Il 17 luglio si celebra la Giornata Mondiale della Giustizia Penale Internazionale. Istituita a giugno 2010 dall’Assemblea degli Stati Parte della Corte penale internazionale (CPI) in occasione della Conferenza di Revisione dello Statuto di Roma svoltasi a Kampala (Uganda) intende ricordare la data del 17 luglio 1998, giorno in cui la comunità internazionale adottò lo Statuto della Corte Penale Internazionale, un evento storico nella lotta all’impunità di molti crimini internazionali. Nata nel 1998 con lo Statuto di Roma, la Corte Penale Internazionale ha il compito di perseguire e giudicare i crimini di guerra, i crimini contro l’umanità, il genocidio e il crimine di aggressione. Nello Statuto di Roma, il rapporto tra Stati Membri e Corte Penale Internazionale è regolato dal principio di complementarietà, in base al quale, nel rispetto delle sovranità dei singoli Stati, è data preminenza alle giurisdizioni nazionali, fintanto che non venga meno la loro capacità o la loro volontà di perseguire i crimini internazionali. Solo quando uno Stato nazionale non sia dotato di una legislazione interna sui crimini internazionali o quando esso rifiuti di collaborare proteggendo i responsabili, scatta l’intervento della Corte penale internazionale, che opera in funzione sussidiaria rispetto alla giurisdizione interna. Da allora, i Paesi che hanno ratificato lo Statuto di Roma sono 123 (su 139 firmatari).
L’Italia è stata tra i primi Paesi a ratificare lo Statuto (l.232/1999). Ora, dopo ventiquattro anni dalla firma del documento, finalmente, l’Italia si è attivata per recepire ed adattare la materia dei crimini internazionali nel proprio diritto interno. L’adozione di un codice italiano dei crimini internazionali fa parte degli impegni assunti dal nostro Paese con la ratifica dello Statuto di Roma secondo il quale “è dovere di ciascuno Stato esercitare la propria giurisdizione penale nei confronti dei responsabili di crimini internazionali”. Con decreto del 22 marzo scorso, il Ministero della Giustizia Marta Cartabia ha istituto la commissione di esperti incaricata di elaborare un progetto di Codice dei Crimini Internazionali. Questa commissione, composta da studiosi della materia, anche esterni all’Amministrazione, è presieduta da Francesco Palazzo, professore emerito di diritto penale all’Università di Firenze, e da Fausto Pocar, professore emerito di diritto internazionale presso l’Università di Milano. I lavori sono iniziati il 31 marzo scorso.
Il compito principale della Corte Penale Internazionale è giudicare i crimini commessi dagli individui (e non dagli Stati), il riconoscimento della responsabilità individuale dei soggetti che si sono macchiati di crimini gravissimi. Per raggiungere questo obiettivo, però, è importante che ciascuno Stato collabori alla giurisdizione in questa delicata materia. È necessario, ad esempio, evitare che coloro che si trovano in posizioni apicali o che esercitano poteri decisionali all’interno dello Stato, possano beneficiare dell’immunità quando si macchiano di questi crimini. L’esistenza di una legislazione nazionale sui crimini internazionali finge anche da deterrente, avvicina la giurisdizione ai colpevoli e assicura l’esercizio obbligatorio dell’azione penale in caso di riconosciute violazioni.
Alla fine del mese scorso, la Commissione presieduta dai professori Francesco Palazzo e Fausto Pocar ha terminato la stesura del nuovo Codice dei Crimini internazionali (inclusa una relazione di accompagnamento che chiarisce le ragioni della necessità di un nuovo articolato normativo ed i criteri seguiti nella sua stesura), che il governo dovrà tradurre in un disegno di legge e sottoporre al Parlamento. Tema spinoso e ancora da risolvere del tutto quello relativo alla scelta del giudice che dovrà procedere. Tre le possibili soluzioni. La prima sarebbe affidare sempre alla magistratura ordinaria la giurisdizione su questi reati. La seconda è passarli alla magistratura militare. La terza sarebbe distinguere tra crimini internazionali, da attribuire al giudice ordinario, e crimini di guerra, commessi da appartenenti alle Forze armate, da affidare invece al giudice militare. Come è facile immaginare di tratta di un tema molto delicato, specie in un momento come quello attuale in cui sono in atto così tante guerre nel mondo (tra le quali quella in Ucraina).
La Commissione ha sottolineato anche l’importanza di “depoliticizzare” questo genere di “crimini” (termine che è stato preferito a “reato”). A questo scopo ha previsto una norma ad hoc per escludere la possibilità di invocare la natura politica dei reati tra le ipotesi di estradizione verso altro Stato o di consegna alla Corte penale internazionale (anche su questo temaa ci sarebbe tanto da dire). Per questi reati saranno escluse l’immunità funzionale, che spetta agli individui che svolgono funzioni ufficiali per gli atti posti in essere nell’esercizio delle proprie funzioni, e l’immunità personale, riconosciuta alle più alte cariche dello Stato.