Il modus operandi ormai è noto: distrarre l’attenzione della massa su temi per i quali si sa bene che non si potrà fare molto (le ultime misure sui migranti sono già state considerate illegittime – e quindi non applicabili – dal tribunale di Catania) e poi inserire le decisioni che pensano, magari impopolari, in leggi di cui non si parla anche perché votate con la “fiducia”.
Nelle scorse settimane si è fatto un gran parlare di migranti e di minori stranieri non accompagnati. E delle misure proposte dal CdM. Pochi, invece, hanno parlato di quanto era contenuto nelle modifiche al cosiddetto Decreto Asset che il Parlamento ha votato con la formula della fiducia ovvero senza discussione in aula. Il solito calderone con dentro tante misure completamente diverse tra loro: si va dalle licenze per i taxi (misura controversa che in passato ha visto la categoria scendere in piazza) al “granchio blu”, dagli extraprofitti delle banche alle misure sui voli low cost, dalla rete telefonica fino alle misure per chi dovesse essere trovato in possesso di proiettili e in vicinanze con zone umide dove è vietata la caccia.
Tra le misure anche una che riguarda l’ambiente. Tra gli emendamenti che sono passati anche presentato dal senatore De Carlo, presidente della IX Commissione (Industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione agroalimentare) che prevede la modifica dell’art.149 comma 1 lettera c del codice dei Beni culturali (d.lgs. 42/2004). Una misura, sulla carata, che avrebbe l’obiettivo di “rilanciare l’industria del legno”. Una norma che rischia di cancella totalmente la tutela paesaggistica dei boschi nei confronti dei tagli boschivi, a scapito del Codice Urbani e della legge Galasso (almeno nel suo significato originario: la tutela dei boschi nelle aree vincolate con decreto ed il concetto di taglio colturale). Nell’ultimo periodo le regioni, in diverse occasioni, avevano cercato di estendere il concetto di “taglio colturale” in modo estremo. A volte fino ad includere il taglio a raso, che si applica ai nostri boschi ceduo. Ora queste misure sono diventate legge nazionale. Una decisione, come dice letteralmente l’art. 5–bis del decreto, presa per incentivare la filiera del legno, aumentare la concorrenza sui mercati esteri (specialmente quelli balcanici e nordeuropei, che tagliano boschi a raso su grandi superfici) e accrescere l’approvvigionamento interno di legno, rallentando l’evoluzione degli ecosistemi forestali. Ma nel farlo si rischia di far venire meno la tutela paesaggistica, che dovrebbe essere di importanza primaria, al fine di incrementare l’economia. Non è la prima volta che principi costituzionali vengono violati pur di aumentare i tagli boschivi: si pensi al Testo Unico per le Filiere Forestali, che consente alle Regioni di obbligare i proprietari a tagliare i loro boschi.
L’inserimento della norma nel Decreto Asset è stato presentato come un alleggerimento del carico burocratico. Ma per molti la realtà è un’altra. Secondo Angelo Bonelli, co-portavoce nazionale di Europa Verde, “distrugge i pilastri della tutela della biodiversità”. Bonelli ha accusato i proponenti della norma di “violare l’articolo 9 della Costituzione, che pone in capo allo Stato la tutela della biodiversità”. Bonelli lo ha definito un “golpe contro la natura” e ha annunciato ricorso in Europa. Duro anche il giudizio dell’associazione Gufi (Gruppo Unitario per le foreste italiane): “È stata modificata la Legge Galasso che considerava i boschi come parte integrante del paesaggio – spiega Valentina Venturi, portavoce dei Gufi – mentre il paesaggio boschivo non sarà più tutelato, ne beneficerà una filiera del legno di scarso valore, quello destinato alla combustione”. Aver inserito questa nota nel Decreto Asset la dice lunga non solo sulle politiche di tutela dell’ambiente, ma anche sul rispetto della Costituzione, specie considerando che recentemente era stata arricchita proprio sul tema della tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e della biodiversità. Quale che sia la conclusione di questa vicenda, sono due gli aspetti che dovrebbero far riflettere. Il primo, come si diceva, è quello che si tenta di distrarre la gente dalle decisioni che vengono prese e che potrebbero essere poco gradite alla massa. Il secondo, ben più grave, è che, come nel caso delle decisioni per i migranti e per i minori stranieri non accompagnati, spesso si cerca di introdurre leggi che violano la Costituzione e leggi che hanno recepito trattati internazionali fondamentali e che non dovrebbero essere messi in discussione. Norme che riguardano i diritti umani. O che dovrebbero l’ambiente. Due temi non così separati uno dall’altro. Recentemente ad un articolo su questo argomento, un lettore ha risposto dicendo: “La difesa della biodiversità vuol dire difesa della vita sul Pianeta, quindi anche la sopravvivenza dell’uomo. Dare priorità agli interessi economici (di pochi tra l’altro) è da considerare un vero crimine contro l’Umanità” (con la U maiuscola).
Un’osservazione che dovrebbe portare i lettori a porsi un’altra domanda: cosa vuol dire crimine contro l’Umanità? E chi, oggi, ha il potere di fare qualcosa per intervenire quando viene commesso un crimine contro l’umanità? E fino a che punto decisioni così importanti possono essere prese con il voto di fiducia? Che siano azioni contro i migranti o tagliare in modo indiscriminato gli alberi e le foreste o rendere l’aria irrespirabile pare che nessuno oggi abbia il potere di fare qualcosa di concreto.