Con la guerra in Ucraina i rapporti tra Russia e Stati Uniti d’America sembrano essere tornati indietro nel tempo, agli anni della guerra fredda. Da entrambe le parti, scontri diplomatici e pressioni sui Paesi alleati per farli dichiarare a favore di questo o quel contendente o per consentire di piazzare basi militari, bombe e missili nucleari sono all’ordine del giorno.
Eppure, almeno apparentemente non è chiaro il motivo per cui queste due potenze mondiali hanno deciso di fare tutto questo in Europa. Per entrambe sarebbe più facile farlo sullo stretto di Bering, il braccio di mare largo circa 80 km che separa l’Alaska statunitense dalla Siberia russa. Anzi, in realtà, i due Paesi sono molto più vicini: nello stretto di Bering, proprio a cavallo del confine tra Russia e USA, ci sono due piccole isole, Grande Diomede e Piccola Diomede. Nel 1867, quando gli americani acquistarono l’Alaska dalla Russia, i due Paesi si spartirono questi due pezzetti di terra. Due fazzoletti di terra delle dimensioni davvero ridotte: Grande Diomede è ampia 28 km2 e Piccola Diomede solo 7,3 km2. Ma dall’importanza strategica e militare indiscussa, visto che, grazie a queste isole, i due Paesi distano solo tre chilometri una dall’altra.
Grande Diomede, nota anche come Isola Ratmanov, è praticamente disabitata: dal 1948, vi risiedono solo i membri di una stazione meteorologica e i militari della Guardia di frontiera dell’FSB, il servizio segreto russo. Piccola Diomede, l’isola sotto il controllo degli americani, è abitata da un piccolo insediamento di Inupiat, un’etnia di ceppo Inuit presente in Alaska: secondo il censimento del 2020, gli abitanti fissi dell’isola sarebbero solo 83, in calo rispetto al passato (nel 2000 erano circa 170). Un negozio, una scuola, un ufficio postale, un eliporto e un sistema per la fornitura di elettricità per i pochi abitanti dell’isola.
Entrambi i Paesi conoscono bene l’importanza strategica di queste isole. Nel 1941, l’URSS fondò una base militare su Grande Diomede. La possibilità di spostarsi tra le due isole venne consentita solo agli indigeni e solo in alcuni periodi. Tra Grande Diomede e Piccola Diomede si levò quella che alcuni chiamarono “cortina di ghiaccio”, per analogia con la “cortina di ferro” che divideva l’Europa dell’Est da quella dell’Ovest. E proprio durante la Guerra Fredda, le isole Diomede vennero più volte presentate come un simbolo di pace: erano la dimostrazione che USA e URSS potevano vivere vicine senza problemi. Per suggellare questa pace, nel 1987, una nuotatrice americana, Lynne Cox, nuotò da un’isola all’altra partendo dalla sponda statunitense e impiegando poco più di due ore per raggiungere quella russa. Michail Gorbačëv elogiò pubblicamente il suo gesto. La ricordò anche in occasione della sottoscrizione del trattato per la non proliferazione delle armi nucleari con il Presidente degli Stati Uniti, Ronald Reagan.
Non c’è più Gorbačëv alla guida della Russia. Negli USA non è più Reagan il presidente, ma Biden. E i rapporti tra i due Paesi sono di nuovo in cattive acque. Da un lato la Russia non ha accettato l’espansione della NATO in Europa e per dare un segnale forte ha invaso l’Ucraina. Dall’altro, gli USA sembrano voler fare tutto ciò che è in loro potere perché su questa guerra non si debba scrivere la parola fine. La posta in gioco è alta. Invadendo l’Ucraina, la Russia vuole dimostrare al mondo che ha ancora un peso fondamentale negli scenari internazionali e che, all’interno dei BRICS, il suo non è secondario (dietro a Cina e India, i due colossi emergenti). Dal canto suo, Biden ha fatto di questa guerra la nuova crociata a stelle e strisce. Un modo per far dimenticare i fallimenti nelle tante guerre in Medio Oriente (nessuna delle quali finora ha portato a risultati concreti), ma soprattutto per distrarre i media e gli elettori dai problemi interni degli USA. Una manovra che, come dimostrano i risultati delle elezioni di medio termine di qualche settimana fa, sembra essere riuscita. Almeno in parte.
Per raggiungere i propri obiettivi, però, entrambi i leader avevano bisogno di un pubblico attento. Decidere di fare dell’Europa il loro palcoscenico è servito a questo. Concentrare le proprie forze su un terreno di gioco come le isole Diomede non avrebbe certo avuto lo stesso impatto mediatico. Niente carovane di rifugiati e sfollati da ridistribuire nei Paesi del Vecchio Continente, niente distruzioni di infrastrutture da sbattere tutti i giorni sui media e nessun rischio per centrali nucleari come è avvenuto in Ucraina.
Le isole Diomede, la frontiera che separa fisicamente USA e Russia sono state lasciate da parte. Di loro, ormai, si parla solo per una peculiarità: pur essendo così vicine non condividono la stessa data. Il meridiano del cambio di data (deciso nel 1884 dalla Conferenza internazionale sui meridiani) passa proprio nello stretto braccio di mare che separa le due isole. Grande Diomede segue l’orario della Kamchatka russa, che è UTC +12 (cioè 12 ore più dell’ora di Greenwich). La Piccola Diomede segue invece l’Alaska, che è a UTC -9 (a UTC -8 quando è in vigore l’ora legale). La conseguenza è che tra le due isole, distanti poco più di 3 chilometri una dall’altra, la differenza di orario è di 21 ore. Non è un caso se le due isole vengono chiamate amichevolmente Isola domani (Grande Diomede) e Isola ieri (Piccola Diomede).
Attraversare le acque gelide che separano le due isole significherebbe “tornare indietro nel tempo” (o “proiettarsi nel futuro”, a seconda del punto di vista). Un’opportunità per tutti i leader impegnati nella guerra in Ucraina (e quelli impegnati in tutte le guerre nel mondo) per fare un passo indietro. E ripensare “a cosa serve la guerra”.