Il 26 giugno 1945, a San Francisco, 50 paesi membri delle Nazioni Unite firmarono la Carta delle Nazioni Unite, il documento che (nonostante i diversi emendamenti successivi) rimane ancora oggi la base degli interventi delle Nazioni Unite in tutto il pianeta.
Oggi sono 193 i paesi membri (più due osservatori, Autorità nazionale palestinese e Stato del Vaticano). E molti dei problemi che affliggono i paesi che fanno parte delle NU restano ancora da risolvere: discriminazione, cambiamenti climatici, povertà, disuguaglianze, fame e guerre non sono mai stati debellati in modo definitivo. Anzi, in alcuni casi la situazione è peggiorata. Tre quarti di secolo non sono bastati a “sviluppare relazioni amichevoli tra le nazioni basate sul rispetto del principio della parità di diritti e dell’autodeterminazione dei popoli e adottare altre misure appropriate per rafforzare la pace universale” (art. 1 comma 1 dello Statuto).
Ad ammetterlo è stato il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, che ha iniziato il proprio discorso all’Assemblea Generale delle NU dicendo “Noi esistiamo per servire le genti – e lavoriamo come una sola cosa per il bene di tutti”.
Problemi “interni”: la suddivisione dei poteri all’interno delle NU, basata sugli equilibri di 75 anni fa, appare obsoleta (si pensi al Consiglio di sicurezza, il cui organo esecutivo conta 5 membri permanenti, i Paesi di Dumbarton Oaks più la Francia, che sono gli unici ad avere potere di veto: uno strumento che spesso impedisce la realizzazione di programmi basati su ideologie o interessi differenti. O ai limiti dell’Assemblea Generale, il grande consesso, dove ogni voto vale uno, ma le cui risoluzioni non sono vincolanti e non hanno valore di legge – esemplare a tal proposito le decisioni in merito alla messa al bando delle armi nucleari).
Molti anche i problemi esterni (come le pressioni per gli incarichi conferiti a paesi in cui erano palesi le violazioni dei diritti umani o, ultimo ma non ultimo, il dibattito – ancora in corso – sulle scelte suggerite dall’OMS proprio in occasione della pandemia in atto). E le polemiche per le migliaia di casi di violenze o addirittura casi di pedofilia di cui sarebbero stati responsabili membri delle missioni delle NU.
In questo scenario complesso e per certi aspetti anacronistico, il compito di cui si fa carico Segretario Generale è difficile. Specie in un momento difficile come quello della pandemia di corona virus in atto, che, come ha detto Guterres, “ha toccato tutti, ovunque – proprio il tipo di sfida globale per cui sono state fondate le Nazioni Unite”. Eppure è stata proprio la pandemia a mostrare i limiti dell’Organizzazione mondiale della sanità (e quindi, indirettamente, delle NU).
Oggi ad essere in gioco è la credibilità stessa delle Nazioni Unite, il loro ruolo nello scenario internazionale. Un ruolo importante ma che molti stanno cercando in ogni modo di sminuire o di destabilizzare (si pensi agli attacchi di Trump o alle accuse lanciate all’OMS).
Dopo 75 anni, le Nazioni Unite si trovano a dover fronteggiare il proliferare di forme di populismo, di unilateralismo e bilateralismo. Estremismi che, mai come nell’ultimo periodo si sono trasformate in una sfrenata voglia di combattere e “fare la guerra”, non per un principio o per una religione (ammesso che questi siano mai stati i reali motivi per cui sono state combattute le guerre in passato) e nemmeno perché ci si vuole appropriare delle risorse di un paese o di un territorio (per farlo i paesi dominanti conoscono metodi più efficaci – si pensi a quanto sta avvenendo in Africa). Semplicemente perché ci si è resi conto che “fare la guerra” è un affare multimiliardario. L’unico ente a cercare di fermare queste guerre è l’ONU. Ma non senza difficoltà. Il ruolo di peacekeeper non è considerato tale da molti paesi: “Non abbiamo visto un Consiglio di sicurezza aiutarci nell’adottare azioni decise per una tregua in quelle nazioni travagliate, a negoziati e quindi a una pace”, ha dichiarato Guterres. Eppure, proprio in questi casi le NU dovrebbero poter svolgere un ruolo rilevante essendo una “piattaforma dove tutti possono incontrarsi”.
Problemi geopolitici che si aggiungono ad “altre fragilità fondamentali che sono cresciute: la crisi climatica, il degrado ambientale, gli attacchi informatici, la proliferazione nucleare, un respingimento dei diritti umani e il rischio di un’altra pandemia”, ha detto Guterres. Per questo, “dobbiamo ricostruire al meglio società ed economie più sostenibili ed inclusive” ha detto il Segretario Generale delle Nazioni Unite.
A 75 anni dalla firma dello Statuto, vengono messi in discussione concetti come “pace” e “sicurezza internazionale”. É necessario adottare misure collettive efficaci per la prevenzione e la rimozione delle minacce alla pace, nonché per la repressione di atti di aggressione o altre violazioni della pace e per realizzare con mezzi pacifici e in conformità con i principi di giustizia e di diritto internazionale, adeguamento o risoluzione di controversie o situazioni internazionali che potrebbero portare a una violazione della pace, ha detto Guterres con un chiaro riferimento allo Statuto che definisce le Nazioni Unite “un centro per armonizzare le azioni delle nazioni nel raggiungimento di questi fini comuni”.
Un traguardo che mai come oggi appare quasi impossibile da raggiungere in molti settori.