Il 16 novembre di dieci anni fa a Nairobi, in Kenya, la Dieta Mediterranea veniva proclamata patrimonio culturale immateriale dell’umanità Unesco.
L’Unesco riconosceva, in questo modo, il valore di pratiche stratificate nel tempo, trasmesse di generazione in generazione in molti dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo, sottolineando come la Dieta Mediterranea fosse “molto più che un semplice elenco di alimenti. La Dieta Mediterranea promuove l’interazione sociale, poiché il pasto in comune è alla base dei costumi sociali e delle festività condivise da una data comunità, e ha dato luogo a un notevole corpus di conoscenze, canzoni, massime, racconti e leggende. Si fonda nel rispetto per il territorio e la biodiversità, e garantisce la conservazione e lo sviluppo delle attività tradizionali e dei mestieri collegati alla pesca e all’agricoltura nelle comunità del Mediterraneo”.
Secondo quanto allora riportato nella decisione del Comitato di valutazione Unesco, la Dieta Mediterranea è, infatti, molto di più che solo cibo, ma un insieme di competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni che vanno dal paesaggio alla tavola che promuove l’interazione sociale, che è profondamente cambiata durante l’emergere della pandemia sanitaria.
Un insieme di culture e tradizioni che trova riscontro anche nelle parole e nelle nuove idee lanciate da Teresa Bellanova, ministro dell’Agricoltura che, in occasione dell’anniversario della Dieta Mediterranea, ha dichiarato: “Siamo impegnati a creare l’Ufficio per la Dieta mediterranea presso il nostro Ministero; promuovere e diffondere i principi e le ragioni della Dieta Mediterranea attraverso uno specifico portale web; realizzare nel 2021 un programma di comunicazione istituzionale sulle tematiche della Dieta mediterranea anche in vista di Expo Dubai; sviluppare iniziative sulla dieta mediterranea e sulla educazione alimentare nelle scuole e nelle Università anche con il supporto del CREA/Alimentazione”. In sostanza, la Dieta Mediterranea diviene un incubatore di idee, proposte e nuovi progetti di sviluppo economico.
Un posto privilegiato nella Dieta Mediterranea è occupato dai cereali, che insieme alla verdura e alla frutta occupano la base della piramide alimentare. Al gruppo dei cereali appartengono riso, mais, orzo, farro e grano. Quest’ultimo, in particolare, è comune a tutte le popolazioni del Mediterraneo, poiché costituisce la materia prima di alimenti come pasta, pane, couscous e burghul. I cereali sono per lo più fonte di carboidrati complessi e l’ideale sarebbe consumare quelli integrali, in quanto il processo di raffinazione li impoverisce notevolmente di vitamine, sali minerali e fibre. Contengono una buona quantità di fibra, uno dei composti bioattivi più importanti per la nostra salute, che migliora la salute intestinale e riduce il rischio di tumori del tratto intestinale. Inoltre, per il loro alto contenuto in fibra, i cereali, soprattutto quelli integrali, sono meno calorici e per la loro ricchezza di nutrienti sono un ottimo alimento nelle diete dimagranti, che spesso impoveriscono il nostro organismo di vitamine e sali minerali.
L’insieme di competenze, storie, tradizioni, visioni e culture che appartengono al bagaglio multidisciplinare che accompagna l’idea stessa della Dieta Mediterranea è possibile visionarla nei progetti legati al mondo dei cereali presenti nel Mediterraneo. A tal riguardo, pensando al mondo dei cereali autoctoni, idea interessante è quella che si sta sviluppando tra Italia e Tunisia.
L’obiettivo cardine del progetto, intitolato “Le strade dei grani autoctoni del Mediterraneo – InGraMed”, sul quale stanno lavorando Rotary e Gi.&Me Association, presieduta dall’ingegnere Franz Martinelli, assieme ad autorevoli partners, è quello di promuovere i cereali autoctoni delle sponde Nord e Sud del Mediterraneo, implementando soluzioni innovative e strumenti tecnologici per ottenere la tracciabilità totale del prodotto in diverse aree geografiche e in diversi contesti socioeconomici del Mediterraneo. Contemporaneamente è importante garantire la qualità del prodotto attraverso l’innovazione, confermando l’autenticità dei prodotti, prevenendo le frodi agroalimentari, innescando nuova fiducia nei confronti dei consumatori, invitando ad un’alimentazione sana, protetta e sicura, con prodotti derivanti da un circuito economico di vicinato controllato, che tra l’altro, potrà favorire sensibilmente l’occupazione giovanile nei territori di appartenenza.
L’intento del progetto è anche quello di sviluppare competenze tecnologiche e di networking tra i vari protagonisti delle sponde del Mediterraneo, impiegando metodi analitici di monitoraggio delle qualità e piattaforme di protezione, di tracciabilità, che si avvalgono della tecnologia blockchain. Il progetto si propone di contribuire alla creazione di un sistema mediterraneo di autenticità e tracciabilità attraverso una visione comune dei dati riguardanti le qualità tecnologiche e nutrizionali dei grani autoctoni del nostro comune bacino geografico. A dieci anni dal riconoscimento universale, come patrimonio comune, della Dieta Mediterranea, la conoscenza e la condivisione comune delle esperienze e delle tradizioni legate al mondo del food e della cerealicultura, grazie anche all’emergere dell’innovazione e della tecnologia, può generare nuove e importanti prospettive per l’occupazione giovanile e specializzata delle nuove generazioni del Mediterraneo. Aspetti sociali ed economici che aiutano a comprendere, ancor più, l’importanza dei valori comuni che sono alla base dell’idea stessa di Dieta Mediterranea.