
[fonte foto: greenpeace.org]
Il 79% dei campioni di acqua potabile analizzati da Greenpeace Italia conterrebbero PFAS (sostanze poli- e per-fluoroalchiliche), i cosiddetti inquinanti eterni. Tra settembre e ottobre 2024 Greenpeace Italia ha raccolto 260 campioni di acqua in 235 città italiane. Per correttezza e trasparenza i 260 campioni sono stati fatti analizzare da un laboratorio indipendente. I risultati sono (tanto per cambiare) impressionanti. Per questo, alla fine di gennaio, Greenpeace Italia ha presentato la prima mappa della contaminazione da PFAS nelle acque potabili in Italia. Nel 47% dei campioni sono state trovate tracce di PFOA (cancerogeno). Nel 40% residui di un composto a catena ultracorta noto come TFA. E nel 22% dei campioni tracce di PFOS (in 58 campioni), sostanza potenzialmente cancerogena.
Le conseguenze, secondo Greenpeace, sono preoccupanti: milioni di persone riceverebbero nelle proprie case acqua contaminata da PFAS. “Sono stati trovati in tutte le regioni e province autonome e sono almeno tre i campioni positivi per regione, fatta eccezione per la Valle d’Aosta, dove sono stati effettuati solo due prelievi, entrambi positivi” ha dichiarato in conferenza stampa Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace. “Dei 260 campioni che abbiamo analizzato, ben il 79%, praticamente 4 su 5, sono positivi alla presenza di una delle 58 molecole che abbiamo analizzato” ha detto Giuseppe Ungherese. Particolari criticità sono state riscontrate nelle regioni del Centro, del Nord Italia e in Sardegna. Nel complesso, livelli elevati di contaminazione si registrano in Lombardia (ad esempio, in quasi tutti i campioni prelevati a Milano) e in molti comuni del Piemonte (Torino, Novara, alcuni comuni dell’alessandrino, ma anche Bussoleno, in Valle di Susa), del Veneto (anche in comuni fuori dall’area rossa già nota per essere tra le più contaminate d’Europa, come Arzignano, Vicenza, Padova e Rovigo), dell’Emilia-Romagna (Ferrara, Comacchio, Reggio Emilia), della Liguria (Genova, Rapallo, Imperia), della Toscana (Arezzo, Lucca, Prato), della Sardegna (Olbia, Sassari e Cagliari) e Perugia in Umbria. Analizzando il numero di campioni contaminati rispetto al totale, le situazioni più critiche si registrano in Liguria (8 su 8), Trentino Alto Adige (4 su 4), Valle d’Aosta (2 su 2), Veneto (19 su 20), Emilia Romagna (18 su 19), Calabria (12 su 13), Piemonte (26 su 29), Sardegna (11 su 13), Marche (10 su 12) e Toscana (25 su 31). Le Regioni in cui si riscontrano meno campioni contaminati sono l’Abruzzo (3 su 8), l’unica regione con meno della metà dei campioni positivi alla presenza di PFAS, seguita da Sicilia (9 su 17) e Puglia (7 su 13).
A rendere questa situazione ancora più preoccupante il fatto che “delle migliaia di molecole che ne fanno parte solo poche sono sottoposte a divieti e restrizioni”. Ad esempio, PFOS e PFOA sono “banditi a livello globale nell’ambito della Convenzione di Stoccolma”. Ma anche il TFA, il PFAS più diffuso al mondo, potrebbe essere nocivo per la salute. Eppure, secondo Greenpeace Italia, nel nostro paese finora “non esistono dati pubblici, se non rare eccezioni”. L’associazione ambientalista ha parlato di “ritardo del governo italiano sulla sua regolamentazione”. In attesa che nel 2026, entri in vigore anche in Italia la direttiva europea 2020/2184 (che prevede un limite di 500 nanogrammi per litro per il parametro ‘PFAS totali’ e 100 nanogrammi per litro per il parametro ‘Somma di PFAS’) molti paesi europei (Danimarca, Paesi Bassi, Germania, Spagna, Svezia e la regione belga delle Fiandre) hanno già adottato limiti più bassi. In Italia, invece, dove il valore dei PFAS totali sarà calcolato partendo dalla somma di 24 molecole (meno della metà di quelle analizzate da Greenpeace Italia) si registra un pericoloso ritardo normativo. Per non parlare del fatto che anche l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e l’Agenzia europea per l’ambiente hanno dichiarato che le soglie limite che verranno introdotte nel 2026 potrebbero essere inadeguate a proteggere la salute umana. Ma non basta. Secondo Greenpeace Italia il pericolo non riguarda solo l’acqua “pubblica”. Tracce di sostanze pericolose sarebbero state trovate ovunque. “Di recente ne è stata accertata la presenza in dieci marchi di acqua minerale e di sorgente venduti in Europa”.
E pensare che c’è ancora chi si sorprende per l’aumento della diffusione di alcune malattie.