Gli Stati Uniti d’America hanno nuovamente posto il veto alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che chiedeva l’immediato cessate il fuoco umanitario nella guerra tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza. Dei 15 membri del Consiglio di Sicurezza, tredici hanno votato a favore della risoluzione. Il Regno Unito si è astenuto (in barba alle dichiarazioni del principe William che aveva parlato di “troppi morti a Gaza” e della necessità di un “tregua”). Ancora una volta la tanto sbandierata democrazia è stata messa in ginocchio da uno dei suoi “paladini”: gli Stati Uniti d’America.
L’ambasciatrice degli Stati Uniti, Linda Thomas-Greenfield, ha affermato che l’amministrazione Biden ha deciso di porre il veto perché la risoluzione interferisce con gli sforzi in corso degli Stati Uniti di trovare un accordo tra le parti in guerra. In realtà, gli incontri dei giorni scorsi si erano interrotti dopo la decisione unilaterale di Israele di abbandonare le trattative e dire no ad ogni proposta di una convivenza nella Striscia di Gaza.
Prima del voto, gli Stati Uniti d’America hanno fatto circolare una bozza di risoluzione diversa da quella che sarebbe stata discussa dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Nel documento si parla di un cessate il fuoco temporaneo a Gaza, ma solo a seguito del rilascio di tutti gli ostaggi in cambio della revoca di tutte le restrizioni sulla consegna di aiuti umanitari.
Lunedì, il viceambasciatore degli Stati Uniti, Robert Wood, aveva dichiarato ad alcuni giornali che il suo governo non considerava la risoluzione al vaglio del Consiglio di Sicurezza) “un meccanismo efficace per cercare di fare le tre cose che vogliamo vedere accadere, ovvero far uscire gli ostaggi, ricevere più aiuti e una lunga pausa di questo conflitto”. “Intendiamo impegnarci nei prossimi giorni in intensi negoziati su di esso…Ecco perché non stiamo mettendo una tempistica per un voto, ma riconosciamo l’urgenza della situazione”. “Anche se le lacune rimangono, gli elementi chiave sono sul tavolo”, aveva dichiarato.
Da mesi, la stragrande maggioranza dei Paesi membri delle Nazioni Unite chiedono il cessate il fuoco. La scorsa settimana, l’ambasciatore tunisino all’ONU, Tarek Ladeb, presidente di turno del gruppo arabo di 22 nazioni, ha dichiarato ai giornalisti che un cessate il fuoco è indispensabile. A Rafah ci sono un milione e mezzo di palestinesi fuggiti da altre zone della Striscia di Gaza (spesso su indicazione di Israele) che vivono in uno “scenario catastrofico”.
Contrariamente anche a quanto imponeva la sentenza provvisoria emessa dalla Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, negli ultimi giorni l’offensiva militare israeliana non si è mai ridotta. Un comportamento che viola le norme contenute nelle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949 (e nei due protocolli aggiuntivi), la base del Diritto Umanitario Internazionale. Qui si parla di trattare con umanità le persone che non partecipano direttamente alle ostilità. In ogni circostanza e senza alcuna distinzione (art. 3). Di fornire una protezione speciale ai feriti e ai malati (art. 16). Secondo questi accordi, che Israele ha ratificato nel 1951, gli ospedali civili non devono, in nessuna circostanza, essere oggetto di attacchi (art. 18). Ma soprattutto i Paesi in guerra devono consentire l’invio di medicamenti e di materiale sanitario e viveri destinati alla popolazione civile, anche se nemica e di vestiario e ricostituenti riservati ai fanciulli d’età inferiore ai quindici anni, alle donne incinte o alle puerpere (art. 23). Ieri, invece, le Nazioni Unite hanno comunicato di aver sospeso alcuni trasferimenti di beni di prima necessità per il pericolo eccessivo di essere attaccati.
Secondo il Diritto Umanitario Internazionale, in ogni circostanza le categorie protette (i civili) devono essere trattate con umanità e protette contro qualsiasi atto di violenza o d’intimidazione (art.27). Alla potenza occupante spetta il dovere di assicurare, nella piena misura dei suoi mezzi, il vettovagliamento della popolazione con viveri e medicinali. Di tutto questo (e molto altro) nell’invasione in atto della Striscia di Gaza non c’è traccia.
Quello che chiedeva la risoluzione bloccata dal veto USA era proprio il rispetto di queste norme: che Israele e Hamas “rispettassero scrupolosamente” le norme di diritto internazionale, in particolare quelle riguardanti la protezione dei civili.
La decisione degli USA non tiene conto anche del fatto che, in questi giorni, presso la Corte di Internazionale di Giustizia, sono iniziate le deposizioni delle testimonianze dei 52 Stati e delle tre organizzazioni multilaterali (Lega Araba, Organizzazione della Cooperazione Islamica e Unione Africana) sulle politiche adottate da Israele nei territori occupati di Gerusalemme Est, nella Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Secondo alcune fonti, è la prima volta nella storia della Corte di Giustizia Internazionale accoglie le testimonianze di un numero così alto di Paesi. I lavori della Corte si protrarranno per diversi giorni con un calendario molto fitto. Ad aprire le audizioni la dichiarazione dello Stato palestinese. Secondo il governo palestinese l’occupazione israeliana va ben oltre le misure difensive o il tentativo di salvare gli ostaggi: è un sistema di apartheid rafforzato dalla costruzione di insediamenti su terre occupate per imporre l’egemonia ebraica dal fiume Giordano al Mar Mediterraneo.
Non è la prima volta che il tribunale si pronuncia sull’occupazione illegale di Israele dei territori contesi. Già nel 2004, la Corte di Giustizia Internazionale aveva emesso una sentenza nella quale si diceva che il muro costruito in Cisgiordania era illegale e doveva essere abbattuto. Ora come allora, Israele non ha rispettato la sentenza. Nel 2004, invece di essere distrutto, il muro è stato esteso. Ora, invece di sospendere gli attacchi come disposto nella sentenza della Corte Internazionale di Giustizia, ha continuato a bombardare donne e bambini innocenti.
A questo ora si è aggiunto un nuovo capitolo. Ad essere messa in discussione, ora, non è più la questione israelo-palestinese: è l’intero sistema del Diritto Umanitario Internazionale. Per questo, la decisione degli USA di porre per la terza volta il veto alla delibera del Consiglio di Sicurezza delle NU appare particolarmente inadeguata.