Chantal Pistelli McClelland è una modella che non ha niente da invidiare ad altre modelle come quelle che si vedono sulle riviste di moda o in televisione: ha charme, espressività e carisma. Ma non basta pratica diversi sport e tutti ad alti livelli, a livello olimpico. Anzi, forse sarebbe meglio dire a livello para-olimpico: da quando è nata, Chantal è affetta da una aplasia al piede destro. Un “problema” che molti considererebbero un handicap ma che lei definisce una “meravigliosa unicità”.
Le sue parole fanno riflettere: da bambina, come racconta lei stessa, guardava sua sorella con curiosità chiedendosi chi delle due fosse quella strana. Poi iniziano gli anni della scuola e, come per molti bambini nelle sue condizioni, Chantal inizia a rendersi conto di essere diversa. Anzi, piano piano si accorge che a farla sentire diversa sono gli altri i suoi compagni di scuola, quelli che a volte non parlano ma le fanno capire che è diversa dal modo in cui la guardano. Come per molti bambini è in questo momento che inizia il suo calvario.
Un cammino reso difficile non dalla sua disabilità ma dal fatto di sentirsi guardata e giudicata per la sua condizione fisica e non per il suo essere persona. “A scuola era un incubo e fuori, ad esempio al mare, le persone, bambini e adulti, si chiamavano per sbirciare e commentare ad alta voce i pensieri più assurdi accompagnati da sguardi misti tra commiserazione e disgusto”. Poi, finiti gli studi, qualcosa cambia. Dopo un periodo di isolamento “rinchiusa in casa, nella mia stanza”, capisce che deve fare qualcosa: compra un biglietto per Parigi e parte da sola. Quando torna, iniziare la sua nuova vita: ad aiutarla, all’inizio, sono una psicologa, una psichiatra e una dietista. Piano piano anche grazie all’aiuto di una cagnolina, ritrova il gusto di uscire di casa, di stare in mezzo alla gente.
Ma il vero cambiamento è dentro di lei: nel momento in cui si rende conto che non c’è niente di strano nella sua gamba e che la protesi che porta è parte di lei, anzi diventa un qualcosa di più. Nella vita, nello sport e sul lavoro. Chiede ad un amico artista, Francesco Spanò, di decorare le sue protesi con disegni originali: improvvisamente le sue protesi non sono più solo lo strumento indispensabile per camminare ma un abbellimento (se mai ce ne fosse bisogno) come possono essere una collana o un bracciale. Per le sfilate realizza una protesi con il piede inclinato di dieci centimetri rivestita di foglie d’oro; un’altra, per tutti i giorni, sulla quale è raffigurato un lupo; un’altra, quella sportiva, ha dei disegni a tema marino.
Sì perché Chantal non è solo una modella: ma anche una sportiva. E ai massimi livelli: pratica lo snowboard e il surf. E ad altissimi livelli.
Ma non basta: come altre persone che, come lei, hanno sofferto durante la gioventù a causa di un problema fisico, cerca di essere utile ai ragazzi disabili: ha creato un’associazione, Unique APS che aiuta le persone a non lasciarsi ostacolare da una caratteristica fisica. “Abbiamo scelto di avvalerci di veicoli di comunicazione quali le arti visive, cioè l’arte in ogni sua forma: teatro, radio, musica, performance, scrittura, pittura, arte digitale, esposizioni, mostre, laboratori e molto altro, per dar libero sfogo alla creatività.
L’arte contribuisce a osservare le cose da varie prospettive e punti di vista e noi crediamo fermamente che questo possa aiutare a far aprire le menti e a vedere ciò che prima sembrava “diverso”, una meravigliosa unicità per il modo di essere nella sua interezza. Vogliamo inoltre abbattere le etichette e gli stereotipi presenti in molti ambiti, questi portano la persona a non sentirsi adeguata perché non corrisponde a dei canoni estetici creati a tavolino”.
É questo il punto che dovrebbe far riflettere: molto spesso quando si parla di “disabili” o di persone con “disabilità”. Invece che di “handicap” si dovrebbe parlare di “unicità”, di “singolarità”, di essere diversi, unici gli uni dagli altri. E per questo insostituibili.
A costruire barriere non sono i capi di stato e nemmeno gli handicap fisici (quelli che dopo aver visto cosa fa Chantal sembrano quasi inesistenti – pur non essendolo in molti altri casi). Le vere barriere sono quelle sociali, umane, psicologiche. Quelle create dalle persone a noi più vicine. Il parente, il compagno di scuola, il vicino di casa, la persona che si incontra ogni giorno sulla strada per la scuola o per il lavoro. Abbattere queste barriere non è difficile: basta volerlo. Per questo è importantissimo l’esempio di persone speciali come Chantal. Persone diverse, ma uguali. Anzi forse migliori.