Il 2024 sarà un anno importante. Sotto certi aspetti storico. Non a causa dei cambiamenti climatici (ormai non fanno più notizia). E nemmeno per i flussi di migranti (anche quelli sono una costante e non un’emergenza). Nel 2024 in decine e decine di Stati, si svolgeranno elezioni politiche. E spesso gli esiti sono tutt’altro che scontati. Potrebbero cambiare i governi in molti dei Paesi più importanti del pianeta.
A cominciare dall’Europa. Dal 6 al 9 giugno 2024 gli elettori saranno chiamati alle urne per eleggere i loro rappresentanti al Parlamento europeo. Si tratta di un momento importante. Negli ultimi anni, i governi di molti Paesi Ue hanno mutato direzione. Un cambiamento che potrebbe significare un cambio di rotta anche all’interno del Parlamento europeo che, è bene ricordarlo, resta l’unica assemblea transnazionale al mondo eletta direttamente.
Ma in Europa, in molti Paesi europei gli elettori saranno chiamati a votare anche i nuovi membri dei rispettivi Parlamenti. Si comincerà a gennaio con le elezioni presidenziali in Finlandia. Poco dopo a febbraio sarà la volta della Bielorussia. A marzo si terranno le presidenziali in Russia e dovranno essere rinnovati molti dei governi locali della Turchia. A maggio, in Gran Bretagna in molti collegi locali dovranno essere eletti i sindaci o i delegati locali. A giugno sarà la volta delle elezioni politiche in Austria. Poi, dopo l’estate, a settembre si voterà in Germania: in Sassonia e in Brandeburgo. A ottobre dovrà essere eletto il nuovo parlamento in Gorgia e ci saranno le presidenziali in Georgia e in Romania. Ma quasi in tutti i Paesi europei gli elettori saranno chiamati alle urne: Moldavia, Irlanda, Lituania, Slovacchia, Macedonia del Nord, Croazia e molti altri.
Anche in Asia sono previste elezioni in molti Paesi. E molti di questi Paesi stanno affrontando un memento critico. In Bangladesh (a gennaio) con i problemi legati all’accoglienza dei Royngha. In Indonesia (dove è in atto una corsa a trasferire la capitale prima che venga sommersa dal mare) e in Cambogia (a febbraio). E poi in Corea del Sud, in Pakistan (erano previste per quest’anno ma sono state rimandate a causa dei danni legati alle alluvioni dello scorso anno). Si voterà anche a Taiwan. Ma soprattutto potrebbero essere interessanti le conseguenze delle elezioni in India. Il Paese vive un momento di grande incertezza che, viste le dimensioni e il ruolo geopolitico di primissimo piano che riveste sia all’interno dei BRICSxl che a livello internazionale (si pensi ai recenti incontri con gli USA), lascia molto con il fiato sospeso.
Anche in Africa gli elettori saranno chiamati alle urne. E anche qui l’attesa è spasmodica. Sia per gli interessi che gravitano intorno alle immense risorse primarie in molti di questi territori, sia per il fatto che da tempo l’Africa è al centro dell’attenzione del mondo intero a causa dei flussi migratori. Ma anche per il fatto che come sempre in questi Paesi le pressioni da parte delle multinazionali e dei governi stranieri sono esagerate. Nel 2024, sono previste elezioni in Algeria, Chad, Isole Comore, Egitto, Ghana, Mali, Mauritania, Mauritius, Mozambico, Namibia, Ruanda (alla ribalta dopo gli accordi con UK e Danimarca per il trasferimento dei rifugiati e con la Meloni per questo e altri motivi), Sud Africa, Sud Sudan. E in Tunisia: che da qualche tempo ha rubato alla Libia il ruolo di Paese/porto da cui partono molti dei migranti diretti in Italia. E le promesse e gli accordi con l’Ue e l’Italia finora non hanno sortito alcun effetto. Anzi.
Le elezioni più attese, però, saranno in un altro continente. Almeno secondo i media. In America. Da mesi si parla delle presidenziali negli USA. I due principali contendenti, Trump e Biden, continuano ad attaccarsi. Ma non su temi politici e programmi elettorali bensì sui rispettivi problemi con la giustizia: personali, per il primo, di famiglia per Biden: il figlio, da sempre oggetto di attacchi e critiche per certi comportamenti poco trasparenti, è stato recentemente accusato di ben tre reati, tutti collegati al possesso illegale di un’arma mentendo sul proprio consumo di droga (e visto che l’uso e abuso di armi e droga sono due dei temi di politica interna più delicati….).
