In diverse occasioni, mi sono occupato delle nuove forme di genitorialità. Ormai, le accezioni sono numerose e dimostrano le grandi trasformazioni in atto nel rapporto genitori-figli. Ci sono genitori “spazzaneve”, che rendono libero il cammino dei figli da ogni tipo di ostacolo, o i genitori “curling” che strofinano il fondo davanti ai piedi dei figli, affinché scivolino senza alcuna fatica lungo il percorso della vita.
La psicologa americana Kim Sage ha coniato il termine “eggshell parenting” (genitori “guscio d’uovo”) per descrivere quelle mamme e quei papà che hanno reazioni emotive imprevedibili o instabili. I figli dei genitori “guscio d’uovo” vivono costantemente preoccupati e il loro benessere emotivo viene condizionato dai comportamenti dei genitori. Sempre più spesso si parla di “overparenting” ovvero di una genitorialità eccessiva in senso negativo, quasi tossica, perché mira a controllare continuamente la vita dei figli. Tra le forme di genitorialità positiva si collocano i genitori “medusa” che al contrario di quanto si potrebbe immaginare, hanno un approccio molto permissivo e conciliante, che favorisce la libertà e l’autonomia dei figli rispetto a regole rigide e imposizioni.
Mi ha molto colpito un articolo scritto dal giornalista Niccolò De Rosa, pubblicato su fanpage.it, in cui vengono descritti gli elementi più rappresentativi dei genitori “elefanti”. Questo rapporto genitoriale è ispirato all’atteggiamento dolce e protettivo degli elefanti verso i propri piccoli. Uno stile di parenting basato sull’amore e il legame emotivo tra genitori e figli.
“Secondo Tovah Klein, psicologa dello sviluppo, questo stile si basa su amore, cura e protezione, lasciando spazio all’espressione emotiva dei bambini”, scrive Niccolò De Rosa. I genitori “elefanti” si contrappongono ai genitori “tigre” che adottano un approccio più severo. I figli dei genitori “elefanti” si sentono protetti e supportati. I bambini riescono a trovare autonomamente le soluzioni per affrontare le sfide che si presentano ogni giorno come ad esempio: fare i compiti o superare le difficoltà con gli amici. I figli non vengono trascurati e i genitori “elefanti” vigilano per proteggere i figli da possibili pericoli.
Katie Elish, psicologa dell’Intermountain Primary Children’s Hospital di Salt Lake City intervenuta sul sito Parents nel mese di luglio, ha spiegato i vantaggi della “genitorialità elefante” e ha affermato che “l’approccio incentrato su dialogo e condivisione rafforza enormemente il legame genitore-figlio, portando i bambini a vedere nelle madri e nei padri non un tutore deputato a risolvere i loro problemi, ma un porto sicuro dove approdare per ricevere aiuto e preziosi consigli durante le difficoltà. Non solo. Un legame affettuoso durante l’infanzia promuove nei bambini soft skills quali l’empatia, la gentilezza e l’altruismo, nonché la capacità di instaurare relazioni sane in età adulta”.
Nonostante i numerosi benefici, ci sono anche dei rischi. Michelle Fanciullo, psicologa, è intervenuta anche lei su Parents e ha evidenziato che “alcuni genitori potrebbero infatti confondere la flessibilità con l’assenza di regole, con il rischio di crescere figli che non rispettano confini o autorità. I limiti invece devono sempre essere imposti, poiché i bambini necessitano di solchi sui quali impostare il loro percorso di crescita: bastano poche regole, chiare e argomentate, per far sì che i bambini imparino a distinguere i comportamenti leciti da quelli che invece devono essere evitati”. Come se non bastasse, anche “l’eccessiva protezione potrebbe sfociare in un controllo opprimente e trasformare il genitore “elefante” in genitore “elicottero”, pronto al decollo per soccorrere i figli in difficoltà”.
Il rapporto genitori-figli appare sempre più contrastante. Il ruolo dei genitori è cambiato e essere genitori oggi è davvero difficile. Il controllo e l’ iperprotezione si scontrano con due fenomeni importanti: la democratizzazione delle relazioni e la pariteticità di diritti e doveri tra genitori e figli. Si assiste alla perdita di autorevolezza genitoriale e al frequente tentativo di sostituirla con altri mezzi sbagliati. Di fatto, nostra società registra la perdita dei ruoli in numerosi ambiti istituzionali e anche il ruolo tra le mura domestiche risulta essere compromesso. Le motivazioni possono essere tante come quella di essere “amici” dei figli. Il genitore rappresenta un esempio da seguire e deve educare, trasmettere valori e differenziarsi dal gruppo dei pari. I genitori non possono essere “adultescenti”, ovvero adulti che non hanno la consapevolezza di essere cresciuti e si comportano come adolescenti.
Secondo le mie ricerche, i preadolescenti sono sempre più disorientati e più fragili ed hanno bisogno di contare sui genitori. Il classico modello tradizionale di educazione è stato superato e i giovani devono essere formati sulla base dei nuovi codici e dei nuovi linguaggi. I genitori devono essere guidati in questo compito e non possono essere lasciati da soli. Il mio impegno è sempre quello di promuovere una “Scuola per Genitori”. Un viaggio, in compagnia di esperti e di professionisti, per comprendere quali sono i bisogni e le emergenze educative.
Bisogna riscoprire anche l’importanza dell’alleanza scuola-famiglia e ridare valore al patto di corresponsabilità. A ricordarlo è stato anche Papa Francesco che ha detto: “Un’alleanza forte tra la scuola e le famiglie permette la trasmissione delle conoscenze e al tempo stesso la trasmissione dei valori umani e spirituali”. Questa unione secondo il Pontefice serve a “promuovere l’educazione integrale dell’uomo, al fine di garantire la costruzione di un mondo più umano. […] Questo darà vita ad una comunità che, con una diversità di ruoli ma una convergenza di fini, riveste le caratteristiche di una comunità più umana cementata dalla carità”. Insomma, occorre l’impegno di tutte le agenzie educative e i genitori devono trovare il giusto equilibrio nel rapporto con i loro figli. Le paure dei figli non vanno alimentate, ma fronteggiate nel modo più giusto.
Mi piace ricordare la poesia del poeta libanese Kahlil Gibran: “I vostri figli non sono i vostri figli. Sono i figli e le figlie della vita stessa. Essi non vengono da voi, ma attraverso di voi, e non vi appartengono benché viviate insieme. Potete amarli, ma non costringerli ai vostri pensieri, poiché essi hanno i loro pensieri. […] Cercherete d’imitarli, ma non potrete farli simili a voi, poiché la vita procede e non s’attarda su ieri. Voi siete gli archi da cui i figli, le vostre frecce vive,sono scoccate lontano […]”.