Qualche mese fa abbiamo parlato della brutta fine che fanno buona parte dei vestiti invenduti o usati. Dell’impatto che ha questo modo di gestire il mondo della fast fashion sull’ambiente e sulle popolazioni più povere in paesi dove esistono immense discariche lontano dagli occhi dei consumatori occidentali (e dei media).
Uno di questi paesi è il Ghana. Qui i capi di abbigliamento usati e quelli nuovi ma invenduti e invendibili (perché fuori stagione) vengono raccolti in enormi discariche a cielo aperto. Quelli ancora integri vengono rivenduti alla popolazione locale per pochi spiccioli in enormi mercati senza regole. Uno di questi è Kantamanto, ad Accra, la capitale del Ghana. Kantamanto è un immenso. Basti pensare che si estende su una superficie di oltre venti ettari. Secondo alcune fonti, ogni mese, a Kantamanto, vengono venduti oltre 25 milioni di capi d’abbigliamento usati o di scarto. Molti vengono riparati e riconvertiti. Altri venduti così come sono per pochi spiccioli.
Eppure è un posto speciale e importante per la popolazione locale. Secondo la Or Foundation oltre 30.000 persone dipendono da Kantamanto per il loro sostentamento. Tuttavia, l’impatto del mercato si estende oltre le sue immediate vicinanze, in quanto fornisce lavoro ai giovani ghanesi disoccupati e svolge un ruolo cruciale per l’industria ghanese. Ma anche (e forse di più) per le multinazionali della moda: senza centri di raccolta come questo non saprebbero cosa fare dei prodotti invenduti nelle grandi catene di distribuzione negli Stati Uniti d’America, in Europa e in altri paesi. Secondo i dati della Or Foundation solo a Kantamanto finiscono oltre quindici milioni di capi ogni settimana. Capi di vario genere ammassati alla meno peggio sui banchi o nei negozietti senza regole.
Kantamanto è il più importante centro di rivendita di abiti usati del Ghana e forse uno dei più grandi del mondo. O forse sarebbe meglio dire era: la notte tra l’1 e il 2 gennaio, si è sviluppato un incendio spaventoso che ha distrutto quasi novemila stand. I vigili del fuoco hanno dichiarato che la causa non è ancora certa. Tuttavia il Servizio Nazionale dei Vigili del Fuoco del Ghana ha parlato di “collegamenti elettrici difettosi” o di un incendio doloso.
Kesse è uno dei commercianti che da un giorno all’altro ha visto tutto quello che aveva ridotto in cenere. Come molte persone a Kantamanto, Kesse e la sua famiglia ha trascorso buona parte della propria vita in questo mercato. Racconta che all’inizio degli anni ’80, sua nonna fu tra i primi commercianti a stabilirsi al mercato di Kantamanto: “Sono nato proprio da quelle parti”, dice Kesse. “Sono qui da quando ero bambino. Dopo la scuola, ho deciso di iniziare a lavorare, quindi [per prima cosa] sono andata a lavorare con mia madre”.
Alcune aree del mercato erano in fase di ricostruzione, i vigili del fuoco hanno messo in guardia contro una ricostruzione affrettata. Ma per molti commercianti Kantamanto potrebbe non avere più un futuro: le perdite dovute all’incendio saranno difficili da recuperare. “Speriamo che entro tre mesi tutto torni alla normalità e che le persone possano venire, ma questa è la domanda principale”, ha detto Kesse. “Le persone tornare a lavorare? Come? Molta gente ha perso tutti i propri soldi”. Kesse racconta di un giovane come lui che ha perso 27.000 cedi (1.850 dollari) dopo che il suo negozio è stato raso al suolo dall’incendio: “Un 22enne ha perso questa somma di denaro. Dove troverà i soldi per riaprire la sua attività?”.
Secondo quanto riportato dal sito Vogue Business, il danno derivante della perdita di un mercato come quello di Kantamanto è incalcolabile. Daniel Mawuli Quist, direttore creativo dell’organizzazione ha detto: “È il momento che l’ecosistema della moda mondiale mostri la sua solidarietà… con un impegno tangibile”.
Per Greenpeace Africa, il prezzo pagato dal Ghana per questo modo di fare è elevatissimo. Molti dei capi sono troppo usurati per poter essere rivenduti. Spesso finiscono in discariche incontrollate dove il danno per l’ambiente è impressionante. Quelli ancora utilizzabili sono anch’essi un problema: (Greenpeace Africa). I test condotti su molti di questi indumenti rivelano che quasi il 90% è costituito da fibre sintetiche (come il poliestere). Materiali che contribuiscono alla diffusione di micro-plastiche nell’ambiente e nelle persone. “L’accumulo di rifiuti tessili sta soffocando gli habitat naturali, inquinando i fiumi e portando alla creazione di “spiagge di plastica” lungo la costa”, riporta Greenpeace Africa.
Non è la prima volta che a Kantamanto si verificano incendi devastanti: il mercato era già andato in fiamme nel 2020. Ma allora i danni non furono così devastanti: nell’incendio dei giorni scorsi sono andati distrutti i due terzi del mercato. E nessuno sa se potranno essere ricostruiti, e da chi.