Ma non si voterà solo negli USA nel 2024. Si voterà anche in Venezuela. Qui, da anni, il capo di stato (dichiaratamente di sinistra) è sotto attacco. Qualche anno fa il suo maggiore oppositore tentò un golpe appoggiato dal governo americano. Ora potrebbe tornare alla carica. Il tutto condito dagli enormi interessi internazionali che gravitano intorno alle immense riserve di combustibili fossili di cui dispone il Venezuela.
Nel 2024 si voterà anche a Panama. E anche qui potrebbe essere un memento delicato visti gli interessi fiscali di molti personaggi famosi e di molte imprese (ricordate i Panama Papers?). Anche in Messico sono previste le elezioni per il rinnovo del parlamento: si terranno il 2 giugno. E anche qui si tratta di un momento importante visti i rapporti delicati con i Paesi vicini a causa delle migrazioni verso gli USA. Si voterà anche in Uruguay, a El Salvador e in Repubblica Dominicana. Elezioni locali sono previste anche in Canada (in tre regioni) e in Brasile (a san Paolo).
Il prossimo anno si voterà quasi ovunque. L’esito di queste votazioni potrebbe cambiare il quadro politico generale di una parte rilevante dei Paesi del pianeta. E distogliere l’attenzione dalla guerra tre Russia e Ucraina. O forse no. Anche in Russia, come si diceva, gli elettori saranno chiamati alle urne per eleggere il “nuovo” presidente. Ma anche in Ucraina dovrebbero svolgersi elezioni presidenziali: il 31 marzo 2024. Almeno secondo la Costituzione dell’Ucraina: prevede che le elezioni si svolgano l’ultima domenica di marzo del quinto anno del mandato del presidente in carica. Ma lo scorso anno, il 24 febbraio 2022, dopo l’invasione russa, il governo ucraino dichiarò lo stato di legge marziale. Zelensky esortò tutti i cittadini che volevano difendere il proprio Paese a farsi avanti: sarebbero state consegnate armi a tutti coloro che le desideravano, secondo Reuters: “Stiamo introducendo la legge marziale su tutto il territorio del nostro Paese”, annunciò il presidente durante un breve discorso. Ma durante la legge marziale non sono consentite elezioni presidenziali…. Una legge marziale strana quella in Ucraina (come tutto quello che sta avvenendo da quando è iniziata questa guerra). In teoria, le autorità (militari non politiche) avrebbero dovuto imporre restrizioni agli spostamenti, bloccare i raduni e vietare ai partiti e alle organizzazioni politiche di fare praticamente tutto “nell’interesse della sicurezza nazionale e dell’ordine pubblico”. Invece, le attività in Ucraina non sembrano essersi mai fermate: il parlamento ha continuato a lavorare. “È almeno dal giugno dello scorso anno che la politica ha fatto il suo ritorno”, ha dichiarato Andrii Osadchuk, deputato di Holos. “Un buon termometro della temperatura politica è il numero di emendamenti che vengono proposti”. La vita politica in Ucraina è più che mai attiva. Lo conferma anche il fatto che molti politici – primo fra tutti proprio il presidente – continuano a girovagare per il mondo. Anche molti sportivi e personaggi dello spettacolo non hanno incontrato limitazioni ai viaggi all’estero come sarebbe stato normale attendersi durante l’applicazione della legge marziale.
Intanto, all’inizio di settembre mese, il presidente ucraino Zelensky ha licenziato il ministro della difesa (accusandolo di cattiva gestione dei contratti militari e corruzione). Nei giorni scorsi anche sei dei sette vice ministri della difesa ucraini sono stati licenziati. Un tema delicato quello della correttezza e della trasparenza: Zelensky era stato eletto proprio grazie alla promessa di contrastare la corruzione imperante e di lottare contro l’evasione fiscale. Per questo, a marzo 2019, un mese prima del voto, Zelensky aveva ceduto al proprio amico Shefir le azioni nella società offshore Maltex Multicapital Corp., registrata nelle Isole Vergini britanniche, attraverso una società registrata in Belize, chiamata Film Heritage. L’accordo, però, secondo i Pandora Papers avrebbe previsto che Zelenskiy, tramite una rete tentacolare di società offshore in comproprietà con i suoi amici di lunga data e partner commerciali televisivi continuasse a beneficiare degli utili. I dividendi sarebbero andati sempre alla Film Heritage, società di Olena Zelenska, moglie di Zelensky. Un trucchetto per apparire “pulito” ma senza rinunciare ai soldi (e per di più nei paradisi fiscali). Motivo in più per sentire il parere degli elettori. Invece, in Ucraina, l’unica vera limitazione legata alla dichiarazione della legge marziale, alla fine, potrebbe essere proprio quella di vietare agli elettori di essere chiamati alle urne.
In molti altri Paesi del pianeta, invece, si andrà a votare.