Il sorpasso è avvenuto: la Cina non è più il paese più popoloso del mondo, è stata superata dall’India. La popolazione indiana, calcolata attraverso una serie di fattori (tra cui i dati del censimento e i tassi di natalità e mortalità), sarebbe di 1.425.775.850 abitanti, pari a 142,86 crore (unità di misura demografica che indica 10.000 abitanti) contro i 142,57 crore della Cina. Secondo le stime delle Nazioni Unite, si tratta del cambiamento più significativo nella demografia globale da quando sono iniziate le registrazioni. È anche la prima volta dal 1950, ovvero da quando le Nazioni Unite hanno iniziato a tenere registri sulla popolazione globale, che la Cina non occupa il primo posto. L’India è pronta a diventare la nazione più popolosa del mondo [Notizie ONU (un.org)]
Un sorpasso dovuto a molti di fattori. A cominciare dal calo della crescita della popolazione cinese frutto anche di decenni di leggi, scritte e non scritte, per tenere sotto controllo le nascite. Come la “politica del figlio unico”, introdotta nel 1980 e chiusa nel 2016. Misure che, a lungo andare, si sono rivelate controproducenti: dalla fine degli anni Settanta, in Cina il tasso di fertilità si è praticamente dimezzato. “Queste politiche, insieme agli investimenti nel capitale umano e nell’uguaglianza di genere, hanno contribuito al crollo del tasso di fertilità della Cina nel 1970 e ai declini più graduali che seguirono negli anni 1980 e 1990”, si legge nella pagina delle NU.
Oggi la Cina si trova ad affrontare il problema inverso: l’invecchiamento della popolazione in forte declino. Cambiamenti che avranno implicazioni economiche che è facile immaginare.
Secondo le Nazioni, “le proiezioni indicano che la dimensione della popolazione cinese potrebbe scendere sotto il miliardo prima della fine del secolo”. Entro il 2022, la Cina potrebbe avere uno dei tassi di fertilità più bassi del mondo (1,2 nascite per donna in media nel corso della vita, stando a quanto afferma il rapporto World Population Prospects 2022 delle Nazioni Unite). Ma non basta. In Cina, gli uomini sono più delle donne (di circa 32 milioni). “Come può il paese ora sostenere i tassi di natalità, con milioni di donne in meno?”, ha dichiarato Mei Fong, autrice di One Child, un libro sull’impatto della politica. Recentemente, in Cina, sono state introdotte politiche miranti a incentivare le donne ad avere più figli. Ma con scarsi risultati: si prevede che la popolazione diminuirà di quasi il 10% nei prossimi due decenni.
Dall’altro lato ci sono i cambiamenti che stanno caratterizzando l’India. Qui, dal 1950 ad oggi, la popolazione è cresciuta in maniera incontrollata. Ora questa crescita ha avuto un rallentamento, ma si stima che il numero di abitanti continuerà ad aumentare fino a raggiungere 1,7 miliardi entro il 2064. “Durante la seconda metà del ventesimo secolo, entrambi i paesi hanno compiuto sforzi concertati per frenare la rapida crescita della popolazione attraverso politiche mirate ai livelli di fertilità”, ha dichiarato il Dipartimento delle Nazioni Unite per gli affari economici e sociali, DESA. Oggi in media in India nascono in media 86.000 bambini al giorno rispetto ai soli 49.400 in Cina.
Anche in questo caso, il rapido cambiamento potrebbe diventare un problema: secondo Poonam Muttreja, direttore esecutivo della Population Foundation of India, la crescita della popolazione indiana non ha tenuto conto delle conseguenze di questa “l’esplosione”. “Le proiezioni precedenti dicevano che avremmo superato la Cina nel 2027, quindi è successo quattro anni più velocemente, soprattutto a causa della nostra popolazione giovane”, ha detto Muttreja. “Ma allo stesso tempo, abbiamo anche ridotto la nostra crescita demografica e raggiunto la stabilizzazione della popolazione più velocemente di quanto avessimo immaginato e continuerà a rallentare finché rimaniamo sulla strada giusta”.
Secondo le previsioni, però, la popolazione indiana è cresciuta di quasi 200 milioni di persone dall’ultimo censimento del 2011. Alcuni hanno messo in dubbio questi numeri e hanno accusato il governo Modi di ostacolare il censimento per motivi politici. Accuse alle quali il governo ha risposto dicendo che il ritardo è dovuto allo sforzo per incorporare la tecnologia nel processo. Il motivo di queste polemiche deriva dal fatto che, in India, la crescita demografica è tutt’altro che uniforme. Un terzo della crescita della popolazione prevista nel prossimo decennio riguarderebbe due soli stati, il Bihar e l’Uttar Pradesh, nel nord del paese, tra i più poveri e agricoli dell’India. Il solo Uttar Pradesh conta una popolazione di 235 milioni di abitanti, più di paesi grandi come la Nigeria o il Brasile. Un aumento così rapido della popolazione potrebbe far aumentare il divario con gli stati del Sud dell’India, più ricchi e con tassi di alfabetizzazione più alti (come Kerala e Tamil Nadu). Ma dove la crescita della popolazione è invertita. Qui il problema è l’invecchiamento: entro il 2025, una persona su cinque in Kerala avrà più di 60 anni. Differenze che avranno ricadute politiche non da poco. Dal 2026, verrà ridisegnata la ripartizione dei seggi sulla base dei dati del censimento, partendo dal numero di persone nelle circoscrizioni. Alcuni gruppi politici temono che l’aumento della popolazione possa comportare una riduzione della loro rappresentanza politica in parlamento e un aumento del peso politico degli stati dove si sta verificando il boom delle nascite.
Tutto questo ha anche ricadute economiche non indifferenti: recentemente l’India ha superato il Regno Unito come quinta più grande economia al mondo. Ma meno del 50% degli indiani in età lavorativa ha un lavoro. E il governo lotta contro un elevatissimo tasso di disoccupazione giovanile. Ancora peggiore la situazione per le donne: solo il 20% di loro ha un lavoro.