Hanji, conosciuta anche come “carta coreana,” è una forma artigianale di produzione della carta con secoli di tradizione alle spalle e come tale assume un importante significato storico e culturale nella società coreana.
Già durante il periodo dei Tre Regni (dal 57 a.C. al 668 d. C.) questa carta veniva usata per documentare gli eventi ufficiali.
Sebbene agli inizi la lavorazione fosse stata influenzata dalle tecniche cinesi per la manifattura della carta, in breve tempo si sviluppò una fiorente industria locale con tecniche e materiali propri.
La hanji è prodotta dalla corteccia interna del gelso da carta, dak in coreano, una pianta nativa e largamente diffusa in Corea. L’altro elemento essenziale è la secrezione (dak pul) delle radici dell’ibisco del tramonto, che conferisce alla carta viscosità e durabilità.
Il processo di lavorazione della hanji è laborioso e richiede molteplici stadi e tradizionalmente avveniva d’inverno, in quanto la secrezione dak pul fermentava più rapidamente durante i caldi mesi estivi.
Una volta raccolta, la corteccia che ha un alto contenuto fibroso viene messa in acqua e successivamente bollita per ammorbidirla e rimuovere le impurità. La corteccia così trattata viene poi pestata con delle mazzuole di legno per rompere le fibre ed infine mischiata con acqua. A questa pasta liquida viene aggiunto il dak pul e viene poi distribuita uniformemente su delle tavole fino ad ottenere dei fogli sottili. Infine, questi fogli sono pressati ponendo delle pietre su una tavola di legno e lasciati ad asciugare fino a diventare hanji.
Questo processo conferiva alla hanji qualità che la rendevano utilizzabile in un vasto campo di applicazioni pratiche.
Infatti, oltre ad essere utilizzata per stampare moneta, dipingere, per scopi ornamentali e per l’arte della calligrafia, la hanji trovava ampio uso in oggetti della vita quotidiana come ventagli e contenitori per il tabacco.
Per la sua resistenza, la carta coreana era utilizzata per stampare testi buddisti, libri di medicina e di storia molti dei quali sono giunti fino a noi permettendo agli studiosi di avere un’accurata visione della vita politica, religiosa e culturale della Corea attraverso i secoli. La Sutra Dharani, ritrovata nel 1966 nel complesso di templi buddisti Bulguksa nella Corea del Sud, la cui produzione è collocata tra il 704 ed i 751 d.C. è una delle testimonianze più valide della resilienza della hanji.
La hanji trovava applicazioni anche al di fuori degli ambiti tradizionali. Per esempio, era utilizzata per le sue proprietà isolanti per ricoprire le porte e le pareti delle case tradizionali per mantenerle fresche d’estate e calde d’inverno.
In tempi moderni, la carta coreana ha trovato nuovi usi come elemento di design nell’arredamento di interni e per la creazione di oggetti ornamentali e d’arte quali lanterne e maschere.
Per chi fosse interessato ad approfondire l’argomento, può visitare la mostra “Hanji Officine Didattiche 2023” a cura del Laboratorio della Carta dell’Accademia di Belle Arti di Roma in corso fino al 31 agosto presso l’Istituto Culturale Coreano a Roma.