Nigeria, Pakistan, Filippine e Repubblica Unita di Tanzania. “Il rapporto tra crescita della popolazione e sviluppo sostenibile è complesso e multidimensionale”, ha dichiarato Liu Zhenmin, sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari economici e sociali. Ma “la rapida crescita della popolazione rende più difficile sradicare la povertà, combattere la fame e la malnutrizione e aumentare la copertura dei sistemi sanitari e scolastici. Al contrario, il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile, in particolare quelli relativi alla salute, all’istruzione e all’uguaglianza di genere, contribuirà a ridurre i livelli di fertilità e a rallentare la crescita della popolazione globale”.
Già oggi, dopo decenni di progressi, la fame nel mondo è tornata ad aumentare. Secondo i dati del rapporto “Lo stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo” (SOFI), il numero delle persone che soffrono la fame a livello mondiale è salito a ben 828 milioni nel 2021, circa 46 milioni in più dal 2020 e 150 milioni in più dallo scoppio della pandemia di COVID-19. Il rapporto fornisce anche stime su costi e accessibilità economica di una dieta sana. E anche in questo settore non mancano le preoccupazioni: con l’aumentare della povertà, la dieta è sempre più fatta di alimenti sbagliati e nocivi per la crescita e la salute. Secondi i ricercatori sarebbe importante che i governi adottassero sistemi di produzione agricola a costi più bassi, consapevoli delle limitate risorse pubbliche disponibili in molte parti del mondo. Solo così sarebbe possibile risolvere il problema della fame nel mondo: nel 2021, circa 2,3 miliardi di persone (29,3%) erano in una situazione di insicurezza alimentare moderata o grave (350 milioni in più rispetto al periodo pre-COVID) e quasi 924 milioni di persone (l’11,7% della popolazione mondiale) soffriva di insicurezza alimentare grave, con un aumento di ben 207 milioni in due anni. Si stima che 45 milioni di bambini di età inferiore ai cinque anni abbiano sofferto di deperimento, la forma più letale di malnutrizione, che, in età infantile, aumenta fino a 12 volte il rischio di morte. 149 milioni di bambini sotto i cinque anni hanno subito un ritardo di crescita e di sviluppo, a causa di una carenza cronica di nutrienti essenziali nella loro alimentazione. Nel 2015, nel quadro dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, venne lanciato l’obiettivo di sconfiggere fame, insicurezza alimentare e malnutrizione entro la fine di questo decennio. Ora, sette anni dopo, le previsioni dicono che non sarà possibile raggiungere questi “obiettivi”: nel migliore dei casi, nel 2030, saranno ancora 670 milioni le persone (l’8 % della popolazione mondiale) a soffrire la fame.
Tutto questo avrà conseguenze non indifferenti sulla popolazione mondiale. A cominciare dai flussi migratori legati non solo a problemi ambientali (peraltro seri) ma alla ricerca di lavoro. Nella maggior parte dei paesi dell’Africa sub-sahariana, così come in alcune parti dell’Asia e dell’America Latina e dei Caraibi, la popolazione in età lavorativa (tra i 25 e i 64 anni) è aumentata. In teoria, questo dovrebbe offrire un’opportunità per una crescita economica accelerata pro capite, nota come “dividendo demografico”. Ma perché avvenga, i paesi dovrebbero investire sul capitale umano garantendo l’accesso all’istruzione e all’assistenza sanitaria e promuovendo opportunità di occupazione produttiva e lavoro dignitoso. Cosa questa che non avviene (anche a causa di fenomeni come la compensazione).
L’età media della popolazione mondiale sta aumentando. Si prevede che la quota della popolazione globale di età pari o superiore a 65 anni aumenterà dal 10% nel 2022 fino al 16% nel 2050. A quel punto, si prevede che il numero di persone di età pari o superiore a 65 anni in tutto il mondo sarà più del doppio del numero di bambini di età inferiore ai 5 anni e circa lo stesso del numero di età inferiore ai 12 anni. Questo significa che i paesi con popolazione di età più elevata dovrebbero adottare sin da ora misure per adeguare le politiche al crescente numero di persone anziane istituendo sistemi universali di assistenza sanitaria e di assistenza a lungo termine e migliorando la sostenibilità dei sistemi di sicurezza sociale e pensionistici. Ma anche promuovendo le nascite. “Ulteriori azioni da parte dei governi volte a ridurre la fertilità avrebbero un impatto limitato sul ritmo di crescita della popolazione da qui alla metà del secolo, a causa della struttura per età giovanile della popolazione globale di oggi. Tuttavia, l’effetto cumulativo di una minore fertilità, se mantenuto per diversi decenni, potrebbe essere una decelerazione più sostanziale della crescita della popolazione globale nella seconda metà del secolo”, ha dichiarato John Wilmoth, direttore della divisione popolazione del Dipartimento degli affari economici e sociali delle Nazioni Unite.
La riduzione della mortalità si tradurrà in una longevità globale media di circa 77,2 anni nel 2050. questo nonostante la pandemia di COVID-19 abbia colpito tutte e tre le componenti del cambiamento demografico. L’aspettativa di vita globale alla nascita è scesa a 71 anni nel 2021. In alcuni paesi, le successive ondate della pandemia possono aver prodotto riduzioni a breve termine del numero di gravidanze e nascite, mentre per molti altri paesi ci sono poche prove di un impatto sui livelli o sulle tendenze della fertilità. La pandemia ha anche limitato tutte le forme di mobilità umana, compresa la migrazione internazionale. Tutti aspetti legati alla popolazione. Ma di tutto questo, l’11 luglio, in occasione della Giornata Mondiale della Popolazione, non ha parlato nessuno